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Visualizzazione dei post da marzo, 2010

GAZA: IL NUOVO MECCANISMO DELL’ASSEDIO

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La ricostruzione di Gaza è divenuta l’ultima arma dell’assedio. L’occupazione israeliana, gli Stati Uniti che ne hanno appoggiato l’offensiva, e l’Unione Europea che non ha fatto nulla per fermarla, stanno facendo in modo di trasformare il processo di ricostruzione in un mezzo per produrre un “partner di pace” adeguato, mentre il vertice arabo, riunitosi in Kuwait, spera di usare la ricostruzione per determinare la “riconciliazione” palestinese. Nel frattempo, il governo dell’Autorità Palestinese sta esortando tutte le parti in causa a guardare ad esso come all’unico canale per amministrare il processo di ricostruzione, sulla base del fatto che esso è il governo formato dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, che è riconosciuta come l’unico rappresentante legittimo del popolo palestinese. Presto vedremo che congelare la ricostruzione diventerà il mezzo di tutti questi protagonisti per strappare alla resistenza quello che essi non sono stati in grado di ottenere dalle

DUBBI SULLE PROMESSE “RECORD” FATTE DAI DONATORI AI PALESTINESI

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I paesi ricchi e gli investitori hanno annunciato una cifra record di 14 miliardi di dollari per aiutare i palestinesi e la loro economia in una serie di incontri appoggiati dall’Occidente, che avevano l’obiettivo di favorire il presidente Mahmoud Abbas nella sua lotta di potere con Hamas.Ma alcuni diplomatici hanno dichiarato che molte delle cifre promesse in occasione di cinque conferenze di donatori e investitori tenutesi a partire dal dicembre 2007, inclusa quella in Egitto di lunedì 2 marzo, sono state contate più di una volta ed allo stesso tempo devono ancora tradursi in realtà, o in altri casi le promesse erano troppo vaghe per potervi fare affidamento.Gran parte delle promesse in denaro dipendono dall’eventualità che Israele apra i valichi di confine con la Striscia di Gaza governata da Hamas, e sospenda le restrizioni nella Cisgiordania occupata, dove ancora tiene duro l’Autorità Palestinese (ANP) di Mahmoud Abbas; in altri casi le promesse sono state legate ai progressi nei

Gerusalemme Est fra pace e guerra

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Le tensioni fra gli Stati Uniti e Israele a seguito della decisione del ministro dell’interno israeliano Eli Yishai di costruire 1.600 nuove unità abitative a Ramat Shlomo confermano ancora una volta l’importanza di Gerusalemme Est come chiave dei rapporti fra Israele e la comunità internazionale – ed in particolare il mondo arabo-islamico. Vale la pena ricordare che la maggior parte degli stati del mondo, compresi gli Stati Uniti, non hanno riconosciuto l’annessione di Gerusalemme Est a Israele nel 1967, né la proclamazione di Gerusalemme unificata ‘capitale di Israele’ nel 1980. In risposta a questa proclamazione, molti paesi si sono astenuti dal riconoscere Gerusalemme Ovest come capitale di Israele, e da anni gli Stati Uniti rimandano il trasferimento della loro ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. L’Olanda e una dozzina di paesi amici hanno spostato nel 1980 la loro ambasciata da Gerusalemme a Tel Aviv. La Turchia ha abbassato il livello della sua rappresentanza diplomatica in

Michael Young :Israele sta perdendo la battaglia delle interpretazioni

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Alcuni affermeranno che l’espulsione di un diplomatico israeliano (a quanto si dice un agente del Mossad) dal Regno Unito, questa settimana, è un battibecco transitorio tra alleati, a seguito dell’uso di falsi passaporti britannici da parte di Israele nel recente assassinio di un dirigente di Hamas a Dubai. Dopotutto, si potrebbe aggiungere, il primo ministro Margaret Thatcher fece qualcosa di simile nel 1988, senza conseguenze durature. Eppure le cose sembrano piuttosto diverse, questa volta.I funzionari israeliani devono prendere atto che l’interpretazione del loro conflitto con i palestinesi sta cambiando radicalmente al di fuori di Israele. A parte i dettagli, nel panorama complessivo un numero sempre maggiore di paesi vede Israele come ‘il problema’ – e non stiamo parlando qui dell’antipatia popolare che Israele sembra spesso provocare in Asia e in America Latina. Anche in regioni più amichevoli, come negli Stati Uniti e in Europa, la percezione che si sta consolidando è che l’ir

Israele, il “migliore amico” americano, e i territori occupati

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L’America non ha “un migliore amico” d’Israele, ha recentemente dichiarato il vicepresidente Joe Biden, nonostante il duro colpo rappresentato dall’annuncio israeliano della costruzione di 1.600 nuove unità abitative a Gerusalemme Est. L’ambasciatore israeliano negli USA aveva definito la disputa come “una crisi di proporzioni storiche…la peggiore crisi dopo il 1975”, quando il presidente Ford aveva cercato di “riconsiderare” le relazioni tra i due paesi a causa del tentennamento di Israele sulle stesse questioni di oggi: i confini, la sovranità e i rifugiati. La successiva dichiarazione dell’ambasciatore israeliano di non aver usato la parola “crisi” manca, a dir poco, di credibilitàAvere a che fare con il governo Netanyahu, ha ricordato l’ex segretario di stato Madeline Albright, “è come negoziare all’inferno”. È ora il turno di Obama di navigare in questo inferno. La questione in ballo è insieme “nuova e vecchia”: la novità riguarda le nuove costruzioni in terra araba; quella vecchi

Avraham Burg : la Nuova Pesach e la nuova redenzione

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Sintesi personale (solo elementi essenziali) Passover is our original Independence Day - Haaretz - Israel News L'avvento della pace potrebbe inaugurare il nostro entrare nel mondo come soggetto attivo , proprio come voleva il sionismo. Abbiamo gli strumenti per continuare la nostra esistenza come nazione dotata  di piena sovranità, benedetta  dalla pace e accettata a livello mondiale ? Possiamo continuare ad esistere senza un avversario perenne, senza essere vittime di persecuzioni e pogrom, senza un faraone? Una possibile risposta è no . In tal caso, il popolo ebraico non continuerà ad esistere. Sarà assimilato alle altre nazioni come si addice alla realtà multiculturale del nostro tempo .L'altra opzione è isolamento e la costruzione di mura più alte per separare il popolo ebraico dal resto del mondo, creare conflitti pepetui e dimostrare che "il mondo intero è contro di noi". In tal caso, il giorno della Pasqua ebraica moderna si avvicinano a quell

Giorgio Gomel : il pluralismo ebraico

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Nell’organizzare come Gruppo Martin Buber-Ebrei per la pace e Pitigliani la giornata di studi su Pluralismo nella società e pluralità nell’ebraismo abbiamo voluto affrontare un tema controverso, complesso, ma molto rilevante per l’ebraismo in Italia, in Europa, nel mondo. Motivi ispiratori e argomenti principali di discussione si ritrovano in un documento di base, pubblicato anche da Ha Keillah sul numero di febbraio 2010 e reperibile sul sito www.martinbubergroup.org . Due brevi premesse. L’ebraismo è per sua natura plurale, ma in quello italiano si manifesta un vistoso deficit di pluralismo. Il nucleo ebraico in Italia è forse troppo piccolo e fragile per imitare modelli come quello americano, ma potrebbe comunque beneficiare di un maggiore pluralismo. La struttura unitaria, centralistica, fissata dallo Statuto dell’UCEI e dalle Intese con lo Stato del 1987, è ormai anacronistica.Secondo, oggi in Italia la pluralità esiste. Vi sono vitali forme di aggregazione ebraica non uffi

Nehemia Shtrasler :Il successo economico di Israele non può vincere lo sconforto politico

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L a Pasqua ebraica non è una festività che ci obbliga a farci un esame di coscienza. Non è lo Yom Kippur. Ma rappresenta l’Esodo dall’Egitto: un passaggio dalla schiavitù alla libertà. Celebra l’unificazione del popolo ebraico. E così, alla vigilia della festività, dobbiamo riflettere sul perché “questa notte è diversa da tutte le altre”. Abbiamo davvero fatto progressi verso la libertà negli ultimi 62 anni? Esaminiamo questo interrogativo guardando ai due aspetti principali delle nostre vite: quello politico e quello socioeconomico. Quando si tratta di politica, sembrerebbe che l’approccio della sinistra abbia vinto. La destra ha accettato il vecchio concetto della sinistra dei “due stati per due popoli”. È un fatto che anche il primo ministro Benjamin Netanyahu stia ripetendo lo stesso ritornello che una volta era proposto solo dallo scrittore pacifista Uri Avnery. Ma questa è astuzia in pieno stile Netanyahu. Egli ha rubato lo slogan della sinistra per scopi propagandistici,

In Memoria di Abir Aramin (morta il 18/01/07) e di Ahmed Musa

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   9 Febbraio 2007 In Memoria di Abir Aramin (morta il 18/01/07) di Bassam Aramin Ho avuto una discussione con mia figlia il giorno che è stata colpita da uno sparo. Uscendo dalla porta di casa per andare a scuola Abir aveva annunciato, nel modo in cui fanno i bambini , che nel pomeriggio, invece di tornare a casa per preparare l' esame fissato per il giorno dopo, prima sarebbe andata a giocare con una amica . Aveva 10 anni, intelligente, studiosa e impegnata a scuola, eppure una piccola bambina. Voleva giocare. Io le ho risposto che non doveva neanche pensarci. Se le potessi dire qualcosa ora, le direi: Vai. Fai quello che vuoi. Gioca. Perché ora lei non potrà mai più. Non riderà mai più, non sentirà più le sue amiche chiamare il suo nome, non sentirà l’amore della sua famiglia che la avvolge di notte come una calda coperta. Abir, la terza dei miei sei figli, è stata ferita in testa da uno sparo mentre usciva da scuola il 16 Gennaio, colta nel mezzo tra le truppe