Archeologia palestinese
PALESTINA. Le antiche vestigia di Gerico in rovina.
«L’aspro conflitto che coinvolge da decenni i territori palestinesi – scrivono – ha avuto e continua ad avere effetti devastanti sul patrimonio culturale. Com’è noto, si tratta di un Paese in via di definizione e diviso in due (Cisgiordania e Striscia di Gaza), in parte ancora soggetto a occupazione militare e poco attrezzato per gestire le vaste risorse storiche e artistiche».Il numero dei siti e del patrimonio culturale a rischio è impressionante, a detta di un rapporto della Banca Mondiale, che in un progetto di catalogazione ha elencato 2.742 siti archeologici e oltre 50 mila strutture monumentali, oltre la metà delle quali in stato di grave abbandono.Serve ricordare il nome di qualche località, per cogliere meglio il valore storico e religioso dei luoghi di cui si sta parlando: Gerico, con il tell e la città erodiana; Betlemme, con le vestigia cristiane, le piscine di Salomone, il palazzo dell’Herodion e i monasteri del deserto di Giuda. Per non parlare di Hebron, con le tombe dei patriarchi, e Sebastia e Nablus, le città dei samaritani.Nel contesto degli accordi israelo-palestinesi di Taba (1995) si era stabilito che Israele avrebbe trasferito (insieme al controllo del territorio), anche «la protezione e preservazione dei siti archeologici, la gestione, supervisione, concessione di licenze e tutte le altre attività archeologiche » all’amministrazione civile palestineseMa l’accordo definitivo è sospeso, il che significa che Israele controlla ancora il 70 per cento della Cisgiordania, oltre a Gerusalemme Est.Il risultato è che da una parte i palestinesi non hanno risorse ma soprattutto professionalità per tutelare il territorio e i beni culturali che vi sorgono (uno dei casi eclatanti è il palazzo moderno del Peace Center di Betlemme, sulla Piazza della Mangiatoria, un pugno nell’occhio a pochi passi dall’antica basilica della Natività); dall’altra Israele non interviene a tutelare il patrimonio archeologico se non solo quando questo ha una relazione diretta con il giudaismo.«A parte il controllo israeliano su gran parte della Cisgiordania, decine di siti storici e archeologici – scrivono gli studiosi – sono inclusi nelle aree gestite dalle colonie ebraiche. In tre casi limite, che sono Sebastia (l’antica Samaria), l’Herodion (a sud di Betlemme con il palazzo fortezza di Erode il Grande) e Qumran (con le grotte in cui sono stati rinvenuti i rotoli del Mar Morto), i siti, pur trovandosi in piena Cisgiordania, sono gestiti direttamente dall’Agenzia israeliana per la protezione della natura e dei parchi nazionali». Continua qui
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