Archeologia a Gerusalemme: da strumento di rivendicazioni nazionalistiche a strumento di pace


1 Oggi in Israele sono in molti purtroppo a considerare l’archeologia come uno strumento per consolidare il legame tra il popolo ebreo e il passato della terra di Israele. A costoro interessano solo quei resti e quelle testimonianze che servono a questo scopo. Tale tendenza si acuisce quando affiorano difficoltà circa il futuro di Gerusalemme. La divulgazione delle recenti scoperte archeologiche avvenute nell’area orientale della città – soprattutto nella città vecchia e nella città di Davide, che si trovano proprio a sud del Monte del Tempio – ha creato la falsa impressione che gli scavi abbiano portato alla luce solo resti legati alla storia del popolo ebreo.Si possono menzionare le notizie riguardanti la scoperta degli ipotetici resti del palazzo del re Davide nel sito della città di Davide, i resti che si pensa appartengano al palazzo della regina Elena nel villaggio palestinese di Silwan proprio a sud del Monte del Tempio, e i contratti coniugali ebraici ritrovati negli scavi nella città vecchia, a Silwan, e altrove. La pubblicità sottolinea di continuo il significato dei ritrovamenti archeologici, ma senza descriverli nel contesto in cui si trovano, venendo meno al suo compito. Non è un caso che, fino ad oggi, nessuno può ancora dire con certezza dove siano i palazzi del re Davide e della regina Elena. Gli scavi archeologici in questi siti hanno rivelato affascinanti scoperte risalenti al tempo delle origini cananee di Gerusalemme e diversi strati precedenti e successivi a quelli considerati dei ‘periodi ebraici’. Scoperte d’epoca cananea, romana, bizantina e musulmana possono offrire informazioni sulle ragioni per cui le omonime popolazioni scelsero di stabilirsi a Gerusalemme, e su come la città si è sviluppata ed è cambiata nel tempo. Queste scoperte e i dati storici attinenti sono tenuti segreti.La disputa per Silwan è solo una manifestazione della crescente determinazione di Israele di dichiarare e affermare che la città vecchia e i villaggi circostanti (l’area conosciuta come “il bacino sacro”) appartengono al popolo ebreo. La ricerca archeologica è diventata indiscutibilmente una parte della lotta politica su Gerusalemme. Le rivendicazioni archeologiche sono usate per affermare i diritti degli israeliani ad amministrare e controllare la parte est di Gerusalemme, dove vivono centinaia di migliaia di palestinesi.Gli importanti ritrovamenti archeologici che testimoniano la profonda ricchezza culturale e la diversità che caratterizza la storia della città santa sono raramente messi in evidenza, mentre si concentrano tutti gli sforzi per porre in relazione le scoperte con il popolo ebreo. Con questa politica dell’informazione un visitatore della città di Davide verrà a conoscenza quasi esclusivamente di notizie della storia del re Davide e del regno di Giudea e udrà poco degli strati del sito risalenti a periodi precedenti agli albori di Gerusalemme e di quelli successivi all’epoca ebraica. Il visitatore non si accorgerà del reale valore culturale e storico di uno dei siti più ricchi e importanti della regione.Da questa prospettiva – in cui l’archeologia in Israele, o almeno in alcuni ambienti, è considerata una prerogativa esclusiva del popolo ebreo – sembra che i sostenitori di questa politica stiano agendo in maniera errata. L’archeologia è per loro come una risorsa per confermare e imporre le proprie idee e che gli permette di controllare le altre popolazioni che vivono sulla stessa striscia di terra. Si ignora il fatto che le testimonianze archeologiche di una società che visse a Gerusalemme 2000 anni fa non possono avere la precedenza su tutti i periodi successivi, e certamente non sulla cultura locale della Gerusalemme est di oggi, dove risiedono centinaia di migliaia di musulmani palestinesi, alcuni dei quali sono in ansia per gli scavi archeologici condotti nella città di Davide e per i futuri progetti che la riguardano.I ritrovamenti archeologici diventano uno strumento politico, uno strumento da usare contro gli altri e non uno strumento per conoscere la cultura degli altri. In questo momento, siccome la disputa per Gerusalemme è una lotta che va al di là di simboli e identità, è doveroso non coinvolgere la ricerca archeologica nel conflitto politico e rispettare la storia di resti che appartengono a tutti gli abitanti della città e ai suoi visitatori. In questo modo l’archeologia potrà contribuire a promuovere comprensione, tolleranza e pace nella città.
2 La ricerca archeologica influenzata dal nazionalismo
EL-Haj sostiene che gli archeologi israeliani si trasformano in robot nazionalisti per generare la prova di una presenza ebraica storica nella terra dell'Israele, In tal senso considera come forma di resistenza legittima la distruzione di manufatti antichi da parte dei palestinesi . L'interesse di trovar prove dell'antico regno di Israele non presuppone una ricerca professionale influenzata dal gruppo etnico di appartenenza

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