Yuval Abraham Ci prendono di mira per una ragione: siamo riusciti a cambiare il paradigma


Israele approva 1.300 nuove unità abitative


Yuval Abraham

25 ottobre 2021 – +972 magazine

Dopo essere state messe all’improvviso fuorilegge in quanto “organizzazioni terroristiche”, le associazioni palestinesi per i diritti umani parlano a +972 del perché le accuse israeliane non solo sono infondate, ma rappresentano un atto di persecuzione politica.

La scorsa settimana, quando il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha firmato un ordine esecutivo che dichiara “organizzazioni terroristiche” sei associazioni palestinesi per i diritti umani, il governo non si è nemmeno preoccupato di fingere che si trattasse di un procedimento corretto. Con un rapido colpo di penna le ong – Al-Haq, Addameer, Bisan Center, Defense for Children International-Palestine, the Union for Agricultural Work Committees e the Union of Palestinian Women’s Committees – sono state istantaneamente messe fuori legge senza neppure un processo né la possibilità di rispondere alle accuse contro di loro.

Eppure la grande maggioranza dei mezzi di informazione israeliani, invece di mettere in discussione la dubbia natura di questa iniziativa, ha semplicemente copiato la dichiarazione ufficiale del ministero della Difesa sull’argomento, che accusa le sei organizzazioni di essere legate al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), un partito e un movimento laico e marxista-leninista definito un gruppo terroristico da Israele.

Il governo sostiene che le ong hanno riciclato fondi destinati a interventi umanitari e li hanno trasferiti invece a scopi militari, accusando inoltre i funzionari delle organizzazioni di essere, o essere stati, dell’ FPLP. Per anni anche associazioni israeliane di destra, nel tentativo di troncare i finanziamenti dall’estero, hanno cercato di mettere in rapporto queste organizzazioni con il FPLP.

La decisione del ministero della Difesa è basata su informazioni raccolte dallo Shin Bet [servizio di intelligence interna, ndtr.], che non le ha rese pubbliche. Ma, secondo fonti a conoscenza del caso giudiziario, le prove del servizio segreto sarebbero basate sulla testimonianza di un unico impiegato licenziato per corruzione da una delle associazioni.

Tuttavia esistono parecchie prove che contraddicono la versione dello Shin Bet. Negli ultimi 5 anni, su pressione del governo israeliano e di ong filo-israeliane, vari governi europei e fondazioni private che finanziano la società civile palestinese hanno condotto approfonditi controlli su ognuna delle sei organizzazioni. Nessuno ha trovato prove di uso scorretto dei fondi.

Oltretutto le stesse organizzazioni prese di mira descrivono un quadro totalmente diverso dalle accuse sollevate dallo Shin Bet, con molte prove a loro sostengo.

Ho parlato con presidenti o importanti membri di cinque ong, tutti noti attivisti, avvocati e intellettuali che criticano duramente sia il regime israeliano che l’Autorità Nazionale Palestinese (l’ Union of Palestinian Women’s Committees [Unione dei Comitati delle Donne Palestinesi] ha rifiutato di parlare con Local Call, il sito in ebraico di +972, in cui è stato originariamente pubblicato questo articolo). Rigettando totalmente le accuse israeliane, essi descrivono questi ultimi attacchi come parte della pluriennale persecuzione politica della società civile palestinese da parte di Israele per zittire il loro lavoro.

“Non abbiamo niente da nascondere”

“Siamo l’unica organizzazione per i diritti umani che si concentra sui minori in Palestina,” dice Ayed Abu Eqtaish, direttore del programma per la trasparenza di Defense for Children International-Palestine, fondata nel 1991.

“Il nostro lavoro è duplice,” spiega. “Il primo è giuridico: rappresentiamo circa 200 minori all’anno nei tribunali israeliani e palestinesi. Il secondo è politico: dal 2000 abbiamo documentato l’uccisione di oltre 2.200 minorenni palestinesi per mano delle forze militari israeliane, in particolare a Gaza.”

Il comunicato del ministero della Difesa distribuito ai giornalisti in seguito all’annuncio di Gantz non specifica la ragione precisa per cui DCI-Palestine, un’associazione molto rispettata e attiva nelle commissioni ONU e nel Congresso USA, sia stata etichettata come “organizzazione terrorista”.

“In passato siamo stati attaccati, ma ciò è avvenuto tramite gruppi di destra come NGO Monitor,” aggiunge Abu Eqtaish, in riferimento all’organizzazione che controlla le attività delle associazioni sociali palestinesi e della sinistra che criticano le politiche israeliane per bloccare le loro fonti di finanziamento. NGO Monitor afferma che DCI-Palestine “guida una campagna che sfrutta i minori per promuovere la demonizzazione di Israele ed è legata al gruppo terroristico FPLP. Molte delle sue accuse sono false e fanno parte dei tentativi di calunniare Israele con accuse di ‘crimini di guerra’ e di promuovere il BDS.”

Abu Eqtaish definisce le accuse contro DCI-Palestine “assurde”, sottolineando che non ci sono prove che la sua organizzazione finanzi l’FPLP. “Israele e le associazioni di destra si sono rivolte a tutti i governi e alle fondazioni che ci finanziano per mettere in dubbio la nostra legittimità come organizzazione. Invece di preoccuparci di denunciare le violazioni dell’occupazione contro i minori, abbiamo dovuto difendere noi stessi.”

Secondo Abu Eqtaish, in passato tutti gli enti che finanziano DCI-Palestine, compresi i governi di Italia e Danimarca, così come l’Unione Europea, hanno condotto indagini indipendenti riguardo alle affermazioni di Israele. “Ci hanno chiesto di produrre prove che le denunce erano senza fondamento, e noi gliele abbiamo fornite. Non abbiamo niente da nascondere. Tutti i nostri bilanci sono pubblici.”

Anche un tribunale britannico ha scoperto che queste accuse sono false. Nel 2020 ha ordinato a UK Lawyers for Israel [Avvocati del Regno Unito per Israele], un’organizzazione che opera in modo simile a NGO Monitor, di ritrattare le sue affermazioni secondo cui DCI-Palestine appoggerebbe l’ FPLP o gli trasferirebbe fondi. Il tribunale ha anche chiesto a UK Lawyers for Israel di dichiarare pubblicamente che DCI-Palestine non ha “attualmente stretti legami, e non fornisce alcun apporto finanziario o materiale ad alcuna organizzazione terroristica.”

“Utilizzando questa strategia non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi, e per questo l’hanno modificata,” dice Abu Eqtaish. “In luglio forze dell’esercito hanno fatto irruzione negli uffici dell’associazione a Ramallah e hanno confiscato computer e documenti giudiziari riguardanti minori. Ci siamo rivolti a un tribunale militare per chiedere la restituzione della documentazione. Il tribunale ha respinto la richiesta.”

Egli conclude: “Adesso nell’organizzazione stiamo cercando di capire quali passi intraprendere. Sappiamo che queste accuse sono infondate. L’attacco contro l’organizzazione è soprattutto un’aggressione contro i suoi scopi: evidenziare i crimini dell’occupazione contro i minorenni e chiedere alla comunità internazionale di punire Israele per essi.”

“Chiunque sa dove va a finire ogni singolo shekel”

Fondata nel 1979, Al-Haq è la più antica e grande ong palestinese per i diritti umani e il sostegno giudiziario nei territori occupati. Secondo Hisham Sharbati, operatore sul campo di Al-Haq che ha lavorato con l’organizzazione per 12 anni, la ragione della recente definizione da parte di Israele è esclusivamente politica. “Al-Haq ha un ruolo molto importante nel fornire informazioni contro Israele alla Corte Penale Internazionale dell’Aia,” spiega. “A causa delle nostre attività molti nel mondo stanno chiaramente definendo Israele uno ‘Stato di apartheid’. È per questo che siamo perseguitati.”

Sharbati cita il fatto che all’inizio del mese Gantz si è incontrato con il presidente dell’ANP Mahmoud Abbas a Ramallah e hanno parlato di ‘costruire fiducia’. “Che razza di costruzione della fiducia c’è quando (Gantz) attacca le associazioni della società civile palestinese in questo modo? Questa iniziativa intende privare il popolo palestinese di alcune delle organizzazioni più importanti che ha per difendere i propri diritti contro l’occupazione e contro l’Autorità Nazionale Palestinese.”

Né la dichiarazione del ministro della Difesa israeliano né il documento poco più dettagliato che è stato in seguito inviato ai giornalisti fanno riferimento ad Al-Haq, nonostante sia la più grande delle sei organizzazioni. Non è ancora per niente chiaro su quali basi Al-Haq sia stata messa fuorilegge.

Le accuse contro Al-Haq devono essere state originate da un’altra fonte. Nel 2015, mentre le pressioni internazionali contro Israele stavano montando, il governo destinò decine di milioni di shekel all’ormai abolito ministero degli Affari Strategici per guidare una “campagna contro gli effetti della delegittimazione e del boicottaggio contro Israele,” con Gilad Erdan, ora ambasciatore USA in Israele, nominato a capo dell’istituzione.

Una delle principali attività del ministero era etichettare le associazioni della società civile palestinese come affiliate ai terroristi per far pressione sui governi europei perché tagliassero i finanziamenti. Secondo rapporti ufficiali pubblicati dal ministero, le sei organizzazioni messe sulla lista nera la scorsa settimana erano uno dei principali obiettivi.

Il ministero degli Affari Strategici pubblicò rapporti con titoli come “Terroristi in giacca e cravatta”, “Soldi insanguinati” e “Rete di Odio”, riprendendo i messaggi di vari gruppi di destra. In particolare NGO Monitor accusò il direttore generale di Al-Haq, Shawan Jabarin, di essere attivista dell’FPLP. Eppure il ministero non ha ancora fornito una qualunque prova dei rapporti dell’ong con la violenza.

“Sono nell’organizzazione da 12 anni e nessuna persona di Al-Haq è stata arrestata durante questo periodo,” afferma Sharbati. “Il nostro lavoro è totalmente legale e trasparente. I nostri finanziatori ricevono relazioni dettagliate. Siamo sotto stretta osservazione e chiunque sa dove va a finire ogni singolo shekel.”

Riguardo alle accuse secondo cui alcuni degli operatori dell’organizzazione sarebbero membri dell’FPLP, Sharbati afferma: “Se qualcuno è stato attivo nell’FPLP, è stato messo in prigione ed è stato rilasciato qualche mese dopo, che c’è di male? Ciò significa che non dovrebbe lavorare da nessuna parte? Se qualcuno ha fatto qualcosa di illegale arrestatelo. Ma non ci sono prove di illeciti.”

“Assolutamente manipolatorio”

Il Bisan Center è un piccolo centro di ricerca palestinese di sinistra. È formato da otto accademici e guidato da Ubai Aboudi, che scrive di economia e sociologia.

“Siamo stati fondati nel 1986 da un gruppo di studiosi e scienziati,” spiega Aboudi. “Sosteniamo i diritti di comunità emarginate, facciamo pressione contro il riscaldamento globale, promuoviamo l’uguaglianza di genere e ci opponiamo alle politiche di occupazione di Israele.”

Aboudi è stato arrestato due volte negli ultimi due anni: una volta da Israele e poi dall’Autorità Nazionale Palestinese. Durante il primo arresto alla fine del 2019 il tribunale militare israeliano lo ha accusato di essere membro dell’FPLP. “Non avevano prove e il giudice ha deciso che c’erano problemi con gli indizi,” sottolinea.

Tuttavia Aboudi alla fine ha accettato di patteggiare ed è stato in prigione per 4 mesi (secondo varie associazioni per i diritti umani i tribunali militari israeliani, che operano come braccio integrato nel controllo di Israele sui palestinesi sotto occupazione, hanno una percentuale tra il 95% e il 99% di condanne).

“Non ho alcun rapporto con il FPLP, ma sono padre e volevo tornare prima possibile dai miei tre figli, per cui ho accettato il patteggiamento,” spiega. All’epoca la detenzione amministrativa di Aboudi aveva scatenato una campagna internazionale e circa un migliaio di scienziati e studiosi aveva firmato una petizione per la sua liberazione.

Quest’anno Aboudi è stato arrestato due volte dall’ANP per aver protestato contro l’uccisione di Nizar Banat, un attivista e critico del governo picchiato a morte in giugno quando era nelle mani delle forze di sicurezza palestinesi.

Un mese dopo l’esercito israeliano ha fatto irruzione negli uffici del Bisan Center a Ramallah ed ha confiscato i computer. Secondo il comunicato stampa del ministero della Difesa, Bisan è stato dichiarato “organizzazione terroristica” perché membri dell’FPLP hanno tenuto riunioni nei suoi uffici. Inoltre, sostiene la dichiarazione, il precedente direttore del Centro, I’tiraf Rimawi, era membro del braccio armato dell’FPLP. Rimawi è stato imprigionato per tre anni e mezzo in quanto membro del gruppo studentesco dell’FPLP, quando non era dipendente del Bisan Center.

“Questa prospettiva (israeliana) è assolutamente manipolatoria,” dice Aboudi. “Come può un’intera organizzazione essere responsabile delle azioni che una persona avrebbe commesso fuori dal lavoro? Se uno lavora in una banca degli Stati Uniti e viola la legge, allora la banca viene chiusa?”

Riguardo all’uso di locali di Bisan per riunioni dell’FPLP, Aboudi afferma: “Il nostro ufficio non serve ad alcuno scopo che non riguardi le nostre ricerche. Non è mai stato utilizzato da milizie armate e il centro non ha alcun rapporto con azioni violente. Legga le nostre ricerche, la nostra visione del mondo si basa sull’uguaglianza e sulla giustizia sociale.”

Come le altre associazioni, Aboudi afferma che la pretesa di Israele secondo cui i gruppi agiscono come “ancora di salvezza” e come procacciatori di fondi per l’FPLP è una totale invenzione e che “il bilancio del centro è pubblico e a disposizione di tutti.”

A maggio, nota Aboudi, Israele ha invitato rappresentanti di ambasciate estere ed ha chiesto che smettano di finanziare le organizzazioni palestinesi per i diritti umani. In seguito a ciò il governo belga ha condotto un controllo dei finanziamenti che invia a Bisan, ed ha stabilito che non ci sono basi per le accuse del governo. “Tutti i nostri finanziamenti, circa 800.000 shekel [circa 21.600 €] all’anno, vanno alle ricerche ed agli stipendi,” sostiene.

Come per le altre organizzazioni, i dipendenti di Bisan ora temono che, in seguito alla dichiarazione di Israele, i finanziatori del resto del mondo esiteranno ad appoggiare il centro, che fallirà. “Questa è sempre stata la lotta principale del (primo ministro) Naftali Bennett e della (ministra degli Interni) Ayelet Shaked: perseguitare le organizzazioni palestinesi dei diritti umani,” afferma Aboudi.

“I loro rapporti con i gruppi dei coloni di estrema destra, come NGO Monitor e Regavim, sono profondi. Per anni hanno pensato di mettere fuorilegge le associazioni palestinesi per i diritti umani. Ora si sono ritrovati con l’opportunità di farlo, e l’hanno colta al volo.”

“L’occupazione è la fonte della violenza”

L’Union of Agricultural Work Committees [Unione dei Comitati del Lavoro Agricolo] è stata fondata nel 1986. Tra le altre aree di attività, assiste i contadini palestinesi che coltivano le proprie terre nell’Area C, i due terzi della Cisgiordania che sono sotto totale controllo israeliano, in cui sono costruite e si espandono le colonie israeliane e dove Israele impedisce sistematicamente lo sviluppo dei palestinesi. Secondo il direttore dell’UAWC Abu Seif, Il suo lavoro è la ragione per cui sono stati messi fuorilegge.

“Israele vuole annettere l’Area C,” afferma. “Il nostro lavoro rafforza la presenza palestinese lì, in una zona in cui non è gradita. È per questo che da anni ci stanno perseguitando.”

Abu Seif continua: “Regavim (un’organizzazione israeliana di destra) ci ha attaccato quotidianamente, perché aiutiamo i contadini palestinesi a coltivare circa 3.000 dunam [300 ettari] di terreno all’anno e ad aprire strade agricole che mettono in relazione le aree A, B e C. Tutto il nostro lavoro viene fatto su terra privata, per aiutare gli agricoltori. Per ragioni politiche Israele impedisce loro di sfruttare i propri terreni, per espellerli.

Israele ha accusato due ex-dipendenti di UAWC di essere coinvolti nella morte di Rina Shenrab, una diciassettenne israeliana, in Cisgiordania nell’agosto 2019. Il ministro della Difesa ha citato l’assassinio dell’adolescente come la ragione dell’indicazione dell’unione come “organizzazione terroristica”.

“Erano due persone su un’organizzazione con 120 dipendenti, in cui nel corso degli anni hanno lavorato in migliaia,” afferma Abu Seif in merito alle accuse. “Non è che l’organizzazione abbia deciso di operare in quel modo. In quanto associazione rifiutiamo la violenza e diciamo che l’occupazione ne è la causa.”

Secondo Abu Seif per anni Israele ha cercato motivazioni relative alla sicurezza da utilizzare come scusa per chiudere varie associazioni palestinesi che operano nell’Area C.

Alla fine del 2020 la Commissione per gli Esteri e la Difesa della Knesset [il parlamento israeliano, ndtr.] si è riunito per discutere della lotta del governo contro queste organizzazioni. Durante la riunione il deputato Zvi Hauser [del partito di destra Nuova Speranza, ndtr.] ha evidenziato che la discussione era “di interesse nazionale prioritario” perché “ciò determinerà i futuri confini dello Stato.”

“Non si tratta solo di una lotta per la terra e per chi comanda, ma anche una lotta diplomatica, “ha detto durante la riunione della commissione Ghassan Alyan, ex- capo dell’Amministrazione Civile, l’ente del governo militare israeliano che gestisce i territori occupati. Alyan ha aggiunto che nel 2020, quando Bennett era ministro della Difesa, egli ha incontrato gli ambasciatori e diplomatici dei Paesi europei ed ha chiesto che smettessero di finanziare le organizzazioni palestinesi che operano nell’Area C.

“Abbiamo avvertito tutti: non tollereremo alcun progetto internazionale senza il consenso israeliano… e negli ultimi due anni siamo riusciti a ridurre il numero dei progetti,” ha affermato Alyan durante la riunione. “Nel 2019 c’erano circa 12 progetti, mentre nel 2015 ce n’erano in corso circa 75.”

“Israele sta tentando di stravolgere la reputazione di queste organizzazioni presso i nostri finanziatori,” afferma Abu Seif. “Se gli europei smettono di finanziarli, tutti questi gruppi spariranno. E sta funzionando”.

“Si stanno concentrando su due tipi di organizzazioni: quelle che agiscono a livello internazionale, come Al-Haq, e quelle che operano nell’Area C, come noi,” aggiunge Abu Seif. “Non è iniziato tutto due giorni fa, va avanti da anni.”

Il 7 luglio di prima mattina forze israeliane hanno fatto irruzione negli uffici dell’UAWC e li hanno chiusi. Quella mattina Abu Seif è arrivato e ha scoperto che i computer erano stati confiscati e le porte sigillate. Sulla porta era anche attaccato un ordine di chiusura emesso dal governatore militare israeliano.

“Devi capire che la nostra organizzazione si occupa solo di agricoltura. La maggioranza di noi è composta da ingegneri. Anch’io sono un ingegnere. Ora Israele ci arresterà tutti? Questa organizzazione è esistita per 35 anni,” dice Abu Seif.

Comunque la dichiarazione di sei organizzazioni storiche come “terroriste” non ha precedenti, afferma Abu Seif. “Ciò è stato possibile solo per via del nuovo governo,” sostiene. “Per quanto Netanyahu fosse malvagio, non è mai arrivato a un’iniziativa così drastica. A mio parere era più cauto. La lobby dei coloni e Regavim possono fare pressione più facilmente sull’attuale governo, che è molto più estremista.”

“Le radici di questo attacco”

Sahar Francis dirige Addameer, che fornisce supporto legale a prigionieri e detenuti palestinesi rinchiusi nelle prigioni di Israele e dell’ANP. “La maggior parte del lavoro della nostra organizzazione è con le autorità israeliane,” dice Francis. “Aspetto di vedere quello che diranno ai nostri avvocati nei tribunali militari.”

Francis continua: “Questa è una decisione politica, che deriva dalle continue persecuzioni contro di noi.  Come si può pubblicare sui giornali una dichiarazione simile senza sentire quello che queste associazioni hanno da dire? Senza un processo o il diritto a un dibattimento?”

Secondo Francis la decisione del governo fa parte di un’iniziativa ampia e a lungo termine contro la società civile palestinese. “È iniziata con un attacco da parte di organizzazioni di destra come NGO Monitor, che era in rapporto diretto con il governo israeliano,” spiega. “Poi, nel 2015, è stato lanciato il ministero degli Affari Strategici di Gilad Erdan, ed ha cercato di prosciugare i nostri finanziamenti a tempo indefinito.”

Secondo il comunicato stampa del Ministero della Difesa, Addameer è stata definita una “organizzazione terroristica” perché è stata creata da importanti membri dell’FPLP per occuparsi di prigionieri politici e delle loro famiglie. Eppure Addameer è stata fondata nel 1991, il che, se le accuse fossero vere, renderebbe la recente definizione da parte di Israele in ritardo di 30 anni.

La dichiarazione del ministro sostiene anche che negli uffici di Addameer ci sono stati incontri con importanti membri dell’FPLP e che l’organizzazione porta messaggi ai prigionieri per conto dell’FPLP. Tuttavia non sono state fornite ulteriori spiegazioni.

“Queste accuse sono semplicemente false,” risponde Francis. “L’associazione non è dell’FPLP. Ci occupiamo solo di difesa legale e di fare pressione a livello locale e internazionale. Siamo stati presi di mira per anni per una ragione: siamo riusciti a cambiare il paradigma in tutto il mondo parlando di apartheid e non solo di occupazione, e stiamo fornendo materiali all’Aia [cioè alla Corte Penale Internazionale, ndtr.].

“Dobbiamo tornare alle radici di questo attacco,” evidenzia. “Dall’inizio dell’occupazione Israele ha agito contro le organizzazioni della società civile. Ha definito illegali i sindacati dei lavoratori e degli studenti. Durante la Seconda Intifada ci fu un massiccio attacco contro le associazioni di solidarietà con il pretesto che erano legate ad Hamas. Penso che allora abbiamo fatto l’errore di non averlo preso sufficientemente sul serio. All’epoca l’Autorità Nazionale Palestinese ne era contenta perché, colpire quelli che vi si opponevano, favoriva i suoi interessi.

Il nostro messaggio, insieme alle altre organizzazioni, è che non smetteremo di lavorare. Non smetteremo di fornire servizi a quelli che hanno bisogno di noi. Rifiutiamo di stare in silenzio sul governo di apartheid dell’occupazione.”

  • Yuval Abraham è un fotografo e uno studente di linguistica.

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