Israele: Patriarcato latino condanna la Legge nazionale, stabilisce che “non ci sono uguali diritti tra ebrei e arabi”
Una legge che “non fornisce alcuna garanzia costituzionale per i diritti delle popolazioni indigene e di altre minoranze che vivono nel Paese”, che “ignora un’intera fascia della popolazione”, che “contravviene direttamente alla Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e alla Dichiarazione di Indipendenza di Israele” e che stabilisce “che non ci sono uguali diritti tra ebrei e arabi e si rifiuta di riconoscere la loro esistenza”. È dura e netta la condanna del Patriarcato latino di Gerusalemme della legge nazionale “Israele, Stato nazionale del popolo ebraico” approvata recentemente dalla Knesset con una ristretta maggioranza. In una nota diffusa poco fa a Gerusalemme, e pervenuta al Sir, il Patriarcato latino afferma che questa legge fondamentale “definisce Israele come stato nazionale del popolo ebraico” e “non fornisce alcuna garanzia costituzionale per i diritti delle popolazioni indigene e di altre minoranze che vivono nel paese. I cittadini palestinesi di Israele, che sono il 20% della popolazione, sono flagrantemente esclusi dalla legge”. Essa, si legge nel comunicato, “ignora un’intera fascia della popolazione, come se i suoi membri non fossero mai esistiti. La legge potrebbe non avere effetti pratici, tuttavia invia un segnale inequivocabile ai cittadini palestinesi di Israele: in questo paese non sono a casa”. La lingua araba è stata declassata da seconda lingua nazionale a “lingua speciale”, con l’impegno a lavorare sullo sviluppo dell’insediamento ebraico nella terra, senza menzionare lo sviluppo del Paese per il resto dei suoi abitanti”. Una legge “che esclude e non include, oggetto di disputa e non condivisa, politicizzata piuttosto che radicata nelle norme di base che sono comuni e accettabili a tutte gli strati della popolazione”.
Per il Patriarcato latino la nuova legge è “discriminatoria e contravviene direttamente alla Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e alla Dichiarazione di Indipendenza di Israele. La prima ha permesso l’istituzione di uno Stato ebraico garantendo nel contempo i pieni diritti civili agli arabi ivi residenti e nella seconda i fondatori del Paese si sono impegnati chiaramente e inequivocabilmente a promuovere il suo sviluppo a beneficio di tutti i suoi abitanti e a garantire la completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti, indipendentemente dalla religione, dalla razza o dal sesso”. Come se non bastasse, evidenzia il comunicato, “questa legge contravviene e contraddice la Legge fondamentale ‘Dignità e libertà umane’ del 1995 che garantisce il rispetto della dignità di ogni persona. Dove c’è discriminazione, non c’è dignità”. Da qui la condanna netta: “questa legge stabilisce che non ci sono uguali diritti tra ebrei e arabi e si rifiuta di riconoscere la loro esistenza e i loro diritti”. “Qualsiasi stato con grandi minoranze – annota il Patriarcato latino – dovrebbe riconoscere i diritti collettivi di queste minoranze e garantire la conservazione della loro identità collettiva, comprese le tradizioni religiose, etniche e sociali”. Una legge che preoccupa per questo anche “i cittadini cristiani di Israele” alla stregua di qualsiasi altra comunità non ebraica. Il Patriarcato latino esorta dunque “gli abitanti dello Stato di Israele che ancora credono nel concetto di uguaglianza tra tutti i cittadini della stessa nazione, a esprimere la loro obiezione alla legge e ai pericoli che ne derivano per il futuro di questo Paese”.
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