Moni Ovadia Salvini il sionista

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Il gentile sionista che non è un sionista gentile, bensì un non ebreo che potremmo definire, un sostenitore acritico delle ragioni dello Stato di Israele quali esse siano, ha compiuto…




Il gentile sionista che non è un sionista gentile, bensì un non ebreo che potremmo definire, un sostenitore acritico delle ragioni dello Stato di Israele quali esse siano, ha compiuto una impressionante e stupefacente parabola.

Il primo di essi, dal venire all’esistenza dello stato ebraico, è stato il piccolo padre sovietico Jossip Vissarionovic Djugasvili, detto Stalin, che primo fra i potenti volle quello stato, lo armò e lo sostenne nelle istanze internazionali.

L’ultimo dei gentili sionisti, buon ultimo, è il nostro gagliardo ministro degli Interni, Matteo Salvini, il quale ancora prima di essere arrivato in terra santa ha già spiegato che la colpa è tutta dei palestinesi e nella fattispecie dei «nazisti» di Hamas che tengono in scacco milioni di uomini. Implicitamente egli riconosce che gli israeliani sono le vittime.

Bibi sarà felice perché la futura composizione del parlamento europeo vedrà un rafforzamento dei partiti populisti, reazionari e fascistoidi che renderanno la già pavida Europa ancor più appiattita sui desiderata israeliani e non contrasteranno occupazione, colonizzazione ed estensione degli insediamenti.
Il sionismo ai suoi esordi fu sostenuto dalle forze progressiste fra cui socialisti, comunisti, anarchici e progressisti di ogni sorta, il sionismo era considerato un movimento decisamente di sinistra e questa nomea aveva portato al sionismo stesso non pochi problemi come quelli col maccartismo che equiparava un sionista a un comunista e con qualche ragione. Nell’esistenza dei primi due anni dello Stato ebraico nei cinema delle sue città, alla fine della proiezione dei film veniva diffuso l’inno israeliano Hatikvà (la speranza) e immediatamente dopo la sala si riempiva delle note dell’Internazionale seguite da quelle dall’Inno sovietico. La rossa epopea ebbe un brusco arresto quando Stalin nel 1949 scatenò una micidiale campagna antisemita che terminò solo nel marzo del 1953 con la sua morte. Il filo sionista per realpolitik si trasformò di colpo in un brutale antisemita per paranoia.
Eppure sotto Stalin gli ebrei avevano occupato posti importantissimi nell’industria culturale, nel partito e persino nell’esercito. Alcuni dei più stretti collaboratori del dittatore georgiano furono ebrei, fra essi il commissario ai gulag Kaganòvic. Ma si sa, l’antisemitismo aveva una sua corrente di sinistra che Lenin definiva «socialismo degli imbecilli». Ma malgrado la campagna staliniana Israele rimase ancora per anni il paese dei Kibbutz, ingenuamente visti come strutture di un progetto socialista. Questa fama cominciò a perdere colpi con la guerra dei sei giorni e con l’ascesa al governo delle destre dopo il conflitto del Kippur, Israele, con qualche interludio, ha cominciato a essere governato da destre ultra sioniste reazionarie alleate con il fanatismo religioso che lo ha progressivamente portato a diventare la nazione segregazionista, colonialista e razzista che è ora. Israele facendosi campione di violenza e rappresaglia ha trovato sempre più amici fra gli ex fascisti, i neo fascisti, i populisti della peggior specie.
Demagogo di razza, politico con un istintivo senso del timing, opportunista di talento. Ha annusato lo zeitgeist, ha facilmente constatato la necrosi della sinistra e si è messo a cavalcare l’onda. Del resto è un ammiratore di Trump, considera Orban e i paesi di Visegrad i migliori alleati dunque è naturale che consideri Bibi un grande. Il nostro crociato verde si trova in perfetta sintonia con l’ibrido politico ossimorico della nuova ideologia, il filo sionismo antisemita. Pensate che goduria per tutta la feccia nazistoide, per la congrega suprematista e per l’internazionale razzista potere essere ferocemente antisemiti con la patente di amico di Israele. È il capolavoro della partnership the Donald & the Bibi.
A noi che siamo incorruttibilmente democratici non resta che porci una terribile domanda. Ma se gli ebrei del tempo di Hitler fossero stati come gli israeliani alla Nethanyahu, i nazisti avrebbero progettato la Endlösung? La mia risposta è: non credo. I nazisti odiavano l’ebreo ubiquo, apatrida, cosmopolita, dall’intelletto critico, attivatore di rivoluzioni, distruttore di idolatrie.
È il perfetto portavoce di Bibi Netanyahu.
Poteva non approfittare dell’occasione Matteo Salvini?

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