URY AVNERI: il giro della libertà:freedom ride


Il Mahatma Ganghi lo avrebbe adorato. Nelson Mandela lo avrebbe salutato conentusiasmo. Martin Luther King sarebbe stato il più emozionato – gli avrebbericordato dei vecchi tempi.Ieri stava per entrare in vigore in Israele un decreto dell’Ufficio del Comandante delSettore Centrale, Generale Yair Naveh. Il decreto proibisce ai conducentiisraeliani di avere in macchina passeggeri palestinesi nei territori occupati

.Il generale - indossatore di Kippah fatte a mano e amico dei coloni - hagiustificato l’ordine come una necessità vitale per la sicurezza. In passato,gli abitanti della Cisgiordania riuscivano qualche volta a raggiungere iterritori israeliani su vetture israeliane. Gli attivisti per la paceisraeliani hanno deciso che bisogna protestare contro questo nauseante ordine.Diverse organizzazioni hanno pianificato azioni di protesta per il giorno incui il decreto sarebbe entrato in vigore. Hanno organizzato un“Freedom ride”ovvero “Un giro della libertà”, per cui i proprietari israeliani di macchineche stavano entrando in Cisgiordania (una offesa criminale di per sé)avrebbero dato un passaggio ai palestinesi locali, che si sono prestati comevolontari per l’azione
Gush Shalom, Ta'ayush, Sons of Abraham, Olive Tree Movement, Balad, Anarchists Against the Wall, Yesh Din, Yesh Gvul, Coalition of Women for Peace, Hadash, Maki, Banki
Una iniziativa impressionante solo da organizzare.Conducenti israeliani e passeggeri palestinesi che infrangono apertamente lalegge, affrontando possibili arresti e processi nelle corti militari. Maall’ultimo momento, il generale “ha congelato”l’ordine. La manifestazione èstata annullata.

L’ORDINE che è stato sospeso (ma non ufficialmente revocato)emetteva un forte odore di apartheid. Si unisce a una lunga serie di azionidelle autorità di occupazione che sono reminiscenze del regime razzista delSudafrica, così come la sistematica costruzione di strade in Cisgiordania soloper gli israeliani e sulle quali ai palestinesi è vietato l’accesso. O la legge“temporanea” che vieta ai palestinesi nei territori occupati, che hanno sposatoun cittadino o una cittadina israeliano/a, di vivere con il proprio coniuge inIsraele. E, cosa più importante, il Muro, ufficialmente denominato “l’ostacolodella separazione”. In Afrikaans, “apartheid” vuol dire separazione. La“visione” di Ariel Sharon e di Ehud Olmert mira allo stabilimento di uno “StatoPalestinese” così definito: una stringa di isole palestinesi in un mareisraeliano. E’ facile individuare una similarità tra gli enclavi pianificati edi “Bantustans” che erano stati creati dal Regime bianco in Sudafrica – la cosìchiamata “homeland” dove i neri dovevano teoricamente godere di un“auto-regolamento” ma che in realtà altro non erano che campi di concentramentorazzisti. In virtù di questo, noi siamo nel giusto quando utilizziamo iltermine “apartheid” nella nostra lotta quotidiana contro l’occupazione.Parliamo di “Muro dell’Apartheid” e di “metodi di Apartheid”. L’ordine delGenerale Naveh ha praticamente fornito una sanzione ufficiale all’utilizzo diquesto termine. Anche istituzioni, da sempre lontane dal pacifismo radicale lohanno messo in relazione con il sistema di apartheid. Per questo, il titolo delnuovo libro dell’ex presidente Jimmy Carter è pienamente giustificato“Palestina – Pace non Apartheid”. Il titolo ha sollevato l’ira degli “amici diIsraele” molto più di quanto non abbiano fatto i suoi contenuti. Come ha osato?Paragonare Israele ad un oberrante regime razzista? Alludere che il governo diIsraele sia motivato dal razzismo, quando tutte le sue azioni sono mirateesclusivamente dalla necessità di difendere i propri cittadini contro iterroristi arabi? (Tra le altre cose, nella copertina del libro vi è una fotodi una manifestazione contro il muro organizzata da Gush Shalom e da Ta’ayush.Il naso di Carter punta verso un nostro poster che cita: “Il Muro – Prigioneper i palestinesi, Ghetto per gli Israeliani”). Sembra che lo stesso Carter nonfosse pienamente soddisfatto con l’utilizzo di questa terminologia. Lui hadichiarato, anche se non esplicitamente, che era stato aggiunto sotto richiestadegli editori, che hanno pensato che un titolo provocante avrebbe stimolato lapubblicità. Se cosi è stato, la strategia è stata un successo. La famosa lobbyebraica è stata pienamente mobilitata. Carter è stato tacciato di essereanti-semita e bugiardo. La tempesta scatenatasi attorno al titolo ha spostatoqualsiasi dibattito inerente ai fatti citati nel libro, che non sono statimessi seriamente in discussione. Il libro non è ancora apparso nella versioneebraica. MA QUANDO usiamo il termine “Apartheid” per descrivere la situazione,dobbiamo essere consapevoli del fatto che la somiglianza tra l’occupazioneisraeliana ed il regime bianco in Sudafrica riguarda i metodi, e non lasostanza. Su questo si deve fare chiarezza, in modo tale da prevenire gravierrori di analisi della situazione e delle conclusioni che da essa si possonotrarre. E’ sempre pericoloso disegnare analogie con altri paesi ed altri tempi.Mai due paesi e due contesti sono identici. Ogni conflitto ha le sue specificheradici storiche. Anche quando i sintomi sono gli stessi, la malattia potrebberisultare parecchio diversa. Queste riserve si applicano tutte ai paragoni trail conflitto israelo-palestinese ed il conflitto storico tra bianchi e neri inSudafrica. E’ sufficiente evidenziare alcune differenze: (a) In Sudafrica viera un conflitto tra neri e bianchi, ma entrambi erano d’accordo che lo statodel Sudafrica doveva rimanere intatto – la questione risiedeva esclusivamentesul fatto di chi lo avrebbe governato. Praticamente nessuno propose di dividereil paese tra neri e bianchi. Il nostro conflitto è tra due diverse nazioni condiverse identità nazionali, ognuna delle quali colloca il proprio stato nazionecome valore supremo. (b) In Sudafrica, l’idea di “separazione” è stata unostrumento della minoranza bianca per l’oppressione della maggioranza nera, e lapopolazione nera lo ha rigettato all’unanimità. Qui, la stragrande maggioranzadi palestinesi vuole essere separato da Israele per poter stabilire uno statoper proprio conto. La stragrande maggioranza degl’israeliani, anche, vuoleessere separata dai palestinesi. La separazione è l’aspirazione dellemaggioranze di entrambi i lati, e la vera questione risiede nel confine che cidovrebbe essere. Dal lato israeliano, soltanto i coloni ed i loro alleatirivendicano la volontà di mantenere l’intera area storica del paese unita eobiettano la separazione, per poter rubare ai palestinesi la loro terra e poterespandere gli insediamenti. Dal lato palestinese, i fondamentalisti islamicianche credono che tutto il paese è un “waqf” (credo religioso) ed appartiene adAllah, e per questo non può essere diviso. © In Sudafrica, una minoranzabianca (all’incirca il 10 %) ha governato su una immensa maggioranza nera(78%), persone di razza mista (7%) ed asiatici (3%). Qui, tra il Mediterraneoed il fiume Giordano, ci sono attualmente 5.5 milioni di ebrei-israeliani ed unnumero eguale di arabi palestinesi (inclusi il 1.4 milioni di palestinesi chesono cittadini di Israele). (d) L’economia sudafricana era basata sul lavorosvolto dalla popolazione nera e non sarebbe mai potuta esistere senza di esso.Qui, il governo israeliano è riuscito ad escludere i palestinesi non israelianiquasi completamente dal mercato del lavoro israeliano rimpiazzandoli conlavoratori stranieri. E’ importante evidenziare queste differenze fondamentaliper poter prevenire gravi errori nella strategia della lotta volta a porre fineall’occupazione. In Israele ed all’estero ci sono persone che citano questaanalogia senza prestare attenzione alle differenze essenziali tra i dueconflitti. La loro conclusione: i metodi che si sono rivelati vittoriosi controil regime sudafricano possono essere applicati nuovamente nella lotta control’occupazione – principalmente, mobilitazione dell’opinione pubblica mondiale,boicottaggio internazionale ed isolamento. Ciò rappresenta la reminescenza diun falso mito, che un tempo si insegnava nelle lezioni di logica: un Eschimeseconosce il ghiaccio. Il ghiaccio è trasparente. Il ghiaccio può esseremasticato. Quando si da un bicchiere di acqua anche questo è trasparente, equindi si pensa che sia masticabile.Non vi è dubbio che sia essenziale sollevare l’opinione pubblica internazionalecontro il trattamento criminale della popolazione palestinese ad opera delleautorità di occupazione. Lo facciamo tutti i giorni, come Jimmy Carter stafacendo. Comunque, deve essere chiaro che questo è senz’altro molto piùcomplesso della campagna che ha portato al rovesciamento del regimesudafricano. Una delle ragioni: durante la Seconda Guerra mondiale, le personeche più tardi sarebbero diventati i governanti del Sudafrica cercarono disabotare gli sforzi anti-nazisti e furono imprigionati, e per questo si sollevòovunque nel mondo il ripudio. Israele è accettata dal mondo come lo “stato deisopravissuti all’Olocausto”, e per questo solleva ovunque simpatia. E’ unerrore serio pensare che l’opinione pubblica internazionale metterà fineall’occupazione. Ciò avverrà soltanto quando l’opinione pubblica israelianasarà convinta lei stessa del bisogno di farlo. Vi è inoltre un’altra importantedifferenza tra i due conflitti, e questa potrebbe risultare ancora piùpericolosa di qualunque altra: in Sudafrica, nessun bianco avrebbe mai sognatola pulizia etnica. Anche i razzisti avevano capito che il paese non avrebbepotuto sopravvivere senza la popolazione nera. Ma in Israele, questo obiettivosi sta prendendo seriamente in considerazione, sia apertamente che in segreto.Uno dei suoi più grandi fautori, Avigdor Lieberman, è un membro del governo ela settimana scorsa Condoleeza Rice lo ha incontrato ufficialmente. L’Apartheidnon è il peggior pericolo che pende sulle teste dei palestinesi. Sonominacciati da qualcosa infinitamente più grave: “ il trasferimento”, chesignifica totale espulsione. ALCUNE PERSONE in Israele e intorno al mondoseguono l’analogia dell’Apartheid sino alle sue conclusioni: la soluzione quisarà la stessa del Sudafrica. Lì i bianchi si sono arresi alla maggioranza nerache ha assunto il potere. Il paese è rimasto unito. Grazie a leader saggi,guidati da Nelson Mandela e Frederick Zillem de Klerk, questo è potuto accaderesenza spargimenti di sangue. In Israele, ciò costituisce un bellissimo sognosino alla fine dei giorni. Per via delle persone coinvolte e per le propriepaure si trasformerebbe in un incubo. In questo paese ci sono due popoli conuna forte coscienza nazionale. Dopo 125 anni di conflitto, non vi è la minimapossibilità che possano abitare in uno stesso stato, condividere lo stessogoverno, servire lo stesso esercito e pagare le stesse tasse. Economicamente,tecnologicamente ed a livello didattico, il vuoto tra le due popolazioni èimmenso. In una tale situazione, le relazioni di potere simili a quelledell’apartheid in Sudafrica si solleverebbero senz’altro. In Israele, il demonedemografico persiste. Sussiste una paura di natura esistenziale tra gli ebreiche da vita alla convinzione che il bilancio demografico cambierà anche dentrola Linea Verde. Ogni mattina i bambini si contano – quanti bambini ebrei sononati la scorsa notte, e quanti arabi. In uno stato condiviso, ladiscriminazione crescerebbe a dismisura. La corsa per deprivare ed espellerenon conoscerebbe limiti, le attività rampanti degli insediamenti ebraicifiorirebbe, insieme con gli sforzi di svantaggiare gli arabi su tutti i campi.In breve: l’Inferno. SI PUO’ sperare che questa situazione cambi fracinquant’anni. Io non ho dubbi che alla fine, una federazione tra i due stati,forse includendo anche la Giordania, potrebbe nascere. Yasser Arafat ne avevaparlato con me diverse volte. Ma né i palestinesi né gli israeliano possonopermettersi altri 50 anni di spargimenti di sangue, di occupazione e di lentapulizia etnica. La fine dell’occupazione arriverà nell’ambito di un contesto dipace tra i due popoli che abiteranno in due stati liberi e vicini – Israele ePalestina – con un confine tra loro tracciato dalla Linea Verde. Io spero chequesto possa essere un confine aperto.
Forse allora – inshallah – i palestinesipotranno girare liberamente sulle macchine israeliane, e gli israelianigireranno liberamente sulle macchine palestinesi.Quando quel tempo arriverà, nessuno si ricorderà del Generale Yair Naveh, operfino del suo capo, Generale Dan Halutz. Amen.

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