Israele: censura militare e informazione israeliana nei media


di Haggai Matar – 26 settembre 2016
La censura militare israeliana ha cancellato, del tutto o in parte, oltre 17.000 articoli dal 2011. Mentre pochi articoli sono stati censurati nel 2015 e nel 2016, la nuova censura dell’IDF (esercito israeliano) sta tentando di censurare con allarmante frequenza informazioni già pubblicate.
La censura militare israeliana ha totalmente proibito la pubblicazione di 1.936 articoli e ha cancellato alcune informazioni da 14.196 articoli negli ultimi 5 anni. Ciò significa che 1.936 articoli che giornalisti professionisti e persone che hanno pubblicato notizie ritenute di pubblico interesse su internet non hanno mai visto la luce.
In effetti la censura dell’IDF ha eliminato almeno qualche informazione da uno su cinque degli articoli che le sono stati presentati dal 2011, secondo dati forniti dall’esercito israeliano su richiesta di “+972 Magazine”, del suo omologo in ebraico “Local Call” e del “Movimento per la Libertà di Informazione”.
Sotto il nuovo capo della censura dell’IDF, entrato in carica lo scorso anno, c’è stato un notevole incremento nel numero di casi in cui l’ufficio della censura ha contattato persone che hanno pubblicato notizie con richieste di modificare o eliminare articoli che erano già stati pubblicati – circa il doppio del numero di tentativi di interventi censori dopo la pubblicazione rispetto agli scorsi anni. Allo stesso tempo, la nuova censura dell’IDF sta intervenendo leggermente meno su articoli sottoposti al suo ufficio per essere controllati prima della pubblicazione.
Dall’inizio del 2011, gli anni che hanno visto la maggior presenza di interventi censori sono stati quelli in cui Israele era impegnato nella guerra contro la Striscia di Gaza. I più alti tassi e frequenze di censura hanno avuto luogo nel 2014, l’anno dell’operazione “Margine Protettivo”, e il secondo livello più alto è stato nel 2012, l’anno dell’operazione “Pilastro di Nuvola”.
Inoltre i dati confermano che l’ufficio della censura dell’IDF proibisce la pubblicazione di documenti e materiali dell’Archivio di Stato, che sono già stati approvati per la pubblicazione, e alcuni dei quali sono già stati divulgati.
La censura militare israeliana nel territorio di Israele trae la propria autorità da regolamenti d’emergenza istituiti durante il periodo del Mandato Britannico, molti dei quali sono rimasti nei codici israeliani per oltre 70 anni.
Mentre altri Paesi hanno meccanismi formali per chiedere che i giornalisti si astengano dal pubblicare certe informazioni relative alla sicurezza nazionale, Israele è l’unico tra gli Stati democratici occidentali che abbia una censura statale giuridicamente vincolante. Da nessun’altra parte dei materiali acquisiti devono essere sottoposti ad un controllo preventivo.
In Israele ai mezzi di comunicazione, recentemente estesi per includere blog e siti web indipendenti (come +972 Magazine), è richiesto di sottoporre al controllo della censura dell’IDF ogni articolo che rientri nell’ampia lista riguardante argomenti legati alla sicurezza nazionale ed alle relazioni internazionali. La censura può proibire in parte o del tutto un articolo. Ciò detto, la decisione di quali articoli e notizie sono sottoposte alla censura per un controllo è presa di volta in volta dalle organizzazioni dell’informazione e dagli stessi redattori. Tuttavia, una volta che un articolo è stato censurato dall’esercito, al giornalista viene vietato di rivelare quale informazione è stata eliminata, o persino di indicare che un’informazione è stata censurata.
Ad incrementare la mancanza di trasparenza è il fatto che la censura dell’IDF è tecnicamente parte del settore dell’intelligence. A causa di questa posizione istituzionale, “non è sottoposta alle leggi sulla libertà di informazione”, spiega l’avvocato Nirit Blayer, direttore esecutivo del Movimento per la Libertà di Informazione. “Ciononostante la persona incaricata della libertà di informazione nell’IDF ha la tendenza a rendere pubblico tutto ciò che può essere pubblicato.” Pertanto abbiamo ottenuto l’informazione richiesta rapidamente e senza molte difficoltà.
Questi sono i dati:
Tra il 2011 e l’agosto 2016 da 13.000 a 14.000 articoli sono stati sottoposti ogni anno alla censura dell’IDF per un controllo preventivo. Durante il 2011 e il 2013, dal 20 al 22% degli articoli sottoposti a controllo da parte della censura dell’IDF sono stati in parte o del tutto cancellati, anche se nella stragrande maggioranza dei casi solo una o più parti dell’articolo sono state bloccate per la pubblicazione.
Nel 2014 c’è stato un aumento significativo nella frequenza della censura, spiegabile per lo più con la guerra a Gaza di quell’anno. Degli articoli sottoposti al controllo previo dal censore in quell’anno, il 26% (3.719 articoli) è stato parzialmente o totalmente bloccato (il 22% è stato parzialmente cancellato, il 4% totalmente censurato).
Nei ultimi due anni, tuttavia, c’è stata una lieve riduzione della percentuale di articoli che sono stati modificati o censurati. L’ufficio dell’IDF ha parzialmente o totalmente censurato il 19% degli articoli sottoposti a controllo previo per la pubblicazione. Dall’inizio del 2016 ad agosto questo numero è sceso ulteriormente al 17% – il livello più basso di interventi censori negli ultimi cinque anni e mezzo.
Tuttavia, fin dall’inizio della sua nomina come attuale censore dell’IDF nello scorso anno, il colonnello Ariella Ben-Avraham ha esteso il raggio di competenza della censura dell’IDF, con una particolare attenzione alle pagine Facebook e ai blog che si qualificano come pagine di notizie o media. Alla fine del 2015 ha contattato decine di queste pagine Facebook ( compresa quella di +972 Magazine) ed ha inviato loro un ordine militare di censura chiedendo di presentare i materiali importanti prima della pubblicazione.
Ora è evidente che la politica aggressiva di Ben-Avraham non si limita a chiedere di sottoporle i materiali. L’attuale ufficio censura dell’IDF si è anche attivato per cercare di rimuovere, in parte o totalmente (i dati che abbiamo ricevuto non fanno distinzione) materiali che sono già stati pubblicati.
Tra il 2011 e il 2013 la censura dell’IDF ha chiesto la cancellazione di materiali già pubblicati, mediamente 9, 19 e 16 volte al mese, e 37 volte al mese nel 2014 (durante la guerra). Nel 2015, un anno in cui non ci sono state guerre, la censura dell’IDF ha contattato gli editori mediamente 23 volte al mese con richieste di eliminazione di contenuti già resi pubblici. Finora nel 2016 (fino ad agosto) questo numero è salito a una media di 37 volte al mese, lo stesso numero che durante la guerra, o, in altre parole, con una frequenza di circa 2 volte superiore rispetto al 2012.
Il censore ha anche rivelato che tra il 2014 e il 2016 circa 9.500 files degli Archivi di Stato riguardanti la sicurezza nazionale sono stati sottoposti a controllo. Secondo il censore, circa lo 0,5% di questi documenti sono stati parzialmente o totalmente censurati. Non è chiaro quanti singoli documenti fossero contenuti nei 9.500 files.
L’ufficio della censura dell’IDF, in risposta alle nostre domande, ha affermato di non avere mai interpellato servizi di notizie on line o media di parti terze (come fornitori di servizi internet o piattaforme di social media) per cercare di far eliminare informazioni pubblicate nonostante i tentativi di censura. Tuttavia le autorità di Israele utilizzano altri metodi di controllo del flusso di informazioni e di censura online, anche quando queste informazioni non sono state pubblicate da una persona sotto giurisdizione israeliana, come è stato riportato su +972 all’inizio di quest’estate.
In quel caso, come in molti altri, lo Stato ha utilizzato un altro sistema per bloccare la pubblicazione di informazioni che intendeva rimanessero segrete – ordini giudiziari riservati. Gli ordini riservati sono emessi da giudici, spesso senza molte discussioni e quasi sempre senza tenere alcun conto dell’interesse dell’opinione pubblica a saperlo. Il numero e la frequenza degli ordini giudiziari riservati in Israele sono aumentati notevolmente negli ultimi anni.
Il numero di questi ordini emessi dai tribunali israeliani è più che triplicato negli ultimi 15 anni, secondo una ricerca che verrà presto pubblicata condotta da Noa Landau, giornalista dell’edizione inglese di Haaretz, durante una borsa di studio presso il “Reuter Institute” di Oxford lo scorso anno. Raccogliendo dati della polizia israeliana, del sistema giudiziario, dell’esercito israeliano e di Haaretz, Landau ha scoperto che, solo negli ultimi 5 anni, il numero di richieste in base ad ordini riservati è aumentato del 20% circa.
Così, mentre il censore dell’IDF – con l’eccezione del periodo di guerra – sta mantenendo l’uso dei propri poteri a livelli che rimangono relativamente costanti, e in una certa misura persino riducendoli, le autorità israeliane hanno trovato una scappatoia negli ordini giudiziari riservati.
Tuttavia la parte di informazioni che manca in questo quadro è l’autocensura. Quanto spesso giornalisti e redattori decidono da soli di non indagare, verificare o scrivere in merito ad argomenti sensibili perché ritengono che la censura militare o un giudice impediranno la pubblicazione del loro articolo? Quante vicende scompaiono semplicemente in questo modo ogni anno? Non lo sapremo mai.
Michael Schaeffer Omer-Man ha contribuito a questo articolo. Una versione in ebraico di questo articolo è comparasa anche su “Local Call”.
(traduzione di Amedeo Rossi)

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