Le
forze israeliane hanno ucciso quattro palestinesi, tra cui un 17enne,
presunti autori di tre accoltellamenti che hanno provocato il ferimento
di due soldati israeliani.
Gli episodi hanno avuto luogo nella
città di Hebron, allo svincolo di Gush Etzion (Hebron), e all’ingresso
dell’insediamento colonico di Ariel (Salfit). Dall’inizio del 2016,
attacchi e presunti attacchi palestinesi hanno provocato la morte di
quattro israeliani, di un cittadino straniero e di 45 palestinesi
(tutti, tranne uno, presunti responsabili di attacchi) [1].
In seguito ad uno degli attacchi di cui sopra, e fino alla fine del periodo di riferimento, le
forze israeliane hanno bloccato o predisposto checkpoints sulle strade
principali del villaggio di Beit Fajjar (Betlemme), dove i presunti
responsabili risiedevano; previa autorizzazione è stato consentito
l’ingresso e l’uscita solo ai casi umanitari e agli insegnanti. Il 17
marzo, le autorità israeliane hanno riaperto l’ingresso principale del
villaggio di Beit Ur At Tahta (Ramallah) che, a seguito di un attacco
palestinese, era rimasto chiuso dall’11 marzo; è stato così ripristinato
il normale collegamento tra altri cinque villaggi e la città di
Ramallah.
Il 15 marzo, un rifugiato palestinese
è morto per le ferite riportate a fine febbraio 2016, in scontri
scoppiati nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme), durante
un’operazione militare israeliana finalizzata a proteggere due soldati
israeliani che erroneamente si erano ritrovati all’interno del Campo.
Nel corso della stessa operazione era rimasto ucciso un altro
palestinese.
Le autorità israeliane hanno
consegnato il corpo di un palestinese sospettato di aver compiuto un
attentato a Gerusalemme Est nel mese di dicembre 2015. Il rilascio è
stato subordinato all’impegno, da parte della famiglia, di limitare a
30 il numero dei partecipanti ai funerali e al pagamento di 20.000 NIS [nuovo siclo israeliano, circa 4.660 euro],
quale garanzia per il rispetto di tale disposizione. Continuano ad
essere trattenuti dalle autorità israeliane i corpi di altri 14
palestinesi, sospettati di aver compiuto attacchi contro israeliani nel
corso degli ultimi cinque mesi.
Nei Territori palestinesi occupati
gli scontri con le forze israeliane hanno provocato il ferimento di 49
palestinesi, tra cui 10 minori. Sette dei ferimenti sono avvenuti
nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale, ed i
rimanenti in Cisgiordania. Circa il 63% delle lesioni sono state causate
da inalazione di gas lacrimogeno richiedente un trattamento medico; le
rimanenti da proiettili di gomma, armi da fuoco ed aggressioni fisiche.
Nella zona di Betlemme e di Gerusalemme Est cinque episodi di lanci di pietre [da parte palestinese] hanno
causato il ferimento di due coloni israeliani e danni al veicolo di un
colono, ad un autobus e ad una carrozza della metropolitana leggera.
Nel villaggio di Duma (Nablus) una
casa è stata data alle fiamme: lesi due coniugi per inalazione di fumo e
inagibile, per gli ingenti danni, la loro casa. L’uomo ferito è
l’unico testimone oculare dell’attacco incendiario avvenuto, nello
stesso villaggio, nel luglio 2015, quando persero la vita tre membri
della famiglia Dawabsheh (un colono israeliano accusato di quell’attacco
è attualmente sotto processo). Secondo fonti palestinesi, anche
l’incendio doloso di questa settimana è stato effettuato da coloni
israeliani; tuttavia, la polizia israeliana, che ha aperto un’indagine
sul caso, ritiene improbabile che l’attacco sia opera di coloni. Ancora
in questa settimana, nei governatorati di Ramallah e Nablus, due veicoli
palestinesi hanno subito danni per lanci di pietre da parte di coloni
israeliani.
Per la mancanza di permessi di
costruzione israeliani, le autorità israeliane hanno demolito 20
strutture, o costretto i proprietari ad autodemolirle: coinvolte 73
persone, tra cui 33 rifugiati. La metà di queste strutture si
trovavano nel governatorato di Gerusalemme (la maggior parte in
Gerusalemme Est), tre nel governatorato di Betlemme, sette nel
governatorato di Nablus. Inoltre, nella città di Hebron, le forze
israeliane hanno chiuso con ordine militare un negozio di verdura
appartenente al sospetto autore di una sparatoria avvenuta nel marzo
2015, mentre in Khallet Hijeh e Beit Fajjar (Betlemme) hanno requisito
macchinari e veicoli per lavori non consentiti in Area C.
L’8 marzo, le autorità israeliane,
con l’obiettivo dichiarato di regolarizzare centinaia di unità abitative
di un insediamento colonico costruito senza autorizzazione, hanno
annunciato l’aggiornamento dei confini riportati in una precedente
dichiarazione di “terra di stato”, in una zona in cui già si trova
l’insediamento colonico di Eli. La dichiarazione si riferisce a
circa 220 ettari di terra in Al Lubban ash Sharqiya, As Sawiya e Qaryut
(Nablus). In un altro caso, in Area C, nei pressi del villaggio di
Jayyus (Qalqiliya), le autorità israeliane hanno sradicato e sequestrato
150 alberi, rivendicando la zona come “terra di stato”. Nell’Area C
della Cisgiordania, quasi tutta la “terra di stato” è stata posta sotto
la giurisdizione degli insediamenti israeliani.
Durante il periodo di riferimento il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni.
Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24
ottobre 2014 ad eccezione di 42 giorni di aperture parziali. Le autorità
di Gaza hanno segnalato che sono registrati e in attesa di attraversare
oltre 30.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 malati.
[1] I totali includono un
passante palestinese 17enne, ma non comprendono tre israeliani uccisi in
Israele in un attentato perpetrato da un cittadino israeliano di
origine palestinese, che è stato successivamente ucciso.
Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)
Secondo le prime notizie dei media, il 24 marzo, nella
città di Hebron, due palestinesi hanno accoltellato e ferito un soldato
israeliano e sono stati successivamente uccisi dalle forze israeliane.
Il 23 marzo, nella comunità di
Khirbet Tana (Nablus) in Area C, per mancanza dei permessi di
costruzione, le autorità israeliane hanno demolito 53 strutture, di cui
22 abitazioni. Dall’inizio di febbraio questo è il terzo caso di demolizioni che coinvolge questa comunità.
Tra il 23 ed il 27 marzo, a motivo di
una festività ebraica, le autorità israeliane hanno sospeso l’ingresso a
Gerusalemme Est e in Israele ai palestinesi titolari di permesso, fatta eccezione per i casi umanitari e per i dipendenti delle Nazioni Unite e delle Organizzazioni Non Governative (ONG).
þ
nota 1:
I
Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua
inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati
statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei
civili nei territori palestinesi occupati.
L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.
le traduzioni in italiano sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:
nota 2: in caso di discrepanze, fa testo la versione originale in lingua inglese. Nella versione italiana non sono riprodotti i
dati statistici ed i grafici.
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