Pubblicati i
risultati dell’inchiesta sul ferimento della giovane palestinese Israa Abed: la
polizia aprì il fuoco ma la donna non rappresentava un pericolo. Stamattina
ucciso un palestinese a Hebron, sale a 65 il bilancio delle vittime
palestinesi.
La 28enne
palestinese Israa Abed, ferita ad Afula dalla polizia il 9 ottobre 2015
AGGIORNAMENTI:
ore 13 –
SECONDO PALESTINESE UCCISO OGGI A HEBRON
A poche ore
dall’uccisione del 23enne palestinese Mahdi Mohammed Ramadan al-Muhtasib,
vicino alla Moschea di Abramo, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco vicino
la colonia di Beit Hadassah, nella Città Vecchia di Hebron, e ucciso un altro
palestinese. Anche in questo caso, i soldati hanno detto di aver reagito ad un
tentativo di accoltellamento di un militare.
Come
avvenuto stamattina, testimoni – tra cui il noto attivista palestinese Issa
Amro, presente sul luogo – hanno raccontato di non aver visto coltelli in mano
al palestinese ucciso. Sale a 65 il bilancio dei palestinesi morti dal primo
ottobre.
ore 12.45 –
PALESTINESE MUORE IN UN CHECKPOINT A GERUSALEMME
Un uomo
palestinese, il 52enne Nadim Shqeirat, residente nel quartiere di Gerusalemme
Est Jabal al-Mukabber è morto stamattina per un attacco di cuore e la lentezza
dell’ambulanza ad arrivare a causa dei numerosi checkpoint posti intorno alla
zona. I soccorsi palestinesi sono arrivati troppo tardi a causa dei controlli
della polizia israeliana, mentre i medici israeliani si sono rifiutati di
entrare nel quartiere.
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della
redazione
Gerusalemme,
29 ottobre 2015, Nena News – L’ennesima uccisione. Stamattina un 23enne palestinese è morto dopo
essere stato colpito dal fuoco dell’esercito israeliano vicino alla Moschea di
Abramo ad Hebron. Sale così a 20 il numero di palestinesi uccisi nella città a
sud della Cisgiordania e a 64 il bilancio totale delle vittime palestinesi dal
primo ottobre. Undici i morti israeliani.
Secondo un
testimone che ha parlato con l’agenzia stampa Ma’an News, un soldato avrebbe
colpito il giovane alle spalle,per poi mettere un coltello vicino al suo corpo. Un altro ha raccontato di aver
visto il ragazzo correre per poi essere colpito. Diversa la versione
dell’esercito, secondo il quale il palestinese voleva accoltellare un militare.
Subito sono
scoppiati scontri nella zona, come avviene ormai da un mese ad Hebron e in
tutti i Territori Occupati. A preoccupare è l’altissimo livello di paranoia e
paura che sta avvolgendo il paese. Sono sempre più numerose le accuse rivolte
alle forze militari israeliane di uccidere impunemente palestinesi accusandoli
poi di voler compiere attacchi contro civili o militari.
Accuse che
tornano in auge dopo i risultati dell’inchiesta – pubblicati ieri dal Ministero
della Giustizia israeliano – sul ferimento della giovane palestinese Israa Abed, 28 anni, residente a Nazareth,
colpita il 9 ottobre scorso dalle pallottole della polizia nella stazione degli
autobus di Afula, città a nord di Israele. Secondo la polizia, aveva in mano un
coltello e aveva intenzione di compiere un’aggressione. Una serie di video
girati dai presenti la mostrano in piedi circondata da poliziotti, con le mani
alzate, prima di venir colpita più volte.
Ieri il
Ministero ha ammesso che la donna non intendeva compiere alcun attacco, ma
intendeva farsi sparare. Secondo il governo, infatti, la donna soffrirebbe di
depressione a causa del divorzio e avrebbe finto di essere pericolosa per farsi
uccidere. Che si tratti di un’aspirante suicida o no, la reazione della
polizia ha superato il limite: la donna non rappresentava alcun pericolo.
“La polizia
ha provato quello che dicevamo fin dall’inizio – ha detto alla stampa il padre,
Zeidan Abed, dopo la chiusura dell’inchiesta – Israa è una donna che ha
studiato, che vuole servire la sua comunità e non voleva ferire nessuno”.
Secondo Channel 2, emittente tv israeliana, i quattro poliziotti che le
spararono saranno sottoposti ad indagine interna.
Nell’assenza
della politica le violenze proseguono. I giovani palestinesi, in prima fila
nella sollevazione contro l’occupazione israeliana, non hanno – né vogliono –
sostegno da parte dei partiti politici che per anni li hanno ignorati. In ogni
caso, è palese l’incapacità della leadership palestinese a gestire gli eventi,
schiacciata tra la necessità di mostrarsi come cane da guardia dello status quo
e il migliore dei partner per la pace e il bisogno di avvicinarsi di nuovo alla
base.
L’Autorità
Palestinese non sa come muoversi e allora cerca di agire dentro la comunità
internazionale: ieri il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, da Ginevra ha
chiesto all’Onu di creare un regime speciale per la protezione del popolo
palestinese. “Un intervento forte e decisivo, un regime speciale di
protezione internazionale”, ha detto Abbas aggiungendo di non voler più perdere
tempo con negoziati fini a se stessi senza che si ponga fine all’occupazione.
L’intervento
di Abbas segue all’annuncio dell’Organizzazione per la Liberazione della
Palestina di pochi giorni fa: Olp e Lega Araba stanno lavorando ad una risoluzione da presentare al Consiglio di
Sicurezza Onu per il ritiro israeliano dai Territori Occupati entro 12 mesi. Nena News
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