Erano nemici in Siria e ora condividono la stessa nave verso l’ignoto
Un
attivista ferito dell’opposizione, un giovane curdo disincantato e un
lealista del regime in Siria si ritrovano sul traghetto che viaggia nel
Mar Egeo
arabpress.eu
Di Serene Assir. Your Middle East (22/08/2015). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo.
Tre siriani, diversi, ma letteralmente
sulla stessa barca diretti verso un futuro sconosciuto. Jalal, che ha 38
anni e viene dalla città di Daraa dove un sollevamento pro-democrazia
ha avuto inizio nel 2011, fuma una sigaretta sul ponte mentre scende la
notte. Dice di aver incontrato dei sostenitori del regime di Bashar
al-Assad nel viaggio spesso pericoloso dalla Turchia a Kos, un’isola
greca che sta fronteggiando un massivo afflusso di profughi. “Cerco
di non parlare di Siria con loro perché so che non saremmo d’accordo”,
ammette, gli occhi stanchi per le notti all’addiaccio. Jalal, che parla
turco fluentemente, vuole andare in Germania dove spera di trovare
lavoro all’interno della grande comunità turca. I suoi occhi si
riempiono di lacrime mentre alza la sua maglietta per mostrare la
cicatrice di uno sparo. “Mia sorella è stata uccisa da un cecchino
dell’esercito. Anch’io sono stato colpito, ma sono sopravvissuto”, dice.
“La guerra è come questa nave. Non posso scendere e fermarla. La
situazione in Siria è più grande di noi ora”, aggiunge, guardando
l’orizzonte mentre l’enorme traghetto naviga contro vento.
Parrucchiere dagli occhi azzurri, Tony,
40 anni, viene da un’area di Homs controllata dal regime e anche lui
vuole andare in Germania. Lui e Jalal devono essersi incontrati prima;
sanno di sostenere fazioni opposte nella guerra. Per un momento i loro
occhi si incrociano, ma velocemente si distolgono l’uno dall’altro senza
batter ciglio. “Mia moglie viveva costantemente nel terrore. Ci sono
autobombe e gli uomini armati (i ribelli) ci bombardano di continuo”,
dice Tony, a cui piace la provenienza di Assad dalla minoranza religiosa
alawita. Come Jalal, un sunnita, Tony ammette che “non c’è accettazione
dell’altra fazione in Siria in questo momento”. “Per me non c’è mai
stata alcuna rivoluzione”, dice, facendo eco alla retorica del regime.
Jalal sembra più disposto ad ascoltare
Nechirvan, un ventenne curdo-siriano della città di Qamishli che è
fuggito perché si rifiuta “di diventare una pedina nella guerra. La mia
vita è più importante di questo”. “Ognuno in Siria vuole reclutarti”,
dice Nechirvan. Ma quando iniziano a discutere della questione curda, la
tensione sale. “Per centinaia di anni il nostro sogno è stato creare
uno Stato curdo indipendente”, afferma Nechirvan. “Bene, ma perché non
avete aspettato la caduta del regime prima di fare la vostra
dichiarazione di Stato?” chiede Jalal con evidente rabbia.
Non c’è solo rabbia sul traghetto. Ma
anche amore. A bordo c’è Rana di Damasco, che la scorsa settimana ha
sposato Mohamed, un siriano-palestinese di 38 anni che vive a
Copenhagen. La coppia, che si è conosciuta online, ha sostenuto la
rivolta in un primo momento seppur non prendendo mai parte a nessun
attivismo. “Ora non sono con nessuno. Voglio solo un futuro”, dice la
bionda Rana dagli occhi nocciola, 26 anni. Crede che la rivolta sia
fallita perché “il popolo non era unito”. Per Rana, che ha sposato suo
marito senza troppe fanfare nell’isola greca di Rodi, il viaggio in
traghetto è una “sorta di divertente luna di miele”. “Racconterò questa
storia ai figli dei miei figli”, sorride.
Poco dopo l’alba il traghetto attracca al
porto di Atene. Tony prende un autobus con degli amici per Salonicco,
da cui si dirigeranno verso il confine con la Macedonia nel tentativo di
raggiungere la Germania. Rana e suo marito si fermano in un hotel per
riposarsi qualche ora. Jalal aspetta un piccolo prestito di un parente
in un bar in stile arabo in piazza Omonia. “Stai andando da qualche
parte? Ti posso portare in qualsiasi posto”, grida un uomo siriano. Nel
caffè, una scritta esclusivamente in arabo offre un numero di telefono
per trasporti: “Ufficio per viaggi turistici per Salonicco, Macedonia,
60 euro”.
Serene Assir è una giornalista che scrive di Siria e Libano da Beirut.
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