Nel ’44 Toaff venne salvato da un portiere d’albergo di Città di Castello

 
 
 
 
 
Elio Toaff era dal 1999 cittadino onorario di Città di Castello, ultimo testimone del filo rosso che da secoli lega tifernati e comunità ebraica. Il sindaco tifernate Luciano Bacchetta in una lettera inviata alla Comunità ebraica di Roma nei giorni scorsi ha espresso vicinanza “per la perdita di un…
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Elio Toaff era dal 1999 cittadino onorario di Città di Castello, ultimo testimone del filo rosso che da secoli lega tifernati e comunità ebraica. Il sindaco tifernate Luciano Bacchetta in una lettera inviata alla Comunità ebraica di Roma nei giorni scorsi ha espresso vicinanza “per la perdita di un fautore del dialogo e della convivenza in un frangente internazionale in cui le contrapposizioni ideologiche sembrano riacquistare vigore e proseliti”. Così Città di Castello ha salutato Elio Taoff, morto a 99 anni domenica scorsa. Il rapporto fra il rabbino e la città era profondissimo, perché durante la Shoa, Città di Castello nascose e protesse dalla deportazione nazista, Elio Toaff, uno dei molti ebrei che i tifernati salvarono dai campi di sterminio.
La storia che lega Toaff a Città di Castello risale a 71 anni fa, nell’ inverno del 1944, quando un treno proveniente dal sud dell’Umbria si fermò a Città di Castello e, a causa di un guasto, non ripartì più. Dentro quei vagoni c’era Elio Toaff con la sua famiglia. Quello che sarebbe stato il futuro capo della comunità ebraica di Roma era già ricercato dalla polizia politica e stava tornando nella sua città natale, Livorno, ma si ritrovò bloccato alla stazione tifernate. Con la moglie e il figlio Ariel andarono verso l’albergo Tiferno. All’ingresso c’era lo storico portiere Sante Bernardini al quale chiese una camera. Ma l’albergo era pieno. Il portiere così ospitò la famiglia in una cameretta. La notte successiva l’albergo fu oggetto di una perquisizione: Santino guidò la ronda armata nelle stanze dell’albergo evitando il nascondiglio di Toaff. Il giorno dopo la famiglia ripartì, sana e salva.
Ricordando la statura umana e morale del rabbino capo, il sindaco Bacchetta ha sottolineato come “gli episodi della storia sono il riflesso di una comunanza di valori e di sentire, che stiamo mantenendo e trasmettendo alle nuove generazioni, attraverso l’esempio di persone che come Elio Toaff seppero lavorare ad una prospettiva di pace duratura. Con questo spirito Città di Castello e la Comunità ebraica di Roma hanno piantato qualche anno fa l’ulivo in memoria di un altro grande e coraggioso tifernate, mons. Beniamino Schivo, giusto delle nazioni. Con questo spirito oggi ricordiamo Elio Toaff, testimone dell’orrore dell’uomo ma anche del suo riscatto”.

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