Quel che aspettano a Yarmouk


 Il 21 giugno scorso è stato firmato e diffuso un accordo condiviso tra le parti per rendere “neutrale” (tahid) il campo di Yarmouk: non permettere l’accesso a musallahin (persone armate), non esporre il campo ad alcuna operazione militare (‘aml ‘askariyy) e soprattutto riaprire le strade principali in modo che la gente possa tornare. Questi sono solo tre degli 11 punti previsti dall’accordo, ma quello che m’interessa qui è parlarne attraverso qualcosa che mi ha toccata più di tutto: le reazioni degli abitanti sia all’interno che all’esterno di Yarmouk.
Manca un punto fondamentale nell’accordo, espresso più volte dagli abitanti: non è prevista alcuna tutela degli attivisti che hanno lavorato a fianco delle persone che hanno vissuto sotto assedio.
Non so cosa succederà e onestamente per ora ho timore di chiedermelo: si può solo aspettare. Ma ciò che sin da ora so per certo è che continuerò a provare a cogliere i segnali che Yarmouk continua ad inviarci. Perché come scrivono sui suoi muri i suoi ragazzi la sawt ya’law fawqa sawt al-mokhayyam, nessuna voce sovrasta la voce del campo. Quelle che ho raccolto in quest’occasione, forse, ve ne offriranno un’altra splendida prova.
I commenti relativi alla tregua sono stati espressi tutti tra il 20 ed il 26 giugno.
piazza Abo Hashish, "il più bel campo di calcio al mondo" (foto Yarmouk Camp News)
piazza Abo Hashish, “il più bel campo di calcio al mondo” (foto Yarmouk Camp News)
Pochi giorni prima dell’accordo si sognava così tra i mondiali da Yarmouk
“[Il campo] non ha bisogno della Coppa del Mondo: piazza Abo Hashish è il più bel campo di calcio per i ragazzi [è un pezzo di strada che si presta bene alle partite di pallone]. Da quando se ne sono andati non c’è nessuno al caffé che li cacci via e la palla non finisce nella piccola drogheria di Ahmad al-Loubani. Anche se loro sperano che quei giorni tornino…” (Mokhayyam al-Yarmouk News, 13 giugno).
Il coro di Yarmouk, dal campo
Speriamo che la gente torni, ritornino i taxi [riferimento alla foto con un taxi in disuso] e con loro la meravigliosa vita che riempiva questi vicoli di Yarmouk. Speriamo che la tristezza e le preoccupazioni si plachino in presenza della nostra gente sfollata in diverse parti del mondo.
I ragazzi del coro di Yarmouk
I ragazzi del coro di Yarmouk
“Sfollati, tornate, il viaggio è durato troppo – Noi siamo le braccia di Yarmouk e non prenderemo alcun altro luogo come casa” (tratto da una canzone interpretata dal coro).
Anas Salameh (Collettivo artistico “Palestina”)
L’inizio della tregua nel campo di Yarmouk  proprio mentre ha inizio la guerra in Palestina. (in riferimento a quanto stanno subendo i palestinesi in Cisgiordania come a Gaza, da parte delle forze israeliane: uccisioni, ferimenti, attacchi aerei, arresti e soldati che vanno casa per casa dopo la scomparsa di tre giovani coloni. Leggetene di più, qui in inglese).
Ayham Hamada (Collettivo artistico “Palestina”)
Cerco la speranza. Davanti a noi non c’è altra soluzione se non sperare.
Hani Abbas, vincitore del Press Cartoonist Award 2014
Hani Abbas, in cui la "Neutralità" diventa l'espressione di tutti i colori
Hani Abbas, in cui la “Neutralità” diventa l’espressione di tutti i colori
Tra poco la gente del campo tornerà ad incontrarsi nel campo
Chi prima era assediato racconterà la sua vita di dolore a chi prima era sfollato
Chi prima era sfollato racconterà la sua vita di pena a chi prima era assediato
Si scambieranno il dolore e la pena e getteranno uno sguardo alla speranza
La speranza è di tornare tra la nostra gente di nuovo
La speranza è che la pace giunga a tutti
La speranza è di proteggere tutti i giovani volontari che sono rimasti saldi e hanno aiutato e assicurato le cure, l’insegnamento e i servizi alla nostra gente sotto assedio
La speranza è che tutto proceda per il meglio nei prossimi giorni
Grazie a tutti quelli che si sono fermati accanto alla gente del campo
Persone, gruppi, fondazioni
E a tutti quelli che hanno cercato ciò che c’è di meglio nella nostra gente
Serenità per tutti e misericordia per i martiri
La madre di Hassan Hassan, attore ed attivista ucciso sotto tortura nelle carceri del regime siriano
Stanno dicendo che hanno firmato una tregua nel campo e che la gente tornerà e ci sarà una riconciliazione con chi era armato e che libereranno i prigionieri. Bene davvero, ma Ahmad, Iyas, Khaled dove sono? Tu dove sei? Ti prego se mi stai sentendo, rispondimi: Dove sei?
Shadia, Abdallah, Niraz: tre dei migliori attivisti del campo
Shadia, dal campo
Nel campo abbiamo un proverbio che dice:
Il sangue non diventa acqua ed il primo proiettile uccide la prima persona che è rimasta ben salda nella sua fermezza.
So che uscire dalla Siria è molto difficile e ti senti orribile come se stessi tradendo la causa palestinese, la gente, i martiri, ma partire è diventato necessario.
La nostra lotta va nella direzione di una conoscenza, non di possedere tutte le scienze possibili, ma di acquisire abbastanza conoscenza.
Una conoscenza reale, con la quale saper costruire il nostro futuro.
E avviare una rinascita (nahda) come le persone normali che era impossibile avviare prima di questo, mentre gli altri mandavano all’aria tutti i tuoi sforzi.
A volte sento di dover morire perché ne ho abbastanza, ma poi torno a ripetermi che è ancora presto per morire. Io parlo così perché non c’è nulla che io abbia lasciato intentato. Parlo così perché questo è il risultato di ciò ci sono arrivata dopo il lavoro, la ricerca e il mio correre per il campo.
Mio fratello Ahmad non è morto da martire perché gli altri lo vendessero o lo tradissero. Abbiamo perso già abbastanza, e forse stiamo perdendo perché siamo troppo ingenui.
Parlo così non perché sono disperata come mi hanno detto, ma perché questa una consapevolezza. Una consapevolezza nella dimensione della nostra lotta e del suo periodo. Una consapevolezza di quanto davvero siamo stati testimoni della questione da angoli più stretti della cruna di un ago.
Ieri, 26 giugno, a Yarmouk si ballava la dabka
Ieri, 26 giugno, a Yarmouk si ballava la dabka (foto diffusa da Mokhayyam al-Yarmouk News)
D’ora in poi voglio pensare a come crescerò i miei figli rispetto a questo conflitto  i cui prossimi round non saranno coi nostri Paesi arabi che c’hanno deluso, ma con la gente che non può fare nulla e che alla prima parola improvvisa una danza e si mette a ballare la dabka (la danza tipica).
Parlo di lasciare la Siria ma so che non lo farò, perché mi conosco.
L’importante è che oggi è stato firmato l’accordo per la tregua, a penna blu.
Abdallah, dal campo
A nome degli attivisti della società civile nel campo di Yarmouk – in campo medico, dei media, di assistenza e di educazione – chiediamo alle parti che stanno negoziando all’interno del campo di aggiungere un punto ai punti dell’accordo di neutralità. Un punto che riguardi il togliere dalla lista nera gli attivisti e permettere loro di seguire la loro vita normale (partire, studiare, lavorare) dentro e fuori la Siria.
Sapendo che loro hanno svolto solo il proprio dovere verso il loro popolo palestinese e siriano nel campo senza aspettarsi nulla in cambio.
Che sia chiaro: Parlo a nome degli altri attivisti, non per me, io non mi metto nella stessa richiesta. Sappiamo già che sono innocenti e loro meritano che alziamo la voce perché siano al sicuro.
(in seguito alle parole diffuse dalla madre di Hassan Hassan): La madre di Hassan fa una domanda? E voi, tutti voi, rispondetele: Dov’è mio figlio Hassan, dov’è Khaled, dov’è Mounir, dov’è Ahmad, dov’è Iyas? Non scappate tutti dalla risposta, ditelo: “Ci dispiace per questo”.
Non può esserci una reale garanzia per una sostanziale neutralità del campo di Yarmouk – né da parte del regime né da parte dell’opposizione – se non si permette alla collettività tutta di tornare nel campo. Altrimenti sarebbe come se stessimo giocando a nascondino.
Niraz, dal campo
Non voglio scocciare la gente felice per la firma dell’accordo…
Ma sapete che quest’iniziativa non comprende i requisiti minimi della serenità e delle garanzie per gli attivisti. E gli attivisti sono quella stessa gente disarmata. E sono quelli che si sono messi il campo sulle proprie spalle per un anno e mezzo.
Sono quegli stessi attivisti dei media, del soccorso umanitario, dei medici e degli operatori ecologici, degli insegnanti ed educatori dei bambini.
Sono gli stessi che hanno sofferto e continuano a soffrire da entrambe le parti (il regime e l’opposizione). Gli attivisti oggi sono il capro espiatorio del campo (questo è quel che vedo io). Gli attivisti non possono lasciare il campo e non possono restare nel campo.
Congratulazioni al nostro popolo per la firma dell’accordo, ma un’ultima cosa:
Abbiamo lasciato nel campo il meglio di noi: i nostri attivisti.
Che vi chiediamo di trattare per il meglio.
Maher al-Jaja, attivista di Yarmouk arrestato in modo arbitrario (foto diffusa da Yarmouk Camp News)
Maher al-Jaja, attivista di Yarmouk arrestato in modo arbitrario (foto diffusa da Mokhayyam al-Yarmouk News)
E a proposito di attivisti, ecco la storia di Maher al-Jaja, riportata oggi da Mokhayyam al-Yarmouk News
Maher al-Jaja, uno dei più importanti volontari del campo di Yarmouk che hanno dedicato il proprio operato e profferto il loro aiuto alle persone sfollate nel campo per due anni.
Maher… Il suo arresto si è svolto in modo arbitrario quando le forze di sicurezza hanno assaltato il centro d’alloggio in cui Maher era volontario, pur sapendo che non è affiliato a nessuna parte ed il suo primo ed unico interesse era aiutare le persone sfollate.
Maher è ancora in prigione dal 22 settembre 2012.
E adesso… Decine di attivisti dell’assistenza umanitaria, di quella medica e dei media nel campo di Yarmouk che hanno lavorato in modo imparziale per attutire gli effetti della catastrofe e dell’assedio non hanno alcuna garanzia in questa attuale tregua che li tuteli dalla prigione.
Perché…?
Lega Palestinese per i Diritti Umani in Siria (PLHR/Sy)
Oggi (21/06/2014) è stato firmato un accordo per la “neutralità” del campo di Yarmouk rispetto al conflitto in corso in Siria e si attende l’attuazione dei punti dell’accordo nei prossimi giorni.
Finora l’accordo non comprende una questione molto importante: quella della protezione degli attivisti della società civile – chi presta soccorso umanitario, chi lavora nei media, chi opera per i diritti umani, chi offre assistenza medica – e non comprende neppure il far cadere le accuse che pendono su di loro senza alcuna prova.
Questi attivisti hanno sacrificato il proprio futuro ed alcuni di loro hanno sacrificato la propria vita per i cittadini. Sono stati una delle ragioni per le quali la vita nel campo di Yarmouk è continuata in un assedio durato 11 mesi. Per questo bisogna premiarli e non mettere le loro vite in pericolo.
Dunque, chiediamo alle parti che supervisionano la messa in pratica dell’accordo di garantire la quiete di questi attivisti. Chiediamo inoltre alle organizzazioni internazionali coinvolte di intervenire per proteggerli e riteniamo responsabile per la compromissione del loro stato chiunque ignori il loro diritto alla vita dopo tutto ciò che hanno compiuto.
Musaab dagli Stati Uniti
La responsabilità di proteggere gli attivisti del campo è una responsabilità di tutti noi. Più di 20 attivisti sono stati uccisi dal MiG, dai colpi di mortaio e noi non abbiamo potuto fare nulla. Quelli che sono ancora vivi sarà meglio non compiangerli con un post su Facebook: cerchiamo, semmai, di proteggerli.
Nidal Bitari dagli Stati Uniti
Quando il campo sorride le grandi città aggrottano le sopracciglia: è una teoria, non un verso poetico.
Chi ha un’altra soluzione per Yarmouk – per fermare le uccisioni, il bagno di sangue e la fame, che la proponga oppure taccia.
Gli attivisti a Yarmouk sono protetti dalla tregua e senza la tregua: protetti, anche, dall’arma della tregua, visto che ogni azione contro di loro rovinerebbe la tregua stessa.
La tregua a Yarmouk è diversa dalla resa di Homs: i combattenti non lasceranno il campo, resteranno con le loro armi, poseranno solo le armi pesanti (che non hanno) e rimarranno all’interno ed intorno al campo per proteggere la tregua.
I civili non sono stati e non saranno costretti a lasciare il campo come successo a Homs, e nel campo si tratta di una tregua tra due parti, non di una resa.
La gente del campo dovrebbe sapere che alcuni Paesi occidentali ed altre parti politiche dell’opposizione siriana non stanno accogliendo questa tregua. Si tratta di una tregua che rappresenta una frattura tra la tutela delle vite umane, il ritorno della gente, la difesa del diritto al ritorno in Palestina oppure sfollare e continuare ad uccidere il resto dei palestinesi in Siria.
Si tratta di una tregua che è una vera guerra con gli israeliani e con chi stringe loro le mani dentro e fuori dalla Siria in Europa e negli Stati Uniti.
Mokhayyam al-Yarmouk News
La gente del campo ha pulito e ha lavorato per ciò che doveva fare. E dopo aver pulito si sta ora preparando a ricevere le famiglie che rientreranno.
Non deludetela e non datele false, vuote speranze.
La gente è stata paziente e ben salda per un anno e mezzo e tutti voi ora dovete essere clementi con queste persone e stare dalla loro parte.
Yarmouk sta aspettando i suoi figli.

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