Comunità cattoliche di lingua ebraica in Israele: kehillot
Dalla Comunità cattolica di Gaza
allegato: sito dei cattolici israeliani:www.catholic.co.il
Ho passato una bella settimana con i bambini delle kehillot (le comunità cattoliche di lingua ebraica sparse per Israele) con i quali abbiamo fatto il campo estivo (questo vuol dire la parola ebraica “keitanà” che ho messo nel titolo) a Deir Rafat, il monastero dedicato a Maria regina della Palestina, vicino a Beit Shemesh, a circa 30 km da Gerusalemme. E’ stata una esperienza molto interessante. Il gruppo era molto vario, 41 bambini provenienti da famiglie e paesi molto diversi fra loro: russi, sudanesi, filippini, libanesi, ivoriani, ungheresi ecc. P. David mi aveva assegnato le lezioni di “arte” della mattina durante le quali abbiamo fatto una piccola icona incollata dell’ultima cena.Il tema del campo era l’eucarestia e l’amicizia. Leggete l’articolo dettagliato direttamente sul sito ufficiale del vicariato ebreofono. Era forse dai tempi degli scout che non facevo tanti giorni di fila come “animatore”. E’ stato quindi un tuffo nel passato. Le attività erano già strutturate e preordinate, secondo uno stile un po’ diverso da quello scout. Il rapporto con i bambini e gli altri membri dello staff è stato molto bello e profondo. Particolarmente bella la presenza intorno a noi, nella messa e nel servizio a tavola, della suore di Betlemme, un ordine francese, sostanzialmente di clausura.Lasciamo raccontare alle fotografie che ho scattato, come fotografo del campo. Non ve le mostro tutte… per discrezione e delicatezza nei confronti di alcuni bambini vi propongo solo le miglioriקייטנה 2010
2 Il computo dei cristiani in Israele nel 2009 (g.c.) - È diventata ormai una consuetudine. In prossimità delle festività natalizie l'Ufficio israeliano di statistica pubblica i dati sui cristiani in Israele. Un'occasione per fare il punto su una presenza fragile e alle prese con numerosi problemi di carattere economico e sociale.Le statistiche dicono che al 2009 i cristiani in Israele sarebbero 154 mila, pari al 2,1 per cento della popolazione (7 milioni e mezzo di abitanti). La cifra non include i cristiani palestinesi che vivono nei Territori, ma considera coloro che risiedono a Gerusalemme Est. L'81 per cento di questi cristiani con cittadinanza israeliana è di lingua e cultura araba. Il restante 19 per cento (circa 30 mila persone) è costituito da immigrati dai Paesi dell'ex Unione Sovietica, ufficialmente registrati come cristiani, ma anche dalla minuscola comunità di cattolici ebreofoni radunati in quattro comunità nel Paese. Accanto a questa fetta di cristiani «non arabi» che vive stabilmente in Israele, vanno considerati i circa 300 mila immigrati dall'ex-Urss non ebrei inclusi in una speciale categoria definita «senza confessione». Molti di questi immigrati frequentano in maniera continuativa le parrocchie, specialmente quelle ortodosse.La gran parte dei cristiani (86 per cento) vive in città e il 70 per cento circa in Galilea, nel nord del Paese. Nazaret è oggi la capitale cristiana d'Israele, con 20.100 fedeli. Seguono Haifa (14.100), Gerusalemme (12.800) e Shefaram (9.100).Le statistiche dell'Ufficio governativo, prendendo in esame solo i cittadini israeliani, sottovalutano, di fatto, la presenza cristiana nel Paese. Ai 154 mila cristiani censiti, vanno infatti aggiunte le molte decine di lavoratori immigrati provenienti principalmente dalle Filippine, dall'Africa e dalla Romania. Ma anche i sacerdoti, i religiosi e le suore con passaporto non israeliano appartenenti alle varie Chiese e congregazioni religiose.Il computo dei cristiani in Israele nel 2009
I Cristiani in Israele , Palestina, Gaza e mondo arabo
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Padre Jaeger: per una diocesi ebreofona in Israele
(j.l.) - La Chiesa cattolica farebbe bene ad avere una «diocesi personale» per i cattolici di espressione ebraica in Israele, ha sostenuto il francescano David-Maria A. Jaeger nel suo discorso tenuto il 27 settembre, presso la sede dell'Università cattolica nella capitale statunitense. Il religioso, che ha esordito precisando di parlare puramente nella qualità «strettamente personale» di «credente e sacerdote cattolico, membro del popolo ebraico, nato in Israele, di madre lingua ebraica», ha esposto la sua convinzione che la presenza, all'interno della maggioranza ebreofona in Israele, di un «soggetto ecclesiale specificamente distinto» - come del resto accade in tutte le nazioni libere - sarebbe utile, non soltanto agli stessi fedeli ebreofoni, ma anche alla nazione, che non riesce attualmente a «sentire» la Chiesa nella propria lingua nazionale, e ai fedeli delle circoscrizioni vicine, di espressione araba, che cosi avrebbero fratelli-nella-fede all'interno della maggioranza dominante.Padre Jaeger ha aggiunto che si dovrebbe trattare di una «Chiesa particolare normale», così come se ne trovano in tutti i Paesi, scongiurando «pie fantasie» e «misticismi vari». A Terrasanta.net, il teologo ha poi spiegato di non vedere di buon occhio il collegamento di tale progetto «eminentemente e puramente pastorale» con teorie e speculazioni «poetiche» sulla «vocazione di Israele» o simili, che del resto rischerebbero di sconfinare nel politico. «Una Chiesa particolare, una diocesi», dice padre Jaeger, «non può essere espressione o veicolo di un'ideologia».La mancanza di un «soggetto ecclesiale» distinto, ha precisato il religioso, si nota specialmente in relazione alla «conversazione nazionale» in Israele, quando non c'è una voce autentica della Chiesa che intervenga apertamente nella discussione pubblica su temi, eticamente sensibili o altri, che interessino la nazione e la generalità dei cittadini, come la vita e la morte, i diritti dei lavoratori, la libertà dell'impresa e così via. «Non ci sarebbe nessun ostacolo in Israele perché ciò avvenisse» ha osservato Jaeger. Solo un «soggetto ecclesiale» veramente «impiantato nel suolo della vita nazionale ebreofona in Israele» potrebbe essere sufficientemente interessato alla vita della nazione ebraica in Israele, e in grado di diventare un normale partecipante a una conversazione pluralista».
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