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Speciale donne/ Iran. Storie dal braccio 209

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  Nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne raccontiamo cinque storie di prigioniere di coscienza in Iran: Nasrin, Bahareh, Masha, Jila e Shiva. Detenute nel ‘braccio 209’ del carcere di Evin, a Teheran, per aver avuto il coraggio di raccontare le violazioni dei diritti umani nel loro paese.  di Cecilia Dalla Negra*  La chiamano “l’Università di Evin”, per il numero di insegnanti e intellettuali dissidenti che vi sono stati rinchiusi nel corso degli anni, per aver osato sfidare il regime in Iran. È il carcere di Evin, a nord di Teheran, costruito nel 1972 ai piedi dei monti Alborz sotto il regno dello shah Mohamed Reza Palahvi . Sulla carta doveva essere un centro di detenzione temporaneo per i prigionieri in attesa di giudizio, che sarebbero stati poi dislocati verso altre carceri. Ma sin dalla rivoluzione del 1979 ha visto passare migliaia di detenuti politici, oppositori e prigionieri di coscienza tra le sue mura . Diventando tristemente no

Cisgiordania: Oltre 200 palestinesi arrestati in una settimana

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La tensione resta alta in Cisgiordania: 55 in manette solo ieri notte, raid notturni nelle principali città palestinesi. Con un bilancio finale di 100 feriti e tre morti. di Rossana Zena Betlemme, 22 novembre 2012, Nena News - La tregua è entrata in vigore. Da ieri sera le bombe israeliane non cadono più sopra la Striscia di Gaza . Ma la situazione resta tesa in Cisgiordania, teatro in questi giorni di manifestazioni di protesta in solidarietà con la popolazione gazawi.                                    Dal primo momento dell'aggressione militare contro Gaza, i palestinesi della Cisgiordania hanno espresso la propria piena solidarietà alla Striscia: la rabbia è forte, le immagini che arrivano da Gaza trasformano il rancore in violenza che si riversa contro il Muro e i posti di blocco israeliani. Nei social network, Facebook e Twitter, girano manifesti di unità nazionale che inneggiano a scendere nelle piazze per commemorare le vittime di Gaza. La resistenza popolar

La pace che verrà. Se verrà di

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  1  Dopo la furia delle Primavere arabe, la questione palestinese volutamente dimenticata torna al centro del Medio Oriente e della diplomazia globale. C’era sempre stata, sotto traccia: l’occupazione israeliana continuava, le colonie crescevano, Hamas si armava di razzi sempre più efficaci. Ma le rivolte di quella regione, la distrazione americana e la convinzione israeliana che il suo problema con la Palestina potesse essere rinviato all’infinito, l’avevano retrocessa a questione ipotetica.E’ una conseguenza di quelle Primavere, quantomeno di quella egiziana in buona parte realizzata (i 4,8 miliardi di prestito del Fondo Monetario Internazionale sono un atto di fiducia) se oggi si riparla di Stato palestinese. Con tutti i diritti di Israele in questo conflitto nel quale nessuno ha solo ragione né solo torto, non è ammissibile che non si trovi una soluzione al più antico dei conflitti ereditati dal passato: sopravvissuto agli imperi che hanno governato quella terra, alla Guerra Fredd

La dura verità di Gaza

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  SINTESI PERSONALE Articolo Qualunque cosa accada a Gaza  tutte le parti devono accettare alcune verità molto dure. In caso contrario  lo spargimento di sangue riprenderà, la rabbia e la frustrazione si diffonderanno  e la regione  sperpererà  la speranza e le potenzialità del fragile cessate il fuoco. Cominciamo con ciò che è, per una pubblicazione ebraica, una fondamentale convinzione: Israele dovrebbe avere il diritto di essere accettato come una nazione libera e per difendersi dagli attacchi. Questo non dovrebbe essere solo un valore ebraico, ma dovrebbe essere un valore abbracciato da tutti. Read more: http://forward.com/articles/166584/gazas-hard-truths/#ixzz2DG2Px1Aa Cominciamo con ciò che è, per una pubblicazione ebraica, una fondamentale convinzione: Israele dovrebbe avere il diritto di essere accettato come una nazione libera e per difendersi dagli attacchi. Questo non dovrebbe essere solo un valore ebraico, ma dovrebbe essere un valore abbracciato da tutt

Israele e l'asse sunnita di Nahum Barnea

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The Sunni axis/ Nahum Barnea  Sintesi personale Il cessate il fuoco negoziato al Cairo ha caratteristiche  multinazionali. C'era Hamas e il nuovo regime islamista dell'  Egitto.   Dietro  l'Egitto c'era la Turchia e  il Qatar. E sullo sfondo c'erano  i funzionari americani di più alto rango: il presidente Obama , con le sue  telefonate a Morsi ,  il segretario di Stato Clinton. Di fronte a loro il capo del Mossad, Tamir Pardo  e dietro di lui  il primo ministro Netanyahu. Tale onore non è mai stato concesso a Hamas , nemmeno durante i giorni dei negoziati per il rilascio di Shalit. Quando Hamas analizzerà i guadagni e le perdite dell' ultimo round di violenza, il riconoscimento internazionale dell'organizzazione sarà  in cima alla lista dei guadagni. Diplomaticamente  Hamas è uscito più forte da questa tornata di scontri  e l'esercito israeliano lo ammette . La questione è se questo sia un bene o un male per Israele. I negoz

Hebron :Qui i palestinesi resistono con la nonviolenza

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A sud di Hebron ho visto una luce nuova. Qualcuno che con umiltà prova a dire che il male si vince col bene 19 novembre 2012 - A. (volontaria italiana dell'Operazione Colomba in Palestina) La luce della nonviolenza   Siamo nei Territori palestinesi militarmente occupati da Israele, in Cisgiordania, a sud di Hebron. E’ un villaggio di pastori e contadini palestinesi che vivono coltivando la terra (lottando contro i sassi e la siccità) e allevando pecore. Questi  resistono con la nonviolenza  agli attacchi violenti di coloni nazional religiosi venuti a vivere qui negli anni '80. Da qui vedo chiaramente cose che prima mi erano, almeno in parte, nascoste da una propaganda politica e mediatica di cui non del tutto consapevolmente sono e siamo vittime. Demonstration in Susiya Autore: Operazione Colomba Fonte: http://www.operazionecolomba.it Chiudi La cecità la riconosco tutte le volte che abbiamo creduto che musulmano e fondamentalista islamico fossero la

L’attacco di Israele contro Gaza: tutt’altro che legittima difesa

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L’attacco di Israele contro Gaza: tutt’altro che legittima difesa  Jérome E. Roos – 23 novembre 2012 Chiedete a qualunque israeliano cosa ne pensi degli attacchi aerei su Gaza e – secondo un sondaggio di Haaretz – c’è un 84% di probabilità che vi risponda che i palestinesi se lo sono voluto; che gli attacchi mortali sono stati non solo giustificati bensì necessari per preservare la sicurezza dei cittadini israeliani. Che si è trattato di legittima difesa. Pungolati riguardo all’elevato numero di morti civili, in particolare le dozzine di bambini uccisi dalle incessanti incursioni missilistiche e dei bombardieri israeliani, la risposta è pressoché unanime: loro , i palestinesi, usano i civili come scudi umani. Non è colpa nostra se alcuni bambini si sono trovati in mezzo. A tutto martedì, 20 novembre, il Centro Palestinese per i Diritti Umani ha contato 136 morti (tra cui 91 civili) e 941 feriti (di cui 922 civili). Mercoledì 21, il giorno del cessate il fuoco, si è di