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E l’orchestra israeliana suona Wagner. Per la prima volta

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       Il tabù finisce martedì 26 luglio. Dopo settant’anni di divieti e di polemiche. L’Orchestra da camera israeliana suonerà le musiche di Wagner, il compositore tedesco antisemita esaltato da  Adolf Hitler  e boicottato dallo Stato ebraico. Lo farà per la prima volta in Germania, a Bayreuth, nella nuova edizione del “Wagner Festival”, a pochi passi da dove riposano i resti dell’uomo la cui musica veniva trasmessa in tutti i lager mentre migliaia di uomini venivano annientati perché ebrei. Non è stato facile arrivare a questa decisione. Le polemiche – scoppiate già a ottobre scorso – non sono mancate. E nemmeno le dichiarazioni di «disgusto» da parte dei sopravvissuti ai campi di concentramento. Molti di loro l’hanno addirittura considerata una pugnalata. «Ma è venuto il tempo di separare il pensiero di Wagner dalla sua musica», ha detto Roberto Paternostro, 54 anni, il direttore dell’orchestra, italo-austriaco di passaporto ed ebreo di religione. Paternostro sa cos’è stata

Akiva Eldar : colpa della politica la crisi immobiliare israeliana. La protesta dei giovani israeliani

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   sintesi personale    1 Le persone giovani che  manifestano  contro il  costo proibitivo degli affitti  dovrebbero chiedere ai loro genitori dove erano, mentre i politici stavano portando Israele  a questo punto . Non siamo scesi in  piazza quando Golda Meir ha voltato  le spalle  ad Anwar Sadat e al re Hussein. Siamo stati a casa quando Y itzhak Sham ir respingeva l'accordo di Londra con i giordani e i palestinesi. Non abbiamo protetto Yitzhak Rabin o gli accordi di Oslo. Siamo rimasti a guardare mentre Netanyahu cavalcava le onde scure del terrorismo , abbiamo creduto alla menzogna di  Ehud Bara k "non c'è partner" , abbiamo accettato  volentieri il ritiro di Ariel Sharon dalla striscia di Gaza, senza un accordo con i palestinesi, siamo rimasti passivi  dinanzi all'iniziativa di pace  araba di dieci anni fa. Negli ultimi 44 anni abbiamo inviato i nostri figli, e presto i nostri nipoti, a  proteggere un pezzo di terra che non è nostra. Nel 1970 abbiamo o

Utoya: una lettera di Igiaba Scego dal blog di Gad Lerner

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       Gad quando leggo le parole che scrivi mi sento accompagnata. Anch’io ho paura (tanto) di questa ultradestra anti-islamica, antisemita, anti-gay, anti-migranti, anti-vita, anti-tutto…quello che è successo in Norvegia è terribile. Un bacio grande ovunque tu sia e continua così c’è bisogno di te. Igiaba. PS: Ungheria, Finlandia, Francia, Svezia….i paesi dove le ultradestre sono cresciute…e si io voglio lottare, vigilare…ma dopo Utoya ho paura per me, per tutti. Continuiamo a chiamarlo pazzo quel criminale, ma non è un pazzo…era lucido crudele, aveva un obbiettivo. Ha colpito dove voleva colpire…al cuore della futura classe dirigente del partito laburista norvegese…quei ragazzi erano i ragazzi più politicamente motivati. Ora chi avrà il coraggio di fare politica attiva? Tutti usano questa parola “Pazzo” (tu no..e non sai quanto sia importante questo=…ma ecco io non ci sto! Starei molto attenta ad usare la parola psicopatico…matto…pazz? o. Allora anche Mahammad Ajmal Amir Qa

La strage in Norvegia? Per Feltri la colpa è delle vittime e informazione Corretta gli dà corda

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  MILANO - Incredibile ciò che è giunto a scrivere oggi nel suo editoriale Vittorio Feltri. Dopo aver cercato inutilmente di accusare direttamente l'Islam della strage di Oslo (su Libero e sul Giornale domenica campeggiava in prima pagina il fatto che si trattasse di una strage degli estremisti talebani, che volevano punire la Norvegia per la sua partecipazione alla guerra in Libia o per alcune vignette satiriche pubblicate su un quotidiano nazionale), poi di accusarlo indirettamente ("il razzismo e il multiculturalismo, quindi l'accoglienza degli islamici) sono due facce della stessa medaglia. Se si vuole eliminare il razzismo, basta eliminare il multiculturalismo", aveva scritto lo stesso Feltri), non restava che dare le responsabilità al singolo attentatore E invece no. Oggi il giornalista trova un altro colpevole: le vittime. Infatti, secondo Feltri, visto che sull'isola c'erano 500 persone circa, quando Breivik ha cominciato a sparare e ad uccidere, non

Abraham B. Yeoshua :Una proposta per far ripartire il negoziato e il riconoscimento dello Stato Ebraico

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  Alla ripresa dei negoziati tra Israele e i palestinesi si oppongono diversi ostacoli che non sono che una premessa di quelli che si riveleranno durante le trattative. Uno di questi è la richiesta che i palestinesi riconoscano Israele come Stato «ebraico», e che loro si rifiutano di soddisfare. Diamo un’occhiata a cosa si nasconde dietro tale richiesta, avanzata, credo, già all’epoca del governo Olmert. Se dietro a essa si nasconde il rifiuto di Israele di accogliere entro i propri confini i profughi palestinesi della guerra del ’48, perché girare intorno alla questione e non dirlo apertamente?   Ritengo che oltre il 95 per cento dei cittadini ebraici di Israele respinga fermamente questa eventualità, sia che i profughi del ’48 siano ora residenti in Cisgiordania e a Gaza, sia nei Paesi arabi. È chiaro infatti che non potranno tornare a fantomatiche «case» ormai inesistenti in un Paese per loro straniero, ma solo a una patria nella quale provino un senso di comune identità. Solo

Vivere in Palestina e a Gaza: video e testimonianze

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    VIDEO: Escalation of attacks by the Israeli navy on the CPS Gaza boat ISM 23 July -- Footage of the second water-cannon attack by the Israeli navy against the Civil Peace Service Gaza boat 'Oliva' on Thursday, July 14, 2011. The camera used was lost in the sea when the crew evacuated the 'Oliva', recovered in a fishing net, and returned on Wednesday, July 20. Land, property, resources theft & destruction / Ethnic cleansing / Apartheid Al Arakib: Sixty years and the struggle is just beginning / Adam Keller 23 July Al-Arakib [Al-Araqib] is a village in Israel, northeast of Beersheba. A village which does not appear on any map published in this country, a village whose existence the Government of Israel does not recognize and does all in its power to make sure that it would indeed no longer be there - and yet, in spite of all that the government can do, the village is very much alive. At just the moment that I write this, the children of Al-Arakib are very