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Luca Galassi : Israele, le armi tedesche

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   Nell'ambito della cooperazione militare con la Germania Tel Aviv perfeziona l'acquisto del sesto sottomarino tedesco in dieci anni  Nell'anno della prima intifada, il 1987, Israele si oppose con forza alla vendita di armi da parte della Germania ai Paesi arabi.  Secondo quanto riferiva il New York Times , il leit-motif della diplomazia di Tel Aviv era che la nazione dell'Olocausto non avrebbe dovuto garantire aiuto militare ai nemici degli ebrei. L'intenzione di Bonn era di costruire otto sottomarini per l'Arabia Saudita ed entrare in gara con altri produttori per la fornitura, sempre all'Arabia Saudita, di carri armati Leopard. Un'altro mercato importante era il Pakistan, altro Paese islamico, che per i tedeschi significava piazzare diverse fregate classe 122. Dopo lunghi negoziat i, oggi Israele acquista il suo sesto sottomarino dai tedeschi. I ritardi nella commessa sono stati motivati dal prezzo: se nel 1999 lo Stato tedesco aveva coperto l

SAMIR KHALIL, ATTENDIAMO I FRUTTI DELLA PRIMAVERA ARABA (INTERVISTA) da Misna

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  “La primavera c’è stata ed è stato un bene. Ma adesso bisogna guardare all’estate, o meglio all’autunno e vedere che frutti porteranno: è questa la sfida che i movimenti democratici, in Egitto e in Tunisia, si trovano ad affrontare nel mondo arabo”: ne è convinto padre Samir Khalil Samir, gesuita egiziano e uno dei maggiori esperti di Islam a livello mondiale, che alla MISNA traccia un’analisi sul futuro delle rivolte arabe.“La sollevazione delle piazze, dal Cairo a Tunisi, è stata la conseguenza di un malcontento diffuso sentito soprattutto dalle giovani generazioni. Ragazzi cresciuti senza prospettive, e che chiedevano a sistemi corrotti e stantii un cambiamento: è questa la parola che ha avuto, da sola, il potere di mandare in frantumi anni di malgoverno e soprusi” afferma il gesuita, per cui quella a cui abbiamo assistito in questi paesi è stata una “vera e propria primavera di ideali” a cui adesso occorrerà far seguito con progetti concreti.In particolare, osserva ancora il reli

Alaistar Crooke Le premesse non veritiere: due decadi di mancata formazione di uno stato

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     Negli ultimi decenni, Europa e America hanno condiviso una costante convinzione: cioè che Israele, al di là delle proprie necessità, debba cercare di conservare una maggioranza ebraica all’interno del paese. E che con il tempo e una popolazione palestinese in crescita, a un certo punto dovrà adeguarsi all’esistenza di uno stato palestinese per poter conservare tale maggioranza ebraica: è che solo concedendo ai palestinesi un loro proprio stato e quindi liberandosi di una parte dei palestinesi che sono sotto il suo controllo, può essere salvaguardata la maggioranza ebraica di Israele. Questa semplice asserzione ci ha fornito la dottrina della sicurezza-prima-di-tutto: il corrispondere alla autodefinizione di Israele dei suoi requisiti di sicurezza – si presume – si pone come principio unico e sufficiente, che consente a Israele il passaggio con certezza alla soluzione a due-stati.  Ma Israele non lo ha fatto – nonostante le molteplici opportunità di questi ultimi 19 anni – ed ora n

Nuova pubblicazione di nomi e passaporti di attivisti Ism. L’ultima volta era stato Vittorio… un sito americano che invita a d uccidere...possibile che possa agire impunemente

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     Quello che riporto qui, senza tradurlo perché non riesco ad averne la minima voglia, è quello che ora è visibile sul sito stoptheism    di cui   più volte abbiamo parlato . Sulle pagine di questo sito erano   già comparsi   nomi e fotografie di alcuni attivisti dell’International Solidarity Movement: un macabro elenco di persone di cui si richiedeva nemmeno la cattura ma l’uccisione immediata, perché nemici dello stato d’Israele e vicino alle formazioni armate estremiste palestinesi. Il primo volto, il primo nome e cognome di cui si auguravano la morte quella volta era proprio   Vittorio  Arrigoni , di cui ora non possiamo leggere i commenti del suo blog, purtoppo. Quella volta le polemiche che sorsero in rete dopo la loro pubblicazione li portò a cancellare quell’elenco ma eccoci di nuovo. Questa volta niente foto, ma l’elenco che appare sotto il testo che vi metto qui, è inquietante e vergognoso. Decine di nomi e cognomi,  date di nascita e numero di passaporto: quelli ch

Giorgio Gomel: “Faciloneria, insensibilità e realtà delle colonie”

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      L’avviso dell’Ufficio giovani della Comunità di Roma del 21 aprile invitava a un “Happening e barbecue con i nostri fratelli a Itamar”. Non diceva niente di una espressione di solidarietà per l’orribile assassinio della famiglia Fogel di qualche settimana prima. Parlava di una “giornata gioiosa con i cittadini di Itamar” (cittadini di quale stato ? Una specie di stato di Giudea e Samaria, come alcune correnti del movimento dei coloni predicano, un terzo “stato” oltre a quello di Israele e a quello “virtuale” di Palestina?). Il tono era appunto da festa e gita bucolica. Ho trovato l’iniziativa improvvida e demagogica: Mi ha colpito la mancanza di senso della misura e di onestà intellettuale. Semmai Itamar è un luogo in cui meditare e ragionare. Ragionare sull’immane errore storico e politico degli insediamenti, uno dei maggiori ostacoli oggi a un negoziato di pace che conduca a una soluzione del conflitto basato sulla spartizione della terra contesa – chiamatela Eretz Israel o

Moni Ovadia “Contro di me un atto fascista”

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    “ Un atto intimidatorio e fascista, figlio della temperie berlusconiana”. Moni Ovadia, attore, scrittore e molto altro, bolla così lo striscione anonimo apparso domenica scorsa sul muro della scuola ebraica di Roma: “Ogni ebreo è nostro fratello, Moni Ovadia e Giorgio Gomel no”. Il segno più rumoroso di una polemica che sta lacerando la comunità ebraica italiana. Una ferita (ri)apertasi la settimana scorsa, con una lettera di Gomel al mensile Shalom, in cui l’economista si scagliava contro “l’happening e barbecue con i nostri fratelli di Itamar”. Un’iniziativa organizzata dalla comunità ebraica romana, in quell’insediamento nel West Bank, vicino alla città palestinese di Nablus, dove nel marzo scorso un’intera famiglia di coloni ebrei è stata uccisa. Gomel ha protestato, ad alta voce: “Itamar non è un posto da barbecue e i suoi abitanti non sono i “nostri fratelli”. Itamar è uno degli insediamenti illegali dal punto di vista del diritto internazionale, tra i più assurdi per la ge