Negli Usa 300 rabbini firmano una lettera contro il governo del premier israeliano Netanyahu

 La lettera punta l'indice contro una serie di proposte presentate da figure politiche di orientamento nazionalista che entreranno a far parte del nuovo governo, definendole "un anatema per i principi della democrazia"

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Oltre 300 rabbini negli Stati Uniti hanno firmato una lettera aperta che mette in guardia dal governo del primo ministro eletto Benjamin Netanyahu, sostenendo che quest’ultimo rischi di causare “danni irreparabili” attraverso politiche e prese di posizione estremiste. La lettera punta l’indice contro una serie di proposte presentate da figure politiche di orientamento nazionalista che entreranno a far parte del nuovo governo, definendole “un anatema per i principi della democrazia”.

In particolare, i rabbini paventano una erosione dei diritti delle donne, l’espulsione di arabi israeliani e il ribaltamento di pronunciamenti della Corte suprema israeliana. Nella loro lettera, i rabbini statunitensi annunciano l’intenzione di contestare il nuovo esecutivo impedendo ai membri del Partito religioso sionista – una delle formazioni di estrema destra parte della nuova coalizione di governo – di prendere parte alle loro congregazioni e organizzazioni. “Quando a soggetti che pubblicizzano razzismo e intolleranza è consentito di parlare in nome di Israele (…) è necessario passare all’azione e far sentire la propria voce”, afferma la lettera.

È prevista per oggi, giovedì 29 dicembre, la plenaria per la votazione della fiducia al nuovo governo guidato da Benjamin Netanyahu, il premier più longevo della storia di Israele la cui coalizione, formata da partiti di destra e religiosi ultra ortodossi, ha ottenuto la maggioranza dei voti alle elezioni legislative del primo novembre scorso. Il primo ministro incaricato ha affermato ieri che lo Stato di Israele avrà un “governo stabile che rimarrà in carica per un intero mandato”, dopo che il partito da lui guidato, Likud, e l’alleanza di partiti ultra-ortodossi dell’Ebraismo della Torah unito (United Torah Judaism, Utj), hanno firmato un accordo con cui hanno stabilito una coalizione. Come riferito dal “Jerusalem Post”, dopo la firma di quest’ultima intesa, il presidente del Likud e primo ministro designato si è rivolto al suo partito, dicendo: “Vorrei ringraziarvi tutti per gli sforzi congiunti che ci hanno portato a questo giorno. Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Una grande percentuale dello Stato di Israele, oltre due milioni di israeliani, ha votato per il campo nazionale da noi guidato. Stabiliremo un governo stabile per un intero mandato conferitoci da tutti i cittadini di Israele”. Netanyahu ha anche annunciato la decisione unanime di nominare il deputato del Likud Amir Ohana presidente della Knesset, il Parlamento monocamerale israeliano, e Ofir Katz al ruolo di capogruppo della coalizione.

Il premier designato ha anche annunciato l’agenda del proprio governo, in cui si presta attenzione anche all’espansione degli insediamenti in Cisgiordania e alle leggi che limiteranno il potere dei tribunali. “Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile su tutte le parti della Terra d’Israele. Il governo promuoverà e svilupperà insediamenti in tutte le parti della Terra d’Israele – in Galilea, Negev, Golan, Giudea e Samaria”, ha dichiarato Netanyahu, aggiungendo: “Il governo adotterà misure per garantire la governance e ripristinare il giusto equilibrio tra il potere legislativo, esecutivo e giudiziario”, con riferimento a una prevista “legge di annullamento” che consentirà alla Knesset di rileggere i progetti di legge annullati dalla Corte Suprema in quanto antidemocratici, e ai piani per conferire ai politici un maggiore controllo sulla selezione dei giudici. Non manca, poi, l’impegno del futuro esecutivo israeliano a dare sostegno alle forze di sicurezza e agli agenti di polizia per “contrastare e sconfiggere il terrorismo” accanto alla “lotta contro il programma nucleare iraniano”.

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