Moni Ovadia Israele, una «democrazia» colonialista

Israele, una «democrazia» colonialista


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Il governo di coalizione di destra dello Stato d’Israele a guida Benjamin Netanyahu si appresta a violare per l’ennesima volta ogni legge e regola della legalità internazionale, con il progetto dell’annessione di terre palestinesi, dopo avere unilateralmente proclamato l’intera Gerusalemme capitale indivisa della propria nazione con l’appoggio degli Stati Uniti, i quali, per molto meno hanno imposto micidiali sanzioni a destra e a manca.

Coloro che, nel corso dei decenni, hanno denunciato il disegno geopolitico che voleva la cancellazione dell’identità del popolo palestinese. Con un popolo che vede l’ affermazione violenta della sua utopia a danno della tragica distopia di un altro popolo. Quelli -, hanno da lungo tempo saputo o perlomeno intuito quale fosse lo scopo ultimo delle politiche dei governi israeliani di destra, dopo l’accantonamento della lungimirante scelta di pace del premier laburista Rabin, ucciso da un estremista ebreo, e con la finta opposizione delle nuove coalizioni della sinistra soi-disant.

I veri oppositori interni, in realtà molto minoritari, estremamente coraggiosi e lucidi hanno anch’essi denunciato gli scellerati intenti di tutte le politiche miranti ad edificare un sistema di apartheid e di sistematica violazione dei più elementari diritti dei palestinesi, senza riguardo alla loro età e alle loro condizioni. Si sono levate le voci dei migliori intellettuali e giornalisti israeliani per denunciare le brutalità con parole forti, dure.

Ai critici sinceri delle loro politiche i governanti israeliani hanno ipocritamente e surrettiziamente opposto le ragioni dell’ideologia securitaria. Mercoledì scorso, su questo giornale, Richard Falk, ex relatore speciale delle Nazioni unite sulla questione palestinese, ha mostrato come il tema della sicurezza sia posto come esclusivo di Israele, i palestinesi non vengono considerati, la loro sicurezza non è neppure nominata. Questo atteggiamento è generale.

Il poderoso apparato di propaganda israeliana ,sia in patria che nella diaspora, mira ad elidere il profilo umano dei palestinesi. Come nei vecchi film western, i nativi amerindi erano solo i cattivi, erano solo figure aggressive e violente. Ora che, con l’annessione programmata, il vero intento colonialista di Netanyahu&C si rivela aldilà di ogni possibile dubbio, qualche moderato vagisce la sua preoccupazione, come se l’insediamento illegale di settecentomila coloni non fosse stato sufficiente a dimostrarlo alla luce del sole.

Coloro che invece sono accecati da una concezione scissa dell’essere umano continueranno a sostenere acriticamente Israele a prescindere da ogni azione del suo governo. Quando non potranno giustificarlo razionalmente o legalmente, estrarranno come un’arma la Bibbia e ve la sbatteranno sul muso senza preoccuparsi di profanarne il senso.

Noi uomini liberi rispettosi dei diritti umani universali, della dignità e dei diritti dei popoli oggi, sabato pomeriggio, a Roma e in tante città italiane, manifesteremo contro il delitto dell’annessione e per il riconoscimento del popolo palestinese, che prevede la sovranità sulla propria terra, quella riconosciuta dal diritto internazionale e occupata da 53 anni, con Gerusalemme est capitale.

Se la coerenza abitasse su questa terra, dovremmo vedere con noi in piazza la maggior parte dei politici e dei rappresentanti della stampa e dei media mainstream che hanno contribuito, nel corso di diversi lustri a reiterare il falsificante mantra: «Due stati per due popoli», ben sapendo che uno dei due popoli non è riconosciuto. Invece, alla conferenza stampa indetta dagli organizzatori della manifestazione, non c’era nessuna delle «grandi» testate, in ossequio alla congiura del silenzio voluta da Netanyahu&C.

La libertà di stampa prevede invece un’eccezione, i palestinesi ma paradossalmente anche il destino di Israele. Con l’annessione, ha ricordato Massimo D’Alema, muore l’originario «sogno sionista», uno stato ebraico e democratico. Ma forse quel sogno è già nato con una patologia degenerativa. Comunque media o non media, noi ci saremo, ci saranno persone della società civile, militanti di varie organizzazioni democratiche e di sinistra, donne e uomini responsabili che sanno molto bene quale è la posta in gioco.

Se questa suprema ingiustizia passa nell’indifferenza complice della prevalenza della comunità internazionale, sarà decretata la morte de facto e de iure della cultura dei diritti universali. In futuro qualsiasi aspirante dittatore o uomo forte potrà prendere provvedimenti liberticidi legittimandosi con l’esempio pratico e simbolico d’Israele. In piazza ci saranno anche tanti ebrei che credono all’uguaglianza, alla democrazia e che si sono formati ai valori etici dell’ebraismo. Sono quegli ebrei che la destra israeliana chiama «ebrei che odiano se stessi».

Peccato che Netanyahu sia sostenuto dai peggiori reazioneri del pianeta, che a casa loro sono antisemiti o se non lo dichiarano esplicitamente sono votati dalla peggiore feccia antisemita: i Trump, i Bolsonaro, gli Orban…

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