Piero Bevilacqua Le nuove piazze funzionano da antenne, lanciano l’allarme

za, … Continua

Per la verità alcuni di noi avevano da tempo avvistato, navigando per i mari interni d’Italia, banchi di sardine vagare a fior d’onda e in ordine sparso. Ma nessuno sapeva in tutta onestà se e quando sarebbero emersi in superficie e con quale luminosità di squame si sarebbero offerte allo sguardo dei terrestri.
Chi da anni infatti, frequenta scuole, Università, festival e convegni, circoli e associazioni culturali, sa molto bene che esiste una vasta Italia, senza voce e senza rappresentanza, che legge, lavora o cerca lavoro, mite, assetata di giustizia, disgustata dalla società dello spettacolo che ha inghiottito la politica, preoccupata, in varia misura, per le sorti della Terra, e potenzialmente proiettata verso un futuro di possibilità uguali per tutti.
Una vasta massa di cittadini italiani – voglio dirlo ai produttori industriali di menzogne e di confusione – di sinistra, perché trova naturalmente giusto che in una società opulenta come la nostra ci sia posto e mani tese anche per gli ultimi e per gli sconfitti.
Sono emersi ora questi pesci dispersi, onesti e attivi, ma scoraggiati, delusi, perché a un certo punto, per accumulazione di nefandezze a cui hanno dovuto assistere, la misura è apparsa colma. La pretesa di una destra feroce e barbarica, che ostenta come stemma di nobiltà il proprio disprezzo e odio per il diverso, di rappresentare la totalità degli italiani è diventata ormai intollerabile. Ed ecco che qualche intraprendente si è mosso e ha mostrato la via a tutti gli altri.
Io credo che questa originale esperienza – ma simile, come sappiamo, a tante precedenti, trascorse rapide come comete – dovrebbe rimanere fedele a se stessa, non cercare di diventare un partito, ma restare, rafforzandosi, movimento organizzato. Un movimento che abbia una strutturazione snella, di rete, poco costosa e poco impegnativa, che vive normalmente di routine informativa, in latenza, ma che scatta in massa nelle occasioni necessarie: allorché c’è da combattere battaglie per opporsi a scelte di governi o di imprese o proporre progetti, soluzioni, rivendicazioni.
Occorre essere consapevoli dei meccanismi propri dell’energia umana. Le mobilitazioni permanenti non durano. Anche le grandi rivoluzioni, che in passato hanno sconvolto la vita quotidiana per mesi e per anni di una massa innumerevole di individui, trascinati in un turbine di eventi giganteschi e indomabili, alla fine si sono spente, trovando un assetto di normalità anche per effetto di esaurimento di umana energia. L’ energia supplementare necessaria per animare quella euforica eccezione che è l’uscita degli individui dal guscio della loro vita privata e il vivere in massa per strada.
Quella delle sardine potrebbe essere la prefigurazione stabile di una nuova modalità della politica, che si aggiunge, sostituisce in parte, integra, quella dei partiti. Una apparizione miracolosa in una fase storica in cui i dirigenti dei partiti politici interpretano ed esaltano le malattie della democrazia in età neoliberistica.
Diventate agenzie di marketing elettorale, i partiti non operano più per la trasformazione della società secondo un progetto, inseguono rivendicazioni, umori, tendenze, paure, interessi, di settori elettorali da cui attendono consensi. Le Sardine potrebbero riportare nella politica la visione d’insieme, e anche la prefigurazione delle catastrofi imminenti possibili, creare l’allarme sui pericoli che i singoli dirigenti, impegnati a gestire il particulare, non riescono a vedere.
Le Sardine sono nate a Bologna. Ebbene, quel che devono sapere è che l’Emilia Romagna- dove si voterà a gennaio – per iniziativa del candidato alla presidenza della Regione, Stefano Bonaccini, dopo il Veneto e la Lombardia, è capofila della lotta per la cosiddetta autonomia differenziata. Di che cosa si tratta? Sono milioni gli italiani che non lo sanno e saranno tante anche le sardine. E’ il progetto delle regioni più ricche d’Italia di ritagliarsi un’autonomia privilegiata (differenziata significa diversa da quella di tutte le altre) in 23 materie le prime due regioni, “solo” in 15 l’Emilia.
Queste regioni vorrebbero gestire autonomamente la scuola, la sanità, l’ambiente, le reti stradali e ferroviarie, i beni culturali e artistici, godendo di somme supplementari da parte dello stato centrale. Si tratta dell’antica rivendicazione secessionista di Bossi, che scava come una vecchia talpa, attraversa varie metamorfosi e si ripresenta in forme camuffate e truffaldine, per staccare il destino delle regioni ricche d’Italia dal resto del Paese e soprattutto del Sud.
Quindi le scintillanti sardine devono sapere che hanno davanti a sé il più grave rischio che abbia mai corso l’Italia repubblicana: una frantumazione in statarelli regionali in reciproca competizione e in continua rivendicazione nei confronti del potere centrale. Al noto caos politico nazionale se ne aggiungerebbe uno istituzionale, e il dialogo con l’Europa sarebbe affidato a una moltitudine di capi e assessori regionali con gli esiti che si possono immaginare.
E dunque la prima rivendicazione, se le sardine volessero usare la propria forza in Emilia, per scongiurare la vittoria della Lega, è convincere Bonaccini, che non si può rincorrere la destra per ragioni elettorali. L’Emilia Romagna non ha bisogno di ulteriori autonomie. Una onesta politica progressista può farla ridiventare un modello di democrazia per tutta l’Italia.

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