Moni Ovadia L’antisemita a doppio senso
Il
giornalista scrittore e conduttore televisivo Gad Lerner, alcuni giorni
fa, a Prato, è stato oggetto di un’aggressione verbale antisemita. Lerner
si trovava nella città toscana e aveva deciso di partecipare al sit-in
antifascista indetto in risposta a un raduno di Forza Nuova,
raggruppamento politico di estrema destra di chiara ispirazione nazista.
Prima di parlare al sit-in Lerner si è avvicinato al piccolo gruppo dei
manifestanti neo-nazisti per guardarli e a questo punto un energumeno
gli ha urlato la frase: «Ebreo! tornatene in Palestina!» e un altro
ceffo gli ha gridato ripetutamente a mo’ di ingiuria l’epiteto: «Ebreo!
Ebreo! Ebreo!!!». A questo punto il giornalista che stava per andarsene
si è voltato e ha detto solo: «Certo che sono ebreo» e si è allontanato.
Fin qui i fatti
Quali ammaestramenti possiamo trarre da
episodi come questi? Il primo e più ovvio è constatare che si è compiuto
lo sdoganamento di un linguaggio antisemita. Un’altro è quello proposto
dallo stesso Lerner notando che questa teppaglia nazista si sente
protetta dal ministro degli interni Salvini. Molti di loro si dichiarano
apertamente sostenitori del “capitano” e lui non fa nulla per prendere
le distanze. Ne accetta l’appoggio. Possiamo per questo affermare che
sia in atto una vera e propria campagna contro gli ebrei? È lecito
immaginarsi il ritorno di una politica antisemita?
Personalmente non lo credo. Recentemente
il grande giornalista Israeliano Gidon Levy scriveva in un suo articolo
sull’edizione inglese del quotidiano Ha’haretz: «Last week there was a lot of fuss over a world survey of anti-Semitism conducted by CNN. It
turns out that the Jews are not as hated as Israel would like: Only 10
percent said they had any negative feelings about them. Nearly four
times as many people said they don’t like Muslims».
Dunque l’inchiesta mondiale condotta da CNN rivela che gli islamofobi
sono quattro volte più numerosi dei giudeofobi. Ciò non significa che
non si debba vigilare sul fenomeno antisemita e sui rigurgiti di
ripugnanti stereotipi come il “complotto dei Savi di Sion”.
Acclarato ciò, è bene sapere che il vero
pericolo non viene da un pugno di mascalzoni fanatici ma da chi per
ragioni di comodo li strumentalizza e soprattutto da quella parte grigia
della società fatta di sedicenti brave persone che per difendere i loro
grandi o piccoli privilegi, reali o supposti, per conservare il nitore
delle loro ordinate casine sono disposte a dare credito ai peggiori
demagoghi travestiti da politici. Le persone di quell’area grigia, per
paura, per opportunismo o per pavidità soffrono di certe patologie
sociali che aprirono la strada ai fascismi o ai regimi autoritari:
individualismo, servilismo, conformismo, provincialismo. Oggi sono
pronti a legittimare le democrature (fortunata definizione coniata da
Predrag Matviejevic) ovvero le pseudo democrazie illiberali che sono di
moda nella nostra squallida epoca.E oggi nella molteplicità falsificatoria
del marasma informativo veicolato dalla pletora mediatica è necessario
discernere il pericolo reale dell’antisemitismo dalle sue
strumentalizzazioni propagandistiche.
Nella fattispecie il Governo
ultrareazionario di Israele presieduto da Bibi Netanyahu si è
specializzato in questa pratica con lo scopo di legittimare la sua
politica colonialista e oppressiva contro il popolo palestinese. Il
cinismo di Bibi è arrivato a legittimare notori antisemiti militanti
come il premier ungherese Orban, che ha scatenato una odiosa campagna
contro il grande finanziere filantropo ungherese George Soroš, fondata
sui più criminogeni topos di odio per il ricco ebreo. E Bibi approva
perché Soroš finanzia ONG che lavorano nei territori occupati a sostegno
dei diritti dei palestinesi. Non solo, ma il grande amico e alleato del
premier israeliano è il presidente Donald Trump che è stato eletto con
il fattivo contributo della peggior schiuma antisemita a stelle e
strisce.
Il capolavoro di Netanyahu è fomentare
un antisemitismo filo sionista. A mio parere la contraddizione è solo
apparente, alla faccia di coloro che si prestano a identificare le
critiche al sedicente sionismo con la giudeofobia. Con questa ideologia
Bibi crea un potenziale pericolo insidioso per il mondo ebraico della
diaspora, al solo scopo di consolidare il suo potere.
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