Umberto De Giovannangeli Se Raed Fares viene ucciso nel silenzio

Se Raed Fares viene ucciso nel silenzio 



La sua morte non ha conquistato le prime pagine dei giornali o titoli di testa dei tg, come è avvenuto per il barbaro assassinio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi. Le morti, anche in comunicazione, non hanno lo stesso peso. Ma l'uccisione di Raed Fares non può￲, non deve passare sotto silenzio. Per ciò￲ che Raed è stato, per quello che ha simboleggiato. Un giornalista libero, indipendente, con un'arma in più: la capacità di usare un linguaggio trasgressivo, "leggero", per raccontare la tragedia del suo popolo: il popolo siriano. Raccontarla dal di dentro, perché Raed nella martoriata Siria è voluto restare.Per condividere i giorni di speranza e gli anni della mattanza. Per dare voce a quanti non l'avevano più, attraverso la radio di cui era non solo l'animatore, ma l'anima: Radio Fresh. Raed è stato ucciso venerdì scorso a colpi d'arma da fuoco assieme ad un altro attivista per i diritti umani, Hammud Junayd, nei pressi di Kafranbol, a su di Idlib, capoluogo dell'omonima regione sotto influenza turca. Nessuno ha rivendicato l'esecuzione. Ma una cosa è certa: Raed per come interpretava l'essere giornalista, per le sue inchieste, per la libertà di giudizio, per ci￲ che era e per quello che simboleggiava, era nel mirino del "macellaio di Damasco", Bashar al-Assad, e dei nazijihadisti dell'Isis. Non si nascondeva, Raed. Sapeva di rischiarare la vita, lo aveva messo in conto. Ma il giornalismo, quello vero, o è libero o non è. E in Medio Oriente, rivendicare questa libertà significa essere condannato a morte o finire a vita nelle carceri del regime (Turchia docet).Raed Fares era noto per aver animato sin dal 2011 le prime manifestazioni non violente anti-regime, nel quadro delle proteste nei paesi arabi. Quando la regione di Idlib è stata gradualmente investita da miliziani radicali, Fares e i suoi colleghi sono stati più volte arrestati da qaidisti e altre milizie. Fares e Junayd erano stati minacciati di morte da miliziani della zona di Idlib. A quanti volevano imporgli il bavaglio, Fares rispondeva con l'ironia: all'ordine di interrompere le trasmissioni di musica, ad esempio, aveva replicato mandando in onda 'altri suoni', come i rintocchi del Big Ben, il ticchettio di orologi, i canti dei tifosi allo stadio. E quando un gruppo jihadista ora dissolto, Jabhat Fateh al-Sham, gli disse che non poteva mandare in onda le donne, Fares cominci￲ a modificare le voci femminili, distorcendole in modo che sembrassero maschili. Ricorda Riccardo Cristiano, tra i giornalisti più attenti alla tragedia siriana, il cui ultimo libro: "Siria. L'ultimo genocidio. Così hanno vinto i nemici del dialogo "(Carrocci), da pochi giorni nelle librerie: Gli squadroni della morte in Siria hanno giustiziato con ferocia disumana il sorriso, il sarcasmo, l'intelligenza di Raed Fares, una delle voci più alte e importanti della vera rivoluzione siriana. Nel più assoluto disinteresse italiano, incurante del fatto che già ieri sera il New York Times lo ha ricordato con un accuratissimo profilo, il caso di Raed non può￲ richiamare per un minuto anche le attenzioni nostrane al di là della solita domanda: chi lo ha ucciso? Anche in questo caso la risposta ufficiale è "non si sa".Come sempre in questi casi si sa eccome. Nemico giurato del regime di Assad, Raed Fares era ovviamente un nemico giurato anche dei gruppi del terrorismo islamista che devastano la regione siriana dove viveva, come la vita di tre milioni di profughi siriani, la provincia di Idlib. Il vecchio fronte al Nusra lo aveva minacciato di morte più volte. Ora le nuove sigle nere che hanno imposto il loro potere nella regione lo hanno assassinato. O forse è stata una spedizione di miliziani assadisti? Non cambierebbe molto. I siriani di Raed Fares sono insorti come lui contro una dittatura non certo per sceglierne un'altra e quindi per loro quelle due bocche da fuoco rivolte contro di loro sono una sola. Una bocca da fuoco che si chiama prevaricazione, arbitrio, disprezzo per la persona...". Così è. "Dopo aver studiato medicina e inglese - ricorda Cristiano - Raed si è impegnato nella rivoluzione con entusiasmo e un eterno sorriso, dicendo: "cosa possono fare più che uccidermi?" E così decise di comunicare con il mondo pensando ai famosi cartelli in inglese che da Kefranbl hanno tentato di illuminare le nostre coscienze in un alfabeto e un linguaggio non a noi estraneo. L'altra sua grande idea si è rivolta ai siriani, con Radio Fresh, per dare non solo notiziari, ma anche musica e allertare la popolazione sui bombardieri in arrivo, le loro direzioni, i loro plausibili obiettivi.Difficile dubitare che proprio questo sia stato il motivo del tentativo di ucciderlo da parte dell'Isis; il proiettile che colpì al petto per￲ non centrò￲ il cuore. Lo sapeva che rischiava, ma continuava, ha sempre rifiutato di lasciare il suo Paese: "cosa possono fare di più che uccidermi?" Quando l'Occidente ha smesso di sostenere la sua Radio Fresh lui ha avviato altri progetti, soprattutto per studenti e donne di ogni età. L'anno scorso intervenendo all'Oslo Freedom Forum ha detto: 'Assad continua a uccidere, noi continuiamo la nostra rivoluzione fino a quando raggiungeremo il sogno di una democrazia per tutti". Gli squadroni della morte, di regime o jihadisti, il sogno di Raed lo hanno spezzato, assieme alla sua vita. Il modo migliore per ricordarlo, per onorarlo, è non spegnere i riflettori, come da tempo sta accadendo, sulla mattanza siriana. Come se tutto fosse finito con la riconquista da parte dell'esercito di Assad, sostenuto sul terreno dai Pasdaran iraniani e dagli Hezbollah libanesi, e dal cielo dai caccia russi. La Siria non sembra far più notizia. Come se dopo otto anni di guerra, di atrocità indicibili, di uso ripetuto di armi chimiche, di decine di migliaia di persone torturate e fatte sparire nelle carceri di Assad, la Siria fosse tornata alla "normalità". Così non è.E Raed, fino all'ultimo, ha provato a dirlo, a raccontare la tragedia di un popolo ostaggio di un regime criminale e di fanatici integralisti impegnati a edificare, nel sangue, il "Califfato della morte". Secondo le cifre riferite dall'Osservatorio siriano per i Diritti dell'uomo (Oshd) la cui sede è a Londra, i morti accertati (marzo 2018) dall'inizio del conflitto sono 353.935. Poco meno di un terzo sono civili: 106.390, di cui 19.811 bambini e 12.513 donne; 110mila sono le persone che hanno perso la vita nelle fila dell'esercito e delle altre milizie fedeli ad Assad. A perdere la vita sono stati poi 63mila jihadisti e 62mila ribelli. 17.723 siriani sono morti in prigione, denuncia Amnesty International Secondo l'Unicef, il numero dei bambini morti in Siria è risultato in aumento del 50%, nel 2017, rispetto all'anno precedente. Una strage di innocenti proseguita nell'anno che volge al termine. E 3,3 milioni di minorenni sono in pericolo in tutto il Paese a causa della presenza di ordigni. La guerra in Siria ha poi provocato circa 6,1 milioni di profughi all'interno dello stesso Paese, mentre 5,6 milioni si sono rifugiati nelle nazioni vicine, in particolare Libano, Giordania, Iraq e Turchia, secondo i dati dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). Senza dimenticare le migliaia di siriani che sono riuscite a raggiungere l'Europa. La stessa agenzia Onu ha sottolineato che tra coloro che sono rimasti in patria, "circa il 69% lotta per la sopravvivenza in condizioni di indigenza estrema.Le forze fedeli a Bashar al-Assad hanno ucciso almeno 526 giornalisti, mentre i bombardamenti russi hanno causato la morte di almeno altri 16. "I gruppi terroristici hanno ucciso 52 giornalisti, di cui 46 morti per mano di miliziani dell'Isis e sei uccisi dal Fronte Al-Nusra legato ad al-Qaeda", si pu￲ leggere nel comunicato. "I gruppi armati dell'opposizione hanno ucciso almeno 21 giornalisti, mentre il partito Unione Democratica Kurda (PYD) ne ha uccisi almeno 16". Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, dal 2011, sono stati 1124 i casi di arresti e sequestri ai danni di giornalisti in Siria, mentre sono ancora 408 quelli che risultano dispersi. Vogliono zittire le voci libere. Annientarle. Ma a onorare Raed sono i giornalisti-bambini: hanno rubato loro l'infanzia, ma non la creatività e la determinazione a raccontare cosa significhi vivere sotto le bombe. Muhammad Najem è uno dei giornalisti-bambini. Ha 15 anni e vuol fare questo lavoro, come suo fratello maggiore. E racconta a France 24: "Mi ha ispirato mio fratello Qussay l'idea di fare i video. Da sei anni lavora come giornalista nella Ghuta, e io volevo fare come lui. All'inizio ha cercato di scoraggiarmi, ma io ho insistito e ora mi aiuta a parlare in inglese. Spesso mi riprende e invia i filmati alle televisioni: vanno bene perché parlo in inglese". Muhammad ha circa 19 mila contatti su Twitter, e i suoi video selfie sono trasmessi da mezzi di informazione del calibro della Cnn e del Guardian. Raed sarebbe orgoglioso di lui e dei tanti bambini-giornalisti. Voci libere crescono, anche nell'inferno siriano. In memoria di Raed Fares. Per non dimenticarlo. Per non dimenticare.

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

Mappa della Cisgiordania e suddivisione in zone anno 2016

Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero - JoiMag

Betlemme : il Muro e la colonizzazione. Testimonianze