Blindare le frontiere esterne, attraverso la creazione di hotspot
nei Paesi di origine. È la proposta, anticipata da HuffPost, con cui
Giuseppe Conte è "sbarcato" a Parigi per il vertice della
"riconciliazione", o comunque dell'"armistizio" con la Francia e il suo
presidente, Emmanuel Macron. L'istituzione di hotspot nei Paesi africani
d'origine - non solo la Libia ma anche quelli sahariani, come il Niger -
per chiudere la rotta verso il Mediterraneo tutelando, al tempo stesso,
le vite dei migranti. È con questa proposta che il premier italiano si
presenta al pranzo con l'inquilino dell'Eliseo. La proposta, spiegano le
stesse fonti, è una soluzione all'emergenza migranti da attuare nel
breve periodo in vista di una riforma - che l'Italia vuole radicale e
che costituisce il dossier principale del vertice a Parigi - del
Regolamento di Dublino, la convenzione sulla determinazione dello Stato
competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli
Stati membri dell'Unione europea.
La riforma del sistema comune di asilo,
detto di Dublino dal regolamento che lo norma e che scarica sui Paesi di
primo arrivo gli oneri legati all'accoglienza dei rifugiati, è sul
tavolo da molto tempo a Bruxelles, ma le posizioni dei Paesi Ue sono
diverse e finora i tentativi di fare una sintesi non sono riusciti. La
proposta di mediazione avanzata dalla presidenza bulgara, che prevede i
ricollocamenti obbligatori dei richiedenti asilo solo in casi estremi e
con varie subordinate, non è passata nel Consiglio Affari Interni
riunitosi a Lussemburgo, per l'opposizione dei Paesi mediterranei, tra
cui l'Italia. Hotspot europei nei Paesi di origine: è l'elemento-cardine
della proposta italiana, che chiama tutti i Paese dell'Unione ad una
responsabilità condivisa che guarda alle frontiere Sud come ad una
priorità condivisa e che, come tale, ha bisogno di risorse adeguate e
indirizzi operativi che riguardino anche la gestione dei soccorsi in
mare.
Della creazione di hotspot nei Paesi di
origine e di transito si parla da almeno un anno. Era stato proprio il
presidente francese a parlarne il 27 luglio 2017: "Questa estate la
Francia creerà alcuni hotspot in Libia", aveva detto Macron pochi giorni
dopo aver messo l'uno di fronte all'altro a Parigi Fayez al-Serraj, il
primo ministro del governo di Tripoli riconosciuto internazionalmente, e
Khalifa Haftar, l'uomo forte di Bengasi e capo delle milizie fedeli al
parlamento di Tobruk. Un annuncio cui non seguirono mai fatti concreti,
ma che venne subito interpretata come un tentativo scalzare l'Italia
nella gestione della crisi di cui approfittano i trafficanti di uomini
che sfruttano i flussi migratori e presentarsi come attore capace di
raggiungere l'obiettivo che Roma ha finora mancato: stabilizzare il
Paese.
L'obiettivo dell'Italia è "blindare" le
frontiere esterne, inserendo tra i Paesi di origine, dove realizzare gli
hotspot europei, anche quelli che fino a poco tempo fa erano
considerati Paesi di transito: Libia e Tunisia, come avevano anticipato
da HuffPost fonti diplomatiche italiane. La nostra vocazione
mediterranea diventa patrimonio europeo, o sarà destinata a sfiorire
come le primavere arabe: è una delle convinzioni che sta dietro il
viaggio "riconciliatore" di Conte. L'altra convinzione è che di fronte
alla strutturalità del fenomeno migratorio non reggono politiche
emergenziali fondate solo o comunque essenzialmente sull'aspetto
securitario.
Ecco allora riemergere la necessità di
un "patto euro-mediterraneo" che non lasci sola l'Italia a farsi carico
dei salvataggi in mare, e dell'accoglienza, e, con una visione più
lungimirante, riporti a Bruxelles. Non sarà sbocciato un amore, tra
Francia e Italia, ma i sorrisi, le pacche sulle spalle e, infine, le
parole in conferenza stampa congiunta, stanno a significare che la
ricomposizione c'è stata, e a Parigi si è celebrato un matrimonio
d'interessi. A sancirlo sono le parole del capo dello Stato francese,
all'insegna dell'intesa ritrovata: "Non dimentichiamo cosa l'Italia ha
dovuto subire sul fronte dell'immigrazione. L'Europa è mancata sui
migranti e sulla zona euro, su questo abbiamo trovato convergenze. Serve
la volontà di agire insieme, la risposta giusta è europea ma quella
attuale è inadeguata. Il sistema di solidarietà attuale non funziona.
Porteremo avanti una profonda riforma di Dublino". Ma puntualizza:
"L'Italia ha avuto arrivi massicci di migranti. Ma se l'Italia nei 4
primi mesi del 2018 ha avuto 18.000 domande d'asilo, la Francia ne ha
avute 26.000".
"La Francia e l'Italia devono affrontare
quest'emergenza migranti e dobbiamo dare risposte insieme. C'è una
comune responsabilità e una comune volontà di agire, di avere più
umanità e più efficacia", annota ancora Macron. "C'è una volontà di
lanciare iniziative concrete che consentano di prevenire questi flussi, e
di avere una risposta umanitaria che deve iniziare prima che queste
persone prendano il mare", spiega. Convergenza sui migranti confermata
da Conte: "Dobbiamo cambiare strategia, rafforzando la salvaguardia
della vita umana".
C'è però un punto, sostanziale, che il
vertice della riconciliazione ha lasciato in sospeso. Che cosa dovranno
essere questi hotspot europei, e in cosa si dovranno distinguere da ciò
che oggi, in Libia ad esempio, sono i centri di detenzione nei quali,
come ampiamente documentato da rapporti di Ong e associazioni per i
diritti umani, e da centinaia di testimonianze, drammatiche, di persone
che da quei lager sono riuscite a scappare. La cosa certa è che l'Italia
intende blindare le frontiere a Sud, e su questo pare esserci una
condivisione francese. Ma chi sarà chiamato, concretamente, a gestire
quegli hotspot. E ancora: quale voce in capitolo, decisionale, avranno
agenzie Onu quale l'Unhcr. Non basta: la maggior parte dei Paesi
nordafricani o subshariani considerati Paesi di origine, sono retti da
regimi dispotici, che certo non hanno brillato quanto a rispetto dei
diritti umani. I soldi necessari per aprire questi hotspot saranno
destinati a loro? Per convincere tali regimi ad assecondare questa linea
italo-francese, magari anche europea, si chiuderanno ambedue gli occhi,
come è stato fatto con la Turchia di Erdogan, sulle pratiche che in
quei centri saranno utilizzate? Insomma, si fa presto a dire e titolare:
hotspot, c'è l'accordo tra Italia e Francia. Il problema è cosa andremo
a realizzare. I precedenti dovrebbero inquietare.
Secondo Amnesty International, ad
esempio, i governi europei pur di impedire le partenze sostengono
attivamente le autorità locali nel trattenere le persone in
Libia."Centinaia di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in
Libia sono in balia delle autorità locali, delle milizie, dei gruppi
armati e dei trafficanti spesso in combutta per ottenere vantaggi
economici. Decine di migliaia di persone sono imprigionate a tempo
indeterminato in centri di detenzione sovraffollati e sottoposte a
violenze ed abusi sistematici", ha dichiarato John Dalhuisen, direttore
di Amnesty International per l'Europa.
"I governi europei non solo sono
pienamente a conoscenza di questi abusi, ma sostengono attivamente le
autorità' libiche nell'impedire le partenze e trattenere le persone in
Libia. Dunque, sono complici di tali crimini", ha aggiunto. Secondo
Amnesty, dalla fine del 2016 gli Stati membri dell'Unione europea e
soprattutto l'Italia hanno attuato una serie di misure destinate a
sigillare la rotta migratoria attraverso la Libia e da qui nel
Mediterraneo centrale, con scarsa attenzione alle conseguenze per le
persone intrappolate all'interno dei confini della Libia, dove regna
l'anarchia. In un rapporto del luglio 2017, Oxfam ha documentato che
l'84% delle persone intervistate ha dichiarato di avere subito
trattamenti inumani tra cui violenze brutali e tortura, il 74% ha
dichiarato di aver assistito all'omicidio o alla tortura di un compagno
di viaggio, l'80% di aver subito la privazione di acqua e cibo e il 70%
di essere stato imprigionato in luoghi di detenzione ufficiali o non
ufficiali. Hotspot non può essere sinonimo, mascherato, di "lager".
E gli accordi che andranno presi con i
Paesi di origine (allargati a Libia e Niger) non deve significare
sostenere, economicamente e politicamente, signori della guerra
camuffati da statisti. Tra questi Paesi di origine c'è il Sudan, sul cui
presidente pende un mandato di cattura internazionale emesso dalla
Corte di giustizia de l'Aia per crimini di guerra e contro l'umanità:
sarà uno dei gestori locali di un eventuale hotspot europeo? Un rapporto
di Concord (Confederazione Ong europee per l'aiuto e lo sviluppo)
Italia e Cini(Coordinamento italiano Ong internazionali) -documenta una
verità inquietante : l'unica "industria" in crescita grazie ai fondi
europei in Africa è quella detentiva (prigioni, centri di detenzione,
polizia anti-migranti, addirittura contractors ad hoc...).
"Rispondendo alle priorità politiche
europee e concentrandosi su misure di repressione, i progetti possono
effettivamente alimentare una governance inadeguata, incoraggiando
attività di contrabbando e traffico più rischiose, facilitando
l'industria detentiva e la violazione dei diritti umani, limitando
l'impatto economico positivo della migrazione regolare, alimentando lo
scontento popolare e l'instabilità locale, e impedendo ai rifugiati di
ottenere la protezione di cui hanno bisogno.", evidenziavano gli
estensori del rapporto. Mettere in sicurezza le frontiere esterne
dell'Europa non può essere cercata facendo strame dei diritti umani,
altrimenti si è complici di gendarmi, generali, dittatori, rais che si
sono arricchiti sulla pelle, e non è una metafora, dei loro popoli. Uno
dei Paesi dove dovrebbero insediarsi hotspot europei, secondo il "patto"
Conte-Macron, è il Niger. In un report non lontano nel tempo,
l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) denunciava: "I
giovani africani diretti in Europa venduti per 200-500 dollari".
Nel suo rapporto Oim non tralascia
nulla. Nei centri di transito a Niamey o Agadez in Niger, gli operatori
di Oim hanno ascoltato le testimonianze di moltissimi giovani sulla via
di ritorno dalla Libia. Non solo libici sono coinvolti in questi loschi,
disumani affari ma spesso anche africani – soprattutto nigeriani e
ghanesi – collaborano con i boss della nostra ex colonia. Altri
migranti, invece, sono costretti a svolgere attività come guardiani
oppure prestare assistenza ai trafficanti nei mercati degli schiavi,
dove non sono in "vendita" solamente uomini, anche donne, che vengono
ceduti a singoli individui. Cosa significa hotspot in questa tragedia?
Ora il "patto "Conte-Macron andrà verificato nei fatti. A Bruxelles,
certamente, ma soprattutto nel Mediterraneo, nei rapporti con i Paesi in
cui dovrebbero essere insediati gli hotspot.
Questione di volontà politica ma anche
di adeguate risorse finanziarie. Nei giorni scorsi l'Italia ha messo una
riserva formale sul bilancio dell'Unione europea, chiedendo alla
commissione garanzie che vi siano soldi sufficienti e disponibili per il
Fondo per l'Africa, lo strumento finanziario usato per i progetti
comunitari con la Libia. Da oggi, questa richiesta dovrebbe essere
sostenuta anche dalla Francia. Così come, confidano all'HuffPost fonti
della Farnesina, il presidente francese sarà chiamato a coordinare
l'iniziativa transalpina in Libia, evitando di operare forzature
unilaterali come quelle che hanno segnato gli ultimi mesi, suscitando il
disappunto di Roma. Voltar pagina, in Libia, significa anche non
contrapporre Total all'Eni. È la diplomazia degli affari, bellezza. Che
troppo spesso ha cancellato quella dei diritti. In questo, gli hotspot
battezzati a Parigi saranno un severo banco di prova.
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