Un Israele di orgoglio e vergogna, Roger Cohen sul NYTimes
Sintesi personale
Nel 1919 Ben Gurion, che 29 anni dopo sarebbe diventato il primo ministro fondatore di Israele, escluse la possibilità di pace.
Parlando in pubblico disse:"Tutti vedono le difficoltà nelle relazioni
tra ebrei e arabi ma non tutti vedono che non c'è soluzione a questo
problema. La pace non è possibile, c'è un abisso tra le due posizioni,
noi vogliamo la Palestina come nostra nazione, gli Arabi la vogliono per
loro come loro nazione.
Quasi cent'anni la premonizione di
Ben-Gurion in questa frase è chiara, Oggi Gerusalemme, città contesa, è
adornata con manifesti che dicono "Dio benedica Trump, Da Gerusalemme DC
(Capitale di Davide sic) a Washington DC".
Il riconoscimento
precipitoso di Gerusalemme come capitale di Israele, i suoi confini da
determinare, gli ha fatto conquistare nuovi amici in Israele anche se ha
avvelenato il conflitto Israelo-Palestinese.
Una cosa è sicura del
2018, non porterà la pace in Terra Santa, la pace non è costruita su
provocazioni o fantasie di accordi definitivi.
Tom Segev, prominente
storico israeliano, che ha appena terminato di scrivere una biografia
di Ben-Gurion mi ha raccontato che il fondatore della patria non fosse
particolarmente interessato a Gerusalemme quando per la prima volta andò
nella Palestina ottomana nel 1906. Alla "Capitale di Davide" preferiva
stare con i pionieri a Petah Tikwa e altrove.
"Gerusalemme aveva
troppi ebrei ortodossi, che erano antisionisti e troppi arabi" ha detto
Segev. Ben Gurion era interessato a formare un nuovo ebreo: da studiosi
di sacri testi nello Shtetl sarebbero diventati agricoltori vigorosi.
"Tel Aviv era la capitale del sionismo, Gerusalemme dell'ebraismo" ha
suggerito Segev.
Il movimento sionista ha accettato la Risoluzione 181 delle Nazioni
Unite del 1947, che chiedeva lo stabilirsi di due stati, uno ebraico ed
uno arabo, nel Mandato di Palestina. Ha accettato una divisione che
escludeva Gerusalemme dal nascente Stato ebraico, con la città un'entità
separata gestita dalle Nazioni Unite.
Gli arabi però rifiutarono
la risoluzione 181, andarono alla guerra, persero, e con l'armistizio
Israele prese il controllo di Gerusalemme Ovest che divenne la sua
capitale. La guerra scoppiò nuovamente nel 1967, gli arabi persero
nuovamente, Israele conquistò Gerusalemme Est, e dichiarò la città
intera riunificata come propria capitale. Cominciò la colonizzazione
della West Bank/Cisgiordania occupata. La vittoria lampo della Guerra
dei Sei Giorni avvenne 50 anni fa. La maggior parte degli israeliani è
nata dopo di essa. Le linee precedenti al 1967 non dicono loro nulla.
Questi sono i fatti poi vengono le emozioni.
Questa vittoria poteva
essere solo un dono di Dio. Come mi disse Segev: "Allora è quando
cominciò l'euforia, che dura fino ad oggi". Un forte nazionalismo e una
forte religione cominciano a saldarsi. E' stato da qualche parte nella
nostra anima collettiva".
Nella metà degli anni 70, Israele era a
metà del suo spostamento da coraggioso nuovo arrivato a potenza
coloniale. La spinta messianica a insediarsi nella West Bank https://www.nytimes.com/…/…/israel-3000-homes-west-bank.html (e la biblica Terra di Israele) avrebbe spinto il sionismo religioso da fenomeno marginale a cuore della politica israeliana.
La cultura nazionale cominciò il suo viaggio dall'essere una cultura di una comunità ad una cultura individualista.
Yitzhak Rabin, generale laico che concluse che solo il compromesso
territoriale con i palestinesi avrebbe portato la pace, è stato ucciso
nel 1995, non da palestinesi ma da un religioso israeliano zelota. Da
allora Israele si è mosso costantemente verso destra.
Era
inevitabile tutto questo? Uno stato ebraico etno-religioso avrebbe solo
potuto trovarsi in eterno conflitto, a controllare le vite dei
palestinesi? Segev pensa che fosse inevitabile. "Se fossi un
palestinese, combatterei anch'io gli ebrei" ha detto. "questo è il
prezzo del sionismo". da qui il titolo del suo libro: "Uno stato a tutti
i costi". Valeva il prezzo? "Sono particolarmente consapevole di quanto
il prezzo sia stato alto," ha detto.
Non penso che fosse
completamente inevitabile. Avesse vissuto Rabin ci sarebbe stata una
possibilità di pace. Non ci fosse il coltivare l'essere vittima una
fatale tentazione palestinese, avrebbe potuto sussistere una
possibilità. A quale prezzo? Mettetemi una pistola alla testa o sul
cuore, e dirò come ebreo che, sì, Israele valeva il prezzo.
Gli
ebrei avevano bisogno di una patria. La storia lo prova. L'assimilazione
non ha mai funzionato; l'olocausto non è stato niente altro che un
apice. Le Nazioni Unite nel 1947 hanno sostenuto questa patria. E, se,
come ebreo ho vissuto una vita privilegiata nella diaspora lo devo in
parte all'orgoglio e alla forza che il nuovo ebreo di Israele ha
forgiato. "Mai più" è diventato qualcosa di più che mere parole
attraverso la forza di Israele.
Ma l'Israele sperato da Ben Gurion
si è perso, corrotto dallo spingersi troppo in là. "La situazione è
molto grave nei territori Occupati" ha detto Segev. C'è una sistematica
violazione dei diritti umani dei palestinesi. Il nostro governo è sempre
di più di destra, razzista, anti-arabo. Se fossero membri di un governo
austriaco, richiameremmo il nostro ambasciatore per protesta.
Questo è il governo per cui il presidente Trump e un ambasciatore americano, che sembra l'inviato dei coloni della West Bank https://www.timesofisrael.com/us-envoy-said-to-ask-state-d…/, tifano. Questo è il governo che sta portando Israele da nessuna parte. Questa è la mia vergogna.
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