Ministro israeliano presenta un piano per ridurre gli arabi a Gerusalemme

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Israele: rimandato voto su controversa legge insediamenti ...


Israele: rimandato voto su controversa legge insediamenti Gerusalemme
Gerusalemme, 29 ott 16:18 - (Agenzia Nova) - Il governo israeliano ha rimandato il voto previsto oggi sulla controversa legge per l’annessione di 19 insediamenti della Cisgiordania a Gerusalemme e per degradare lo status di tre villaggi arabi della città che si trovano oltre la barriera di sicurezza. Lo ha confermato il deputato del partito Likud David Bitan, presidente della coalizione di governo Knesset. “C’è stata una pressione da parte degli statunitensi che ritengono che questo possa ostacolare il processo di pace”, ha detto Bitan alla radio dell’esercito israeliano. Se approvata la legge permetterà che i quartieri arabi di Kafr Akab, Shuafat ed Anata diventino sub-municipalità di Gerusalemme. Il movimento di sinistra Peace Now ha criticato la legge, affermando che, se approvata, consentirebbe un’annessione di fatto ed aprirebbe la strada per un’annessione "de iure". Il deputato israeliano Yoav Kisch, portavoce di uno degli autori iniziali della legge, ha spiegato che si tratta di “un’annessione municipale”, ma non riguarderà la sovranità degli insediamenti, che manterranno un proprio governo. L’idea, promossa dal ministro dei Trasporti Israel Katz, si basa sul modello di Londra e mira a creare una “grande Gerusalemme”. Se passasse, la legge consentirebbe a circa 150 mila abitanti degli insediamenti di votare alle elezioni municipali. In base alla legge, le aree inserite nella “grande Gerusalemme” non saranno annesse ad Israele. (Res)
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Israeli minister to push plan aimed at reducing number of Arabs in Jerusalem



sintesi personale
Il ministro degli affari di Gerusalemme, Zeev Elkin, ha presentato la sua proposta per la divisione comunale di Gerusalemme, che vedrà diversi quartieri arabi oltre la barriera di separazione della Cisgiordania, separati dal comune di Gerusalemme e posti sotto la giurisdizione di una o più nuove amministrazioni.

La mossa richiederà l'approvazione del primo ministro Benjamin Netanyahu e il completamento di vari emendamenti legislativi, la cui prima lettura è già stata approvata dal Knesset nel mese di luglio.

Elkin ritiene che il suo piano  non dovrà affrontare gravi resistenze da destra o da sinistra.

I quartieri che sarebbero esclusi dalle frontiere comunali di Gerusalemme secondo il disegno di legge. Haaretz

Questo è il primo tentativo di ridurre la zona municipale di Gerusalemme ampliata  dopo la guerra dei Sei Giorni nel 1967. È anche il primo tentativo di istituire un consiglio locale straordinario israeliano i cui abitanti non sono cittadini israeliani, ma piuttosto i palestinesi con lo status di residenti permanenti.

I quartieri oltre la barriera di separazione sono: al Shoafat, Kafr Aqab, Walajah   e una piccola parte del quartiere Sawahra.

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Nessuno sa precisamente quante persone vivono in queste aree. La cifra è stimata tra 100.000 e 150.000, un terzo del quale ha carte d'identità israeliane e lo status di residenza. Dalla costruzione della barriera di separazione circa 13 anni fa (la barriera a Walajah è attualmente in fase di completamento), queste aree sono state tagliate fuori da Gerusalemme, anche se sono ancora sotto la giurisdizione della capitale.

Dopo la costruzione della barriera, il comune di Gerusalemme, la polizia e le altre agenzie israeliane hanno smesso di fornire servizi . L'anarchia regna in assenza d’ispettori di polizia e ci sono gravi problemi infrastrutturali. Decine di migliaia di unità abitative sono state costruite senza permessi e sono aumentate le organizzazioni criminali e di droga.


"L'esercito non può agire formalmente, la polizia interviene solo per operazioni, l'area è diventata terra di nessuno. La fornitura di servizi di qualsiasi tipo è diventata pericolosa,  gli edifici sono  alti e ad alta  densità “

Elkin ha anche aggiunto che gli edifici potrebbero crollare in  caso di terremoto.

Tuttavia, questi non sono gli unici problemi che preoccupano Elkin. Egli è anche interessato alla rapida crescita demografica di questi settori e al suo impatto sull'equilibrio tra ebrei e arabi a Gerusalemme.

Molte delle famiglie di questi quartieri sono costituite da un genitore residente in Israele e quindi i bambini sono residenti israeliani, il che aumenta il numero di residenti palestinesi a Gerusalemme.

Secondo Elkin, alloggi a basso costo, vicinanza a Gerusalemme e l'ingiustizia prevalente, hanno reso questi quartieri una calamita per le  persone provenienti da Gerusalemme e dalla Cisgiordania .

Il ministro ha aggiunto: "Proprio perché credo nel loro diritto elettorale e voglio che lo usino, non posso essere indifferente al pericolo della perdita di una maggioranza ebraica che non è causata da processi naturali, ma dalla migrazione illegale nello Stato di Israele che non c'è modo per impedirmi ". Ha  dichiarato di respingere soluzioni come la consegna ai quartieri all'Autorità palestinese . Ha anche rifiutato di cambiare il percorso della barriera di separazione per motivi di sicurezza, finanziari e legali. "Non ho dubbi che per il successo di questo piano , la cooperazione dovrà svilupparsi con la leadership locale . Il loro interesse è quello di cambiare le attuali  condizioni di vita intollerabili.
È vero che se qualcuno vuole trasferire questa zona [all'amministrazione palestinese], sarà più facile farlo ".
Nei circoli politici si ritiene che il principale avversario del piano sarà il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, perché il comune perderà parte dei finanziamenti se non ha più  il controllo amministrativo di questi quartieri. Il PA dovrebbe anche opporsi al piano considerandolo come un tentativo di aumentare il numero degli ebrei a Gerusalemme.

Secondo un membro anziano della coalizione, questo   il disegno di legge nella sua forma attuale "subirà  la pressione internazionale e, inoltre,  contiene gravi problemi legali. Netanyahu non può permettersi di promuovere questa forma di legge in questo momento.





Viaggio a Kufr Akab, uno dei sobborghi palestinesi della Città Santa destinato ad essere separato. E domani all’esame di un comitato ministeriale israeliano c’è un disegno di legge per estendere i confini municipali ad alcuni insediamenti coloniali

Gerusalemme, 28 ottobre 2017, Nena News – «Al Bireh – Ramallah, Al Bireh – Ramallah». Urla la sua destinazione ai passanti il giovane l’autista del “service”, il taxi-navetta che collega Kufr Akab a Ramallah. Una signora con un bimbo attaccato alla mano si affretta ad entrare nell’auto facendo il possibile per non calpestare le buste piene di rifiuti ammassate davanti alla fermata. Qualche istante dopo il “service” parte sollevando una nuvola di polvere che avvolge quattro-cinque ragazzine con lo zainetto della scuola sulle spalle in attesa di un altro mezzo di trasporto.
Percorriamo strade asfaltate solo in parte e colme di cartacce, lattine schiacciate e buste di plastica sollevate dal vento. Svettano palazzoni nuovi di 10-15 piani. In parte incompleti. «Costruiscono in tanti qui, senza permesso, case su case. C’è tanta richiesta di alloggi. E nessuno verrà a controllare se sono agibili. Da quando hanno costruito il Muro gli israeliani a Kufr Akab non ci vengono più», ci dice Jaber Salfiti, che vive alla periferia di questo sobborgo che ufficialmente è parte di Gerusalemme Est e che fu annesso alla città nel 1967, dopo l’occupazione israeliana, assieme a Dayet el Barid, Ram, Beit Hanina e Shuaffat.
L’intento israeliano era di includere l’aeroporto di Kalandiya nella cintura di Gerusalemme. Decenni dopo quei palestinesi con in tasca la residenza a Gerusalemme sono diventati “troppi”. E il percorso del Muro, che Israele afferma di aver costruito per «ragioni di sicurezza», ha segnato il destino di otto sobborghi della Gerusalemme araba occupata. I palestinesi che si trovano sul lato esterno della barriera sono destinati, presto o tardi, a perdere la residenza a Gerusalemme. Non è ufficiale, le autorità israeliane non lo confermano ma i 50mila abitanti di Kufr Akab lo sanno.
«Non abbiamo più servizi comunali, le ambulanze (israeliane) non vengono qui perchè dicono che è pericoloso, l’illuminazione pubblica è quasi inesistente, la raccolta dei rifiuti è ora affidata a un privato che fa ben poco. Più di tutto non c’è legge a Kufr Akab, ognuno guida come vuole, non c’è il codice stradale, e se i ladri ti entrano in casa non puoi farci nulla, la polizia israeliana non c’è e quella dell’Autorità nazionale palestinese non ha autorità in quest’area. I criminali lo sanno e si nascondono qui».
L’elenco di Jaber Salfiti è lungo. E le stesse cose te le raccontano i palestinesi del campo profughi di Shuaffat, Ras Khamis, Sheikh Saad, al Walaje e altre aree periferiche. Posseggono la carta d’identità blu, israeliana, ma sono abbandonati perché residenti sul “lato arabo” del Muro. E devono percorrere in non pochi casi diversi chilometri per raggiungere i posti di blocco di polizia ed esercito che segnano gli accessi dalla Cisgiordania a Gerusalemme.
A Kufr Akab si è formato un comitato popolare per risolvere i problemi creati dalla mancanza di servizi. Il suo presidente Munir Zghayer si dice pronto a rivolgersi alla Corte Suprema di Israele ma sa che servirebbe a ben poco.
Nel silenzio della comunità internazionale e la passività dell’Autorità Nazionale di Abu Mazen, non ci vuole molto ad immaginare il futuro di Kufr Abak e degli altri sette sobborghi palestinesi di Gerusalemme Est. Non ci sono le carte ufficiali, almeno non ancora, ma basta seguire i piani di sviluppo delle colonie israeliane – illegali per il diritto internazionale ma che le autorità chiamano “quartieri” – per capire che le aree arabe alla prima opportunità politica favorevole verranno separate con un taglio netto da Gerusalemme.Nel rispetto di una politica che vuole accrescere il più possibile il numero degli israeliani ebrei nella Città Santa e «contenere» quello dei palestinesi.
Domani un comitato ministeriale discuterà un disegno di legge per «l’estensione» dell’area municipale di Gerusalemme ad alcuni insediamenti coloniali ebraici – Givat Zeev, Maaleh Adumim, Beitar Illit, Efrat e la regione di Gush Etzion tra Betlemme e Hebron – in un primo passo che dovrà portare al riconoscimento legale da parte della Knesset della costituzione della “Grande Gerusalemme”. Il disegno di legge è di due esponenti del Likud, il ministro dell’intelligence Israel Katz e il deputato Yoav Kish, e vuole creare «una grande area metropolitana con una solida maggioranza ebraica».
Bety Herschman, di Ir Amin, una ong che si batte per Gerusalemme capitale aperta per palestinesi ed ebrei, sottolinea la «pericolosità» del progetto di Katz e Kish. «Nel silenzio generale il governo Netanyahu potrebbe approvare un piano che cambierà la faccia di Gerusalemme, facendone una città non più per due popoli ma per uno soltanto. Questo progetto è volto ad assorbire tre blocchi (di colonie israeliane) e a sradicare i residenti palestinesi che vivono in sobborghi situati all’interno dei confini municipali di Gerusalemme ma al di fuori della barriera di separazione», spiega Herschman al manifesto.
Nei mesi scorsi una deputata del Likud, Anat Berko, ha «suggerito» al premier Netanyahu di modificare il percorso del Muro in modo da creare sul terreno le condizioni per «trasferire» all’Autorità Nazionale di Abu Mazen i sobborghi palestinesi di Gerusalemme nel quadro di una soluzione in due fasi: la loro trasformazione in “Area B” (amministrazione civile ai palestinesi e sicurezza a Israele) in un primo momento e, tra qualche anno, in “Area A” (controllo pieno palestinese). In tal modo 200mila palestinesi (forse 300mila) saranno espulsi da Gerusalemme.
Ne ricaverebbero un vantaggio, ha spiegato Berko, anche lo Stato e il Comune di Gerusalemme non più chiamati a garantire assistenza sanitaria, sociale e ambientale a un numero così alto di «arabi». Ma la “riduzione” del numero dei palestinesi residenti a Gerusalemme non è solo un progetto della destra. Qualche mese fa il Partito laburista aveva proposto un piano simile per Gerusalemme Est, anche se meno brutale. Di recente il leader del partito, Avi Gabbai, si è dichiarato contro qualsiasi ipotesi di sgombero delle colonie israeliane nel quadro di un accordo di pace. Neanche una ha detto.
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