Fulvio Scaglione :Perché è la “guerra al terrorismo” che provoca attentati
L’attentatore
di Manchester, Salman Abedi, era ben noto, ma nessuno ha avuto modo di
fermarlo. Il ministro dell’Interno inglese rischia le dimissioni, ma il
problema è più serio. Non si può fare lotta al terrore tenendo un
atteggiamento…
tinyurl.com/y99jxb2d|Di Fulvio Scaglione
Confusione, dilettantismo, indecisione politica. Indagini
a carico dei servizi segreti, più segreti che capaci. E una generale
sensazione di imbarazzo che fa a pugni con l'orgoglio mostrato solo
qualche giorno fa, quando Londra scagliava aspre critiche sulla Casa
Bianca, colpevole di non aver conservato con cura certe informazioni
sull'attentato di Manchester. Theresa May e il suo Governo
cercano in queste ore di far credere di avere tutto sotto controllo ma
il loro sforzo è ormai quasi patetico. Salman Abedi, il ragazzo di 22
anni che ha fatto strage nella Manchester Arena, era ben noto per i suoi
legami con gli ambienti dell'islam radicale. Di più: era il
rampollo di una famiglia il cui patriarca, Ramadan Abedi, era un
mlitante del Gruppo combattente islamico di Libia, una formazione
anti-Gheddafi legata ad Al Qaeda. Ramadan era tornato in Libia nel 2011
per combattere contro il Rais e si era portato dietro il figlio, che
anche in seguito era andato avanti e indietro dalla Libia.
Tutto in segreto? Non troppo, visto che le autorità sapevano dei suoi viaggi,
sapevano della sua radicalizzazione e peraltro ben conoscevano gli
umori della comunità libica di Fallowfield, a Sud di Manchester, dove
tra gli altri aveva trovato rifugio anche Abd al-Baset Azzouz, esperto
di ordigni esplosivi e capo di un gruppo di almeno 300 miliziani
affiliato ad Al Qaeda e attivo in Libia.
La vicinanza con Azzouz potrebbe spiegare, tra l'altro, come mai
un terrorista pivello come Salman andasse in giro con un ordigno con un
duplice meccanismo d'innesco, studiato per rendere certa la
deflagrazione dell'esplosivo. Peccato che nessuno abbia pensato di
applicare agli Abedi il TEO (Temporary Exclusion Order), ovvero la legge
che dal 2015 consente di impedire il rientro nel Regno Unito a coloro
che sono sospettati di essere foreign fighter. Legge
che in questi due anni è stata applicata una sola volta, come è stata
costretta ad ammettere Amber Rudd, ministro degli Interni, subito
travolta dalle polemiche e ormai a rischio di dimissioni forzate.
Salman Abedi, il ragazzo di 22 anni che ha fatto strage nella Manchester Arena, era ben noto per i suoi legami con gli ambienti dell'islam radicale
Tutto questo, però, rappresenta alla perfezione ciò che noi
occidentali da quasi 17 anni (cioè da quando George Bush junior la
proclamò, il 20 settembre 2001) chiamiamo “guerra al terrorismo”: un informe e ipocrita pasticcio che ci ha portati ad avere sempre più attentati (tra 2014 e 2015 un più 18% negli attacchi suicidi), sempre più morti (cresciuti di nove volte tra 2000 e 2016) e sempre meno sicurezza.
Dopo tutto questo tempo, seguitiamo a chiamare “terrorista” chiunque uccida civili. Sembra
una cosa sensata ma non lo è: c'è un'enorme differenza, infatti, tra il
mattocchio di Londra, che si lanciò con l'automobile sui passanti sul
ponte di Westminster, e il kamikaze di Manchester, che portava sulle
spalle un ordigno costruito da un professionista. La stessa
differenza che passa tra uno che viene mandato a uccidere dai propri
demoni interiori e uno che fa una strage su mandato e indicazione di
menti ferine ma lucide.
Noi occidentali siamo ormai diventati incapaci di qualunque distinzione.
Se avessimo conservato un minimo di lucidità, capiremmo che contro il
“lupo solitario” dalla mente deragliata c'è poco che si possa fare, oltre a confidare nella professionalità delle forze di polizia e dei servizi sanitari. Mentre c'è molto che si può ancora fare contro le azioni dei professionisti del terrore,
quelli capaci di trovare uno squilibrato, trasformarlo in un kamikaze e
lanciarlo in mezzo alla folla con una bomba che nessuno può
disinnescare.
È questo il terrorismo di cui dovremmo avere paura, è questo
il terrorismo che si può combattere e neutralizzare, come proprio il
“caso Manchester” e la storia di Salman Abedi dimostrano. E la prima
cosa da fare sarebbe tagliare le sue linee di rifornimento.
Viene però il sospetto che anche la confusione abbia un suo scopo.
Trasformare il terrorismo in una notte in cui tutti i gatti sono bigi
può egregiamente servire a non spiegare perché, dopo tanti lutti e tanti
lamenti, seguitiamo a coccolare i Paesi che sono in prima fila nel
finanziamento e nel sostegno ai terroristi.
La guerra al terrorismo”: un informe e ipocrita pasticcio che ci ha portati ad avere sempre più attentati
Qualche esempio. Che senso ha che il G7 concluda che serve un maggiore scambio di informazioni tra i Paesi membri
per combattere gli attentatori se Donald Trump, appena prima di firmare
quell'impegno, ha rovesciato sull'Arabia Saudita, che con il Qatar è
uno dei grandi sponsor della violenza islamista, un fiume di armi che andranno ad alimentare, appunto, anche il terrorismo?
Che senso ha che Theresa May si impegni a garantire la sicurezza del
proprio Paese se l'industria degli armamenti del Regno Unito ha come
primo cliente proprio quell'Arabia Saudita di cui abbiamo appena detto?
Se ci sono più di 120 joint venture anglo-saudite che fatturano
centinaia di miliardi di sterline l'anno? A che servono tutte le dichiarazioni se poi le azioni politiche concrete vanno in senso contrario?
Ecco, forse tutta quella confusione in merito a terroristi e
terrorismo serve proprio a questo. A non far capire ai cittadini
spaventati che se si è il migliore amico del migliore amico dei
terroristi, la guerra al terrorismo te la puoi scordare.
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