Alberto Negri :Perché è una guerra «dentro» una religione
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Perché è una guerra «dentro» una religione
Il Sole 24 Ore
Perché è una guerra «dentro» una religione
Il Sole 24 Ore
È guerra, ma non di religione dice il Papa. E ha ragione: questa
è una guerra "dentro" una religione. È cominciata all' interno l' Islam
e la maggior parte delle sue vittime sono musulmani: per questo appare
così frammentaria e contradditoria, anche quando il bersaglio sono le
società occidentali. In realtà i contorni sono più nitidi di quanto non
si voglia far credere: la religione è usata strumentalmente per un
conflitto di potenza. Si comincia nel 1979 quando l' Unione Sovietica
invade l' Afghanistan: fu allora che i mujaheddin vennero appoggiati per
abbattere l' Impero Rosso. Erano "i nostri eroi", dopo l' 11 settembre,
con i talebani e Al Qaeda, diventarono i" barbari".
La regia era americana, i soldi sauditi e il Pakistan a fare da
ospitale piattaforma per tutti i gruppi islamisti anti-sovietici: è il
ruolo che ha avuto la Turchia in Siria aprendo l'"autostrada dei
jihadisti" per far fuori nel 2011 Bashar Assad. La Siria è l'
Afghanistan dei nostri tempi. Ma alle porte di casa. Il conflitto dentro
l' Islam è diventato apertamente una guerra tra sciiti e sunniti nel
1980 quando il 22 settembre Saddam Hussein attacca l' Iran di Khomeini:
tutto questo dieci giorni dopo il colpo di stato del generale Kenan
Evren in Turchia. Corsi e ricorsi della storia: il fallito colpo di
stato in Turchia oggi non solo ha aperto la strada alle epurazioni di
Erdogan ma anche a un rivolgimento in un Paese cardine della Nato. Il
conflitto nel Golfo durò otto anni con un milione di morti senza
cambiare i confini di un centimetro: Saddam venne finanziato con 50
miliardi di dollari dalle petromonarchie del Golfo per far fuori la
repubblica islamica vissuta come una minaccia perenne all' egemonia dei
sunniti. Ma non sempre le cose vanno come si vorrebbe: il Raìs, dopo l'
occupazione del Kuwait nel '90, diventò bersaglio di una prima guerra
nel '91 e di una seconda nel 2003. Questi "intervalli", in cui l'
Occidente "guardava a Est" furono costellati da centinaia di migliaia di
morti tra i curdi e gli sciiti. Facciamo un passo indietro per capire
la politica occidentale e dei suoi alleati musulmani. Nel novembre '78
Carter nominò il diplomatico George Ball capo di una task force
incaricata di elaborare un rapporto sull' Iran. Ball assegnava ben poche
chance alla dinastia Palhevi di restare sul trono del Pavone e
raccomandava di sostenere l' opposizione di Khomeini. In realtà aveva
ricalcato lo studio di uno dei massimi esperti mondiali, Bernard Lewis,
professore emerito a Princeton, ex agente britannico al Cairo durante la
seconda guerra mondiale. Lewis raccomandava di appoggiare i movimenti
radicali islamici, i Fratelli Musulmani e Khomeini con l' intento di
promuovere la balcanizzazione dell' intero Medio Oriente lungo linee
tribali e religiose. Più o meno quanto sostenevano i neo-con di Bush jr.
che infatti nel 2003 acclamarono Lewis come il loro ispiratore. Il
disordine sarebbe sfociato in quello che il professore definì un "arco
della crisi", per poi diffondersi anche nelle repubbliche musulmane
dell' Unione Sovietica. L' espressione "arco di crisi" ebbe un enorme
successo, fu ripresa da Brzezinski, consigliere della sicurezza
nazionale, insieme alla teoria di utilizzare l' Islam in funzione
antisovietica. L' Iran, sfortunatamente per Carter, si rivelò più un
problema per gli Usa che per Mosca ma l' invasione dell' Afghanistan da
parte dell' Armata Rossa nel dicembre '79 diede un impulso straordinario
alla teoria di Lewis: furono armati migliaia di mujaheddin che
inchiodarono i russi in un conflitto disastroso fino al ritiro nell' 89.
Con la fine dell' Urss, Washington decise che l' area non era più
interessante e l' abbandonò all' Islam radicale. Lewis fu il più strenuo
sostenitore della necessità di rovesciare Saddam Hussein: lo definì «un
passo decisivo per dare una spinta modernizzatrice a tutto il Medio
Oriente». Le cose sono andate diversamente. Ma quello che colpisce non
sono le previsioni sbagliate, quanto i discorsi che hanno accompagnato
le azioni occidentali in Medio Oriente. Più che confortare le fantasiose
teorie del complotto, questi studi rispondevano alla necessità di
giustificare a posteriori le proprie azioni. Esattamente come avviene
oggi con la Siria, il Califfato e la Turchia: si voleva abbattere un
dittatore a Damasco e adesso abbiamo un autocrate anche ad Ankara. Non
solo ma come in una nemesi della storia, la Russia è tornata
protagonista in Medio Oriente e l' Iran ha rafforzato le use mire
egemoniche davanti a potenze sunnite in crisi. Ma come giustamente
sottolinea il Papa prima ancora che guerre di religione sono conflitti
di potenza che tendono a salvare dinastie clienti dell' Occidente come
quella dei Saud. Nessuna distorsione dell' Islam o interpretazione del
Corano sfugge a questa prosaica realtà.
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