Ramzy Baroud : Se la Siria dovrà cadere, altri seguiranno: il vaso di Pandora del federalismo
Di Ramzy Baroud
24 marzo 2016
L’evidente improvviso ritiro delle forze militari dalla Siria, iniziato il 15 marzo, ha lasciato perplessi i commentatori politici.
Poche delle analisi offerte dovrebbero essere prese sul serio. Ci sono poche informazioni consistenti riguardo al motivo per cui il leader russo ha deciso di porre fine all’offensiva militare del suo paese in Siria. L’intervento, iniziato nel settembre scorso, è stato sufficiente a cambiare la direzione della guerra su molti fronti.
Una cosa, tuttavia è sicura. Il ritiro russo è reversibile, come è stato indicato dallo stesso Vladimir Putin. “Se necessario, letteralmente in poche ore, la Russia può costruire il suo contingente nella regione di una misura proporzionata alla situazione che si sviluppa lì, e usare l’intero arsenale di capacità a nostra disposizione,” ha detto al Cremlino il 17 marzo.
Di fatto, tutte le parti coinvolte stanno prendendo sul serio questa minaccia dato che il ritiro improvviso non ha rinnovato l’appetito per la guerra e non presenta un’occasione per qualsiasi parte importante del conflitto ritirarsi dai colloqui di pace di Ginevra.
E’ sicuro dire che dopo cinque anni di guerra in Siria, il conflitto sta entrando in una nuova fase. No, non una risoluzione politica, ma un grandioso gioco politico che potrebbe dividere il paese in varie entità, in base a linee settarie.
Se avverrà, sarà di cattivo augurio non soltanto per la Siria, ma per l’intera regione. La divisione diventerà la parola alla moda secondo la quale tutti gli attuali conflitti ci si aspetterebbe che vengano sistemati.
Mentre i motivi che sono dietro il ritiro della Russia devono ancora essere chiariti , il collegamento intrinseco tra questo e i colloqui attuali in cui la divisione della Siria in federazioni è stata messa in agenda, è inequivocabile.
Il mediatore dell’ONU, Staffan de Mistura, dovrebbe vergognarsi di aver messo il ‘federalismo’ nella sua agenda dei colloqui di questa settimana sulla fine della guerra è su di una ‘nuova’ Siria,” ha scritto Michael Jensen sul Jordan Times. “Anche Mosca, più alcune potenze occidentali, dovrebbero essere aspramente criticate per aver pensato a questa possibilità.”
In verità, il modello non è interamente russo. Quest’ultimo è riuscito a ribilanciare il conflitto a favore del governo di Bashar al-Assad, ma anche varie altre parti, occidentali e arabe, oltre alla Turchia e all’Iran, sono riuscite a dirigere il conflitto verso un effettivo stallo.
Senza buona volontà e con poca fiducia tra le parti in disaccordo, dividere il paese si è trasformata da possibilità remota in possibilità reale.
Per questo non è stata una sorpresa che, mentre il ritiro russo era ancora in corso, e poco dopo la ripresa dei colloqui di Ginevra, le aree controllate dai Curdi in Siria si sono dichiarate regione federale nel nord. Naturalmente la mossa è incostituzionale, ma la bolgia violenta della Siria è diventata l’occasione perfetta perché vari gruppi prendessero la situazione nelle loro mani. Dopo tutto, il violentissimo Daesh, si era ritagliato uno stato per se stesso e aveva formato un’economia, creato ministeri e scritto nuovi libri di testo.
La mossa da parte del PYD (Partito dell’Unione Democratica) curdo siriano è stata, di fatto, più consequenziale. Daesh è un gruppo pariah che non è riconosciuto da nessuna parte nel conflitto. Il PYD, considerato un ramo del Partito dei Lavoratori del Kurdistan turco (PKK), invece ottiene molta simpatia e appoggio, sia dagli Stati Uniti che dalla Russia.
Al gruppo è stato dato il merito di aver combattuto intrepidamente il Daesh e si aspettava dividendi politici per quel ruolo. IL PYD, tuttavia, non è stato invitato a partecipare ai colloqui di Ginevra.
Anche se la loro decisione è stata considerata una punizione per essere stati esclusi dai colloqui, è improbabile che il PYD abbia preso la decisione senza l’appoggio segreto dei suoi principali benefattori che da mesi stavano ventilando l’idea di federazione.
Per esempio, l’idea era stata espressa da Michael O’Hannon del Brookings Institute in un articolo di fondo nell’ottobre scorso. Chiedeva che gli Stati Uniti trovassero uno ‘scopo comune con la Russia’, tenendo in mente, allo stesso tempo, il ‘modello Bosnia’.
Più di recente, durante una testimonianza di fronte al comitato del Senato americano per discutere il cessate il fuoco, il Segretario di Stato, John Kerry, ha rivelato che il suo paese sta preparando un ‘Piano B’ se dovesse fallire il cessate il fuoco. Potrebbe essere “troppo tardi mantenere la Siria intera, se aspetteremo molto più a lungo,” ha detto.
La condivisione russa della guerra ha forse alterato il panorama del conflitto reale, ma ha anche ulteriormente cementato il modello della divisione.
Recenti commenti da parte del Vice Ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, che un modello federale per la Siria “funzionerà per adempiere al compito di preservarla come nazione unita, laica, indipendente e sovrana,” è stata l’interpretazione russa delle osservazioni di Kerry.
Considerare gli attuali equilibri di potere nella Siria stessa e nella regione nel suo complesso, potrebbe alla fine diventare l’unica soluzione fattibile per un paese lacerato dalla guerra e stremato da morti infinite.
Il Qatar ed altri paesi del Golfo hanno già rifiutato l’idea del federalismo, anche se si considerano le più recenti acquisizioni territoriali del governo siriano, il loro rifiuto potrebbe non essere un fattore decisivo. Anche i turchi considerano problematico il federalismo perché darà potere ai loro arci nemici, cioè i Curdi ai quali, secondo il modello, sarà garantita la loro regione autonoma. L’annuncio del PYD è stato, nel migliore dei casi, un test per la reazione popolare o un primo passo verso la divisione dell’intera Siria.
Considerando quanto sia stata orribile la guerra siriana in questi anni passati, il federalismo potrebbe non colpire molti come una possibilità tremenda, ma tale è. I paesi arabi sono storicamente il risultato di un’ingerenza occidentale e straniera che ha diviso la regione in base a una convenienza strategica. La mentalità ‘divide et impera’ non è stata mai sgominata, ma, anzi, rafforzata, durante l’occupazione americana dell’Iraq.
Il “’federalismo’ nel contesto di questa regione è un’altra parola che sta per divisione e spartizione. E’ una parolaccia e un concetto maledetto per i paesi in questa regione dove le comunità di diverse sette religiose e differenti etnie, sono state piantate per secoli negli organismi degli stati, come l’uvetta secca nel dolce di frutta che si fa a Natale,” ha elaborato Jensen.
La regione araba fu divisa nel 1916 per risolvere conflitti straordinari tra Gran Bretagna e Francia e, in misura minore, Russia. La proposta divisione della Siria segue la stessa logica.
Se, però, si deve aprire questo vaso di Pandora, è probabile che si trovi sull’agenda dei futuri colloqui di pace, durante i quali i Libici e gli Yemeniti potrebbero trovarsi a contendere con la stessa possibilità. Entrambi questi paesi, in un certo momento del passato, sono stati divisi, quindi non è un’idea del tutto improbabile.
E’ importante che dividere gli arabi non diventi il modo di operare nel gestire il conflitto, la regione e le sue risorse. Il federalismo non soltanto mina l’identità della nazione siriana, ma pianta anche il seme di ulteriori conflitti tra le sette in guerra, non soltanto in Siria, ma nel Medio Oriente in generale.
Soltanto una Siria unita può offrire speranza per il futuro. Niente altro.
Il Dottor Ramzy Baroud scrive da 20 anni di Medio Oriente. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, autore di vari libri e fondatore del sito PalestineChronicle.com. Tra i suoi libri ci sono: ‘Searching Jenin’ [Cercando Jenin], The Second Palestinian Intifada [La seconda Intifada palestinese], e il suo più recente: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story (Pluto Press, Londa). [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata]. Il suo sito web è www.ramzybaroud.net
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/if-syria-is-to-fall-others-will-follow-the-pandoras-box-of-federalism
Originale: non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
24 marzo 2016
L’evidente improvviso ritiro delle forze militari dalla Siria, iniziato il 15 marzo, ha lasciato perplessi i commentatori politici.
Poche delle analisi offerte dovrebbero essere prese sul serio. Ci sono poche informazioni consistenti riguardo al motivo per cui il leader russo ha deciso di porre fine all’offensiva militare del suo paese in Siria. L’intervento, iniziato nel settembre scorso, è stato sufficiente a cambiare la direzione della guerra su molti fronti.
Una cosa, tuttavia è sicura. Il ritiro russo è reversibile, come è stato indicato dallo stesso Vladimir Putin. “Se necessario, letteralmente in poche ore, la Russia può costruire il suo contingente nella regione di una misura proporzionata alla situazione che si sviluppa lì, e usare l’intero arsenale di capacità a nostra disposizione,” ha detto al Cremlino il 17 marzo.
Di fatto, tutte le parti coinvolte stanno prendendo sul serio questa minaccia dato che il ritiro improvviso non ha rinnovato l’appetito per la guerra e non presenta un’occasione per qualsiasi parte importante del conflitto ritirarsi dai colloqui di pace di Ginevra.
E’ sicuro dire che dopo cinque anni di guerra in Siria, il conflitto sta entrando in una nuova fase. No, non una risoluzione politica, ma un grandioso gioco politico che potrebbe dividere il paese in varie entità, in base a linee settarie.
Se avverrà, sarà di cattivo augurio non soltanto per la Siria, ma per l’intera regione. La divisione diventerà la parola alla moda secondo la quale tutti gli attuali conflitti ci si aspetterebbe che vengano sistemati.
Mentre i motivi che sono dietro il ritiro della Russia devono ancora essere chiariti , il collegamento intrinseco tra questo e i colloqui attuali in cui la divisione della Siria in federazioni è stata messa in agenda, è inequivocabile.
Il mediatore dell’ONU, Staffan de Mistura, dovrebbe vergognarsi di aver messo il ‘federalismo’ nella sua agenda dei colloqui di questa settimana sulla fine della guerra è su di una ‘nuova’ Siria,” ha scritto Michael Jensen sul Jordan Times. “Anche Mosca, più alcune potenze occidentali, dovrebbero essere aspramente criticate per aver pensato a questa possibilità.”
In verità, il modello non è interamente russo. Quest’ultimo è riuscito a ribilanciare il conflitto a favore del governo di Bashar al-Assad, ma anche varie altre parti, occidentali e arabe, oltre alla Turchia e all’Iran, sono riuscite a dirigere il conflitto verso un effettivo stallo.
Senza buona volontà e con poca fiducia tra le parti in disaccordo, dividere il paese si è trasformata da possibilità remota in possibilità reale.
Per questo non è stata una sorpresa che, mentre il ritiro russo era ancora in corso, e poco dopo la ripresa dei colloqui di Ginevra, le aree controllate dai Curdi in Siria si sono dichiarate regione federale nel nord. Naturalmente la mossa è incostituzionale, ma la bolgia violenta della Siria è diventata l’occasione perfetta perché vari gruppi prendessero la situazione nelle loro mani. Dopo tutto, il violentissimo Daesh, si era ritagliato uno stato per se stesso e aveva formato un’economia, creato ministeri e scritto nuovi libri di testo.
La mossa da parte del PYD (Partito dell’Unione Democratica) curdo siriano è stata, di fatto, più consequenziale. Daesh è un gruppo pariah che non è riconosciuto da nessuna parte nel conflitto. Il PYD, considerato un ramo del Partito dei Lavoratori del Kurdistan turco (PKK), invece ottiene molta simpatia e appoggio, sia dagli Stati Uniti che dalla Russia.
Al gruppo è stato dato il merito di aver combattuto intrepidamente il Daesh e si aspettava dividendi politici per quel ruolo. IL PYD, tuttavia, non è stato invitato a partecipare ai colloqui di Ginevra.
Anche se la loro decisione è stata considerata una punizione per essere stati esclusi dai colloqui, è improbabile che il PYD abbia preso la decisione senza l’appoggio segreto dei suoi principali benefattori che da mesi stavano ventilando l’idea di federazione.
Per esempio, l’idea era stata espressa da Michael O’Hannon del Brookings Institute in un articolo di fondo nell’ottobre scorso. Chiedeva che gli Stati Uniti trovassero uno ‘scopo comune con la Russia’, tenendo in mente, allo stesso tempo, il ‘modello Bosnia’.
Più di recente, durante una testimonianza di fronte al comitato del Senato americano per discutere il cessate il fuoco, il Segretario di Stato, John Kerry, ha rivelato che il suo paese sta preparando un ‘Piano B’ se dovesse fallire il cessate il fuoco. Potrebbe essere “troppo tardi mantenere la Siria intera, se aspetteremo molto più a lungo,” ha detto.
La condivisione russa della guerra ha forse alterato il panorama del conflitto reale, ma ha anche ulteriormente cementato il modello della divisione.
Recenti commenti da parte del Vice Ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, che un modello federale per la Siria “funzionerà per adempiere al compito di preservarla come nazione unita, laica, indipendente e sovrana,” è stata l’interpretazione russa delle osservazioni di Kerry.
Considerare gli attuali equilibri di potere nella Siria stessa e nella regione nel suo complesso, potrebbe alla fine diventare l’unica soluzione fattibile per un paese lacerato dalla guerra e stremato da morti infinite.
Il Qatar ed altri paesi del Golfo hanno già rifiutato l’idea del federalismo, anche se si considerano le più recenti acquisizioni territoriali del governo siriano, il loro rifiuto potrebbe non essere un fattore decisivo. Anche i turchi considerano problematico il federalismo perché darà potere ai loro arci nemici, cioè i Curdi ai quali, secondo il modello, sarà garantita la loro regione autonoma. L’annuncio del PYD è stato, nel migliore dei casi, un test per la reazione popolare o un primo passo verso la divisione dell’intera Siria.
Considerando quanto sia stata orribile la guerra siriana in questi anni passati, il federalismo potrebbe non colpire molti come una possibilità tremenda, ma tale è. I paesi arabi sono storicamente il risultato di un’ingerenza occidentale e straniera che ha diviso la regione in base a una convenienza strategica. La mentalità ‘divide et impera’ non è stata mai sgominata, ma, anzi, rafforzata, durante l’occupazione americana dell’Iraq.
Il “’federalismo’ nel contesto di questa regione è un’altra parola che sta per divisione e spartizione. E’ una parolaccia e un concetto maledetto per i paesi in questa regione dove le comunità di diverse sette religiose e differenti etnie, sono state piantate per secoli negli organismi degli stati, come l’uvetta secca nel dolce di frutta che si fa a Natale,” ha elaborato Jensen.
La regione araba fu divisa nel 1916 per risolvere conflitti straordinari tra Gran Bretagna e Francia e, in misura minore, Russia. La proposta divisione della Siria segue la stessa logica.
Se, però, si deve aprire questo vaso di Pandora, è probabile che si trovi sull’agenda dei futuri colloqui di pace, durante i quali i Libici e gli Yemeniti potrebbero trovarsi a contendere con la stessa possibilità. Entrambi questi paesi, in un certo momento del passato, sono stati divisi, quindi non è un’idea del tutto improbabile.
E’ importante che dividere gli arabi non diventi il modo di operare nel gestire il conflitto, la regione e le sue risorse. Il federalismo non soltanto mina l’identità della nazione siriana, ma pianta anche il seme di ulteriori conflitti tra le sette in guerra, non soltanto in Siria, ma nel Medio Oriente in generale.
Soltanto una Siria unita può offrire speranza per il futuro. Niente altro.
Il Dottor Ramzy Baroud scrive da 20 anni di Medio Oriente. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, autore di vari libri e fondatore del sito PalestineChronicle.com. Tra i suoi libri ci sono: ‘Searching Jenin’ [Cercando Jenin], The Second Palestinian Intifada [La seconda Intifada palestinese], e il suo più recente: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story (Pluto Press, Londa). [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata]. Il suo sito web è www.ramzybaroud.net
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/if-syria-is-to-fall-others-will-follow-the-pandoras-box-of-federalism
Originale: non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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