Gideon Levy :non ci sarà pace fino a quando Israele non si assumerà la responsabilità della Nakba -
Non ci sarà pace finché gli israeliani non sapranno e non capiranno come tutto questo è iniziato.
Il
governo di Israele lo ha confermato ancora una volta: furono commessi
crimini di guerra nel 1947-48; ci furono massacri, espulsioni, ci fu
pulizia etnica – ci fu una Nakba, una Catastrofe, come i palestinesi
chiamano la loro esperienza in quegli anni. Come lo sappiamo?
Il
governo sta per prolungare la secretazione di uno dei documenti più
importanti dell’archivio delle Forze di Difesa Israeliane [IDF,
l’esercito israeliano. Ndtr.] che riguarda la creazione del problema dei
rifugiati palestinesi. Sessantotto anni sono passati e Israele sta
occultando a se stesso la verità degli archivi – ci potrebbe essere una
prova più chiara che c’è qualcosa da nascondere? Un alto funzionario ha
spiegato al corrispondente diplomatico di Haaretz Barak Ravid
(“Commissione guidata da Shaked probabilmente intende mantenere
riservato il “Nakba file” nell’archivio dell’IDF”, 20 settembre):
“Quando ci sarà la pace, sarà possibile aprire questi materiali alla
visione del pubblico.”
La
pace non ci sarà finché gli israeliani non sapranno e non capiranno
come tutto questo è iniziato. La pace non ci sarà finché Israele non ne
accetterà la responsabilità, non chiederà perdono e non offrirà
compensazioni. Non c’è pace senza questo. Forse ci potrebbero essere
commissioni per la verità e la riconciliazione come in Sud Africa o una
genuflessione e riparazioni come in Germania. Ciò potrebbe essere il
modo per esprimere pentimento al popolo palestinese, ritorno parziale e
parziale compensazione per le proprietà sottratte nel 1948 e da allora
in poi. Solo non la negazione e il sottrarsi alle proprie
responsabilità.
La
pace non sarà ostacolata perché i palestinesi stanno insistendo sul
diritto al ritorno. Sarà principalmente impedita perché Israele non è
pronto a interiorizzare il punto di partenza storico: un popolo senza un
Paese è arrivato in un Paese con un popolo e questo popolo ha vissuto
una terribile tragedia che continua fino ad oggi.
Quel
popolo non dimentica. E Israele non sarà in grado di farglielo
dimenticare. Israele odia i negazionisti dell’Olocausto – e giustamente.
In molti Paesi è un reato penale. In Israele la gente è arrabbiata con
la Polonia, che ha proibito per legge di far riferimento alla sua
partecipazione allo sradicamento dei suoi ebrei. Anche l’Austria, che
non ha mai fatto i conti in modo adeguato con il suo passato, è
meritevole di condanna.
E
Israele ha fatto i conti con il suo passato? Mai. Il mondo ebraico
chiede compensazioni per le proprietà che ha lasciato dietro di sé
nell’Europa orientale e nei Paesi arabi. Agli ebrei è consentito tornare
alle proprietà ebraiche in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Fare i
conti con il nostro passato non è esattamente quello che facciamo. Per
noi valgono leggi diverse, leggi del popolo eletto e il doppio standard.
Distogliamo lo sguardo dalla gobba sulla nostra schiena – quella
nascosta negli archivi e che sorge alta da ogni campo profughi e da ogni
villaggio in rovina – noi guardiamo da un’altra parte.
E’
possibile fin da subito fare a meno dell’ira per il paragone con
l’Olocausto: non c’è paragone. Ma ci sono disastri nazionali che non
sono un olocausto e tuttavia sono disastri. Un terribile disastro è
avvenuto al popolo palestinese e Israele nega questo disastro e le sue
responsabilità in merito. La sua portata è lontana da quella
dell’Olocausto, ma è un terribile disastro. Le negazioni sono
confrontabili: la negazione della Nakba batte la negazione
dell’Olocausto.
Quello
che è successo al popolo palestinese nel 1948 ed è continuato dopo la
nascita dello Stato [di Israele] non può essere rimosso per sempre. Se
Israele è certo che ciò sia giusto, apra gli archivi e lo provi.
Infatti, uno dei documenti che Israele ha secretato è uno studio che
David Ben Gurion [il padre della patria di Israele. Ndtr.] commissionò
con l’intento di provare che gli arabi scapparono. Se tutto è stato
morale, giusto e legale, perché non lo stanno rendendo pubblico?
E’
sufficiente vedere la fotografia che accompagna il reportage nella
versione in ebraico di Haaretz per confutare la propaganda sionista: due
arabi spingono una carretta piena di cianfrusaglie, tappeti e beni di
famiglia, un vecchio con una canna arranca dietro di loro e tre uomini
dell’Haganah [milizia armata sionista. Ndtr.] li accompagnano con i
fucili spianati. Haifa, 12 maggio 1948. Così appare la “fuga volontaria”
che gli arabi sono accusati di aver scelto. E questa naturalmente non è
l’immagine più scioccante dell’espulsione.
Il
senso di colpa è molto pesante. Non si allevierà. Per l’espulsione, ed
ancora di più per aver impedito un ritorno alle loro case quando i
combattimenti sono cessati. La giustizia totale non prevarrà qui e la
condanna non ricade solo sulle spalle di Israele. Ma la negazione deve
finire. Convinti della nostra rettitudine e forti nel nostro Stato, è
arrivato il momento di guardare in faccia la verità e arrivare all’ovvia
conclusione: Israele ha sovraccaricato il calderone delle sofferenze
che ha causato al popolo palestinese da molto tempo. Da molto tempo.
(traduzione Amedeo Rossi)
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