Belen Fernandez :No, Israele non dovrebbe radere al suolo Beirut





Di Belen Fernandez
20 febbraio 2016
Questa settimana il preminente quotidiano di Israele, Haaretz,  ha pubblicato  un editoriale  di Amitai Etzioni, intitolato: “Israele dovrebbe radere al suolo Beirut per distruggere i missili di Hezbollah?”
La risposta breve è: sì, ma ci arriveremo fra un minuto.
Chi è,  forse vi chiederete, il tizio che si è assunto la responsabilità  di  riflettere su  questo argomento importante? A quanto pare Etzioni non è uno sconosciuto      internato in un’istituzione psichiatrica, ma è invece professore all’Università George Washington a Washington, D.C., dopo aver in precedenza insegnato in altre università prestigiose degli Stati Uniti, comprese la Columbia e Harvard. Nel suo curriculum ci sono anche  periodi  di servizio nella milizia Palmach, che combatté per la “indipendenza” di Israele fino al 1948, e nelle forze armate israeliane.
Etzioni inizia la sua sessione di filosofia con un’affermazione di un anonimo rappresentante israeliano a Washington, D.C. che la presunta riserva  di “100.000 missili è ora la minaccia numero due per la sicurezza di Israele,” seconda soltanto a un Iran in possesso di armi nucleari.
Attraversa poi l’Oceano e parla di una precedente conferenza a Herzliya, in Israele, dove dice che  il Capo di stato maggiore israeliano “aveva  rivelato che la maggior parte di questi missili sono sistemati in case private,” cosa che solleva un’altra domanda che viene prima di quella di radere al suolo o di non radere al suolo: “Se Hezbollah comincia  a farli piovere su Israele, come possono essere eliminati  questi missili senza causare massicce  perdite di civili?”
Non importa che Hezbollah non abbia mai cominciato a far piovere  nulla su  Israele senza una grave provocazione o che le perdite civili in generale non siano state in cima alla lista delle preoccupazioni di quel paese.
Secondo Etzioni, alcuni dei partecipanti alla conferenza erano stati invitati in una base militare israeliana vicino ad Haifa, i cui servizi comprendono un modellino di villaggio libanese. Lì agli ospiti è stata offerta  “una dimostrazione del modo in cui Israele programma di sgombrare  questi missili – a opera di soldati israeliani che corrono  da un edificio a un altro per trovarli.”
Con sgomento di  Etzioni, una “brezza leggera  arrivò a metà dell’azione  e spazzò via  il fumo della granata che aveva lo scopo di nascondere i movimenti delle truppe, lasciandole esposte a ipotetici cecchini.
Data la natura che richiede molto tempo e probabilmente pesanti perdite insita nella strategia di andare di casa in casa, Etzioni pensa che ci deve essere un’opzione migliore. Discutendo su “che cos’altro si potrebbe fare,” nomina un ricordo di qualcuno nel gruppo dei visitatori che, nella guerra di  contro il Libano, Israele fu accusata di aver bombardato i quartieri sciiti a Beirut per fare pressione su Hezbollah perché smettesse di  sparare i missili.”
Etzioni continua ad avvertire che “molti studi hanno dimostrato che questi bombardamenti non (sic) hanno l’effetto previsto, né lo ebbero nel 2006 (presumendo che tali bombardamenti ci siano davvero stati).” In effetti, quando io stessa visitai il quartiere sciita e vari altri quartieri libanesi, un mese dopo questa guerra, non era ancora chiaro in base alle macerie onnipresenti  e ai crateri sul terreno, dove una volta sorgevano gli edifici, se notizie su “questi bombardamenti” erano realmente trapelate.
Inoltre, il fatto che Israele abbia già raso al suolo vaste zone del Libano,  Beirut e oltre, sembrerebbe rendere il titolo dell’articolo un po’ ridondante.
Al ritorno negli Stati Uniti da Israele, Etzioini diche che “aveva chiesto a due ufficiali militari americani quali altre opzioni avesse Israele” per eliminare i missili e che cosa ne sapevano. Entrambi mi hanno indicato i Fuel-Air-Explosives [FAE].” *
Queste bombe, spiega Etzioni, “spargono una nuvola di combustibile come un aerosol che viene accesa da un detonatore, producendo massicce esplosioni.” E non è tutto: “La conseguente ondata che si espande rapidamente, rade al suolo tutti gli edifici entro un notevole raggio.”
Per timore che pensassimo troppo al fatto che questo professore che lavora in una prestigiosa istituzione scolastica americana avesse proprio raccomandato la distruzione totale di un “notevole” pezzo di territorio, Etzioni mette in atto una debole ritirata: “Queste armi saranno ovviamente usate soltanto dopo che alla popolazione sia stata data la possibilità di evacuare la zona.” Questo, però, ovviamente, non riesce a spiegare l’abitudine militare di ordinare ai civili di evacuare la zona e poi di bombardarli lungo la strada.
E potrebbe essere una novità per Etzioni, ma prendere di mira intenzionalmente delle aree e delle infrastrutture  per i civili si dà il caso che sia un crimine di guerra.
Lo stesso Etzioni riconosce che, “tuttavia, come abbiamo visto a Gaza, ci saranno vittime civili.” Naturalmente, anche noi abbiamo visto un sacco di vittime civili in Libano, dove, nel 2006, la maggioranza delle vittime stimate in 1.200, non erano di Hezbollah.
Durante il mio viaggio nel sud del Libano, ho parlato con un giovane di un villaggio vicino al confine israeliano che aveva 13 anni all’epoca della guerra e che era rimasto nel suo villaggio per tutta la durata dell’assalto durato 34 giorni. Ha descritto il dolore provato nel 2006 quando per caso trovava le teste staccate e altre parti del corpo appartenenti a suoi vicini di casa, fatti a pezzi  da una bomba o schiacciati nelle case crollate.
Ma dimenticate la compassione. La morale della notizia dei FAE nell’opinione di Etzioini è che, poiché ci saranno inevitabilmente vittime causate dai FAE, “il momento di sollevare questo problema viene molto prima che Israele possa essere costretto a usarli” – presumibilmente  in modo che la comunità internazionale possa entusiasmarsi all’idea di una Beirut rasa al suolo. Scrive:
“Un modo in cui questo si può ottenere è di invitare esperti militari stranieri e intellettuali famosi che non si sa  che sono ostili a Israele, a partecipare a giochi di guerra in cui sarebbero incaricati di organizzare  una reazione a massicci attacchi missilistici edifici israeliani scuole, ospedali e basi aeree.”
Ci sono vari problemi riguardo a questo ragionamento. Per prima cosa, Israele è eccezionale quando si tratta di attacchi “massicci.” Poi, la rappresentazione ossessiva degli Israeliani impegnati per sempre in un’autodifesa legittima e fatta per vendetta, oscura gravemente la realtà. Se ci si inventa un paese su una terra che non ci appartiene e  si iniziano a massacrare regolarmente le persone oppure a tormentarle, ci viene quasi in permanenza negato l’alibi di “vittima”.
Riguardo alla strategia di pubbliche relazioni per il FAE da lui proposta, Etzioini conclude: “In questo modo, si spera che ci sia [sic] una migliore comprensione, se non un’accettazione totale dell’uso di queste armi pericolose, dato che niente altro andrebbe bene.”
Una speranza migliore potrebbe essere che a questi deliri da guerrafondai non venisse permesso di passare per analisi evolute.
*Gli esplosivi da energia termobarica, o anche fuel-air energy (FAE), funzionano in due fasi.  Il bossolo o comunque il recipiente, viene fatto esplodere in maniera tale da diffondere l’agente combustibili come un aerosol sottile, dopodiché s’incendia, creando un’esplosione in sovrapressione che raggiunge i 3000 metri al secondo, e in questo processo brucia tutto l’ossigeno disponibile. (da: http://www.infopal.it/israele-sta-usando-armi-%C2%91termobarbariche%C2%92-proibite-nel-suo-olocausto).
Belén Fernandez è autrice di: “The Imperial Messanger: Thomas Friedman at Work   [Il messaggero imperiale: Thomas Friedman al lavoro],  pubblicato da Verso. E’ collaboratrice  di Jacobin Magazine.
Nella foto: un’immagine di Beirut nel 2006
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/no-israel-should-not-flatten-beirut
Originale : teleSUR English
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

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