La famiglia Sotloff e le autorità islamiche sfidano l’emiro



Alcuni rappresentanti della comunità musulmana del New Jersey durante una conferenza stampa per condannare l’omicidio di Steven Sotloff, il 3 settembre 2014. (George McNish, The Record of Bergen County/Ap/Lapresse)
“Non era un eroe. Era un uomo che cercava il bene in un mondo di tenebre“. Per la prima volta dalla sua esecuzione, la famiglia di Steven Sotloff, il giornalista statunitense decapitato dai jihadisti dello Stato islamico, rompe il silenzio e tramite il suo portavoce si rivolge direttamente al leader dei jihadisti Abu Bakr al Baghdadi.
Il 3 settembre 2014 Barak Barfi, amico di Sotloff, docente di arabo e ricercatore presso la New America Foundation di Washington, ha raccontato ai giornalisti davanti alla casa di Sotloff a Miami la vita del reporter, un uomo che non era fanatico della guerra ma voleva solo dare voce a quelli che non ce l’hanno. Quindi ha sfidato il leader dei jihadisti: “Al Baghdadi, hai detto che il ramadan è il mese della misericordia: dov’è la tua misericordia?”. “Dio non ama l’aggressore: sono pronto a discutere con te con prediche gentili. Non ho spade in mano e sono pronto ad ascoltare le tue risposte”, ha detto in arabo Barfi.
“Questa settimana piangiamo”, ha concluso. “Ma usciremo da questo calvario. Non permetteremo ai nostri nemici di tenerci in ostaggio con la sola arma che possiedono: la paura”.
Intanto anche il mondo arabo protesta per l’uccisione del giornalista. L’Organizzazione della conferenza islamica (Oci) ha condannato con forza l’esecuzione, affermando che si tratta di un atto criminale. Parlando alla tv Al Arabiya, l’esponente dell’Oci Maha Akeel ha ribadito la condanna già espressa per la decapitazione di James Foley. ”Loro sostengono di compiere le loro gesta in nome dell’islam, ma le loro azioni non hanno nulla a che vedere con l’islam”. Akeel ha anche annunciato che l’Oci sta organizzando una conferenza dei ministri degli esteri dei 57 stati membri per discutere una posizione comune nei confronti dello Stato islamico e per adottare strategie per combatterlo.
”Sono un gruppo criminale”, ha spiegato, esprimendo il suo appoggio alla campagna online lanciata dalla massima istituzione dell’islam sunnita, l’università egiziana di Al Azhar, che ha chiesto ai mezzi d’informazione e ai comuni cittadini di non usare più la definizione di islamico per parlare dell’Is. L’ex numero due di Al Azhar, Sheikh Mahmoud Ashour, ha detto ad Al Arabiya che l’uccisione di Sotloff non solo è un atto contro l’umanità, ma anche che ”non c’è religione che accetta l’omicidio di una vita umana”.

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