Palestina. Un "viaggio culinario" attraverso la Striscia di Gaza

Un libro di ricette diventa un piccolo caso letterario: è "Gaza Kitchen", un viaggio tra le tradizioni culinarie (e i fornelli) della Striscia sotto assedio, alla ricerca di spezie, sapori e intimità. Per raccontare una cultura antica, e un’umanità negata.



di Cecilia Dalla Negra 

C’è una tradizione che resiste e accomuna tutte le culture: la cucina, intesa come arte di preparare il cibo e insieme luogo fisico, spazio casalingo che accoglie - da sempre e ovunque, al di là degli stereotipi  -  le donne di ogni famiglia.
Un luogo nel quale - mentre si prepara un piatto, si segue una ricetta scritta sulle pagine di un quaderno, o il quanto basta tramandato a voce da una nonna – si parla e ci si prende cura: di se stessi, degli affetti, di un nucleo familiare. 
Per molte donne la cucina – come azione e come spazio – è un luogo quasi sacro. Un tempio, nel quale il rito della preparazione del pasto ripercorre e riallaccia i legami con la tradizione, rendendo omaggio alla propria cultura, e raccontando storie.
Ogni piatto ha la sua, ogni sapore descrive un’identità e un’appartenenza al territorio. Tanto più se quell’identità è negata, e quel territorio occupato.
Lo sanno bene Leila El-Haddad – la Gazamom di Twitter, blogger già conosciuta nel mondo virtuale - e Maggie Schmitt, autrici di un libro dato alle stampe nel marzo scorso e capace di diventare in poche settimane un piccolo fenomeno letterario: "Gaza Kitchen – Un viaggio culinario attraverso la Striscia di Gaza". 
Che, tra ingredienti, ricette e immagini, descrive la cucina tradizionale palestinese entrando in punta di piedi in un mondo intimo e familiare, in un viaggio quasi magico che parte tra i banchi di un mercato per arrivare fino alla tavola, passando per i fornelli.
Ricette, proporzioni, modalità di preparazione, tempi di cottura: eppure "Gaza Kitchen" è molto più di un libro di cucina.È una storia collettiva che parla di tradizioni culturali costruite nel tempo, abitudini radicate, inclinazioni, sentimenti, storia. E ancora economia, assedio, resistenza.
Perché se è vero che "il cibo e la cucina esistono in base ai propri contesti", scrivono le due autrici, lo è tanto più "in quello vessato e martoriato di Gaza".
Inserendo la cucina nel proprio ambiente geografico e culturale, scoprendo le vite di chi prepara ogni giorno queste ricette, e il percorso di ogni ingrediente necessario a realizzarle, "abbiamo l’opportunità di presentare un ritratto ricco della vita culturale e sociale di Gaza, completamente diverso da quello offerto dai media, e insieme della situazione di un’economia sotto assedio", spiegano Maggie e Leila.
Un modo, anche, per "preservare la storia e le tradizioni" di quella che definiscono "la piccola striscia di terra più torturata del pianeta", nella quale sono state a lungo per incontrare persone "di ogni estrazione, classe sociale e distretto", per farsi raccontare un piatto e il loro quotidiano. 
Per ogni ricetta una storia di vita, per ogni storia un ingrediente negato, magari perché il pesce a Gaza non si può pescare, o le spezie non riescono ad entrare.
Chiedere permesso allora, affacciarsi nelle cucine. Sedersi attorno a un tavolo e preparare un pasto insieme, perché “al di là di ogni retorica resta la cucina: anche a Gaza migliaia di donne ogni giorno trovano il modo di sostenere e nutrire le proprie famiglie e i loro amici”, rendendo i fornelli l’ultima roccaforte di una ostinata fermezza contro assedio e occupazione.
Come procurarsi una spezia? Da quale tunnel sotterraneo entrerà la carne? Come cucinare in fretta nelle poche ore in cui il gas è a disposizione? E come portare qualcosa in tavola se il lavoro non c’è?
Anche per rispondere a queste domande, e scoprire la capacità di reinventarsi delle donne palestinesi, le due autrici hanno iniziato a fare ricerca nel 2009. Poi, nell’estate dell’anno seguente, il viaggio a Gaza (dove el-Haddad è cresciuta) per imparare i segreti della cucina tradizionale.
La scelta di parlare attraverso le ricette - ci tengono a sottolineare - non è casuale: perché "fa parte della vita di ogni giorno", spiegano, e la tradizione di Gaza "è unica perché capace di combinare tanti elementi: la storia della sua popolazione può essere raccontata attraverso il cibo, che riflette anche le influenze dell’esilio dei palestinesi dalla loro terra, così come i cambiamenti sociali".
Un piccolo libro di ricette che, tra una maqluba e qualche spezia, si fa testimonianza del patrimonio culturale e della storia di un popolo, mentre tra le righe si affaccia l’analisi economica delle conseguenze disastrose di un assedio senza fine. 
Una narrazione capace di restituire l’intimità familiare che si crea condividendo la preparazione di un pasto, a Gaza come altrove, in un linguaggio universale che parla di tradizione, sapore e (inevitabilmente) femminilità. Raccontando la Striscia, e restituendole un po' di umanità negata.

26 maggio 2013

Palestina. Un "viaggio culinario" attraverso la Striscia di Gaza

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

Mappa della Cisgiordania e suddivisione in zone anno 2016

Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero - JoiMag

JOSEPH KRAUSS Nuove strade aprono la strada alla crescita massiccia degli insediamenti israeliani