ANALISI / Quell’incontro segreto tra Netanyahu e re Abdullah sulle armi chimiche di Assa Falafel cafè Falafel cafè
Falafel cafè
La conferma è
arrivata – in forma anonima – nella tarda serata di mercoledì 26
dicembre. Dopo le indiscrezioni di un giornale arabo con base a Londra (al-Quds al-Arabi), le «non smentite» attraverso due tv dello Stato ebraico (Canale 10 e Canale 2) e il «sì» a denti stretti di alti ufficiali al quotidiano Haaretz.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, tra un meeting elettorale e
l’altro, pochi giorni fa è andato in gran segreto ad Amman, in
Giordania. A discutere con re Abdullah dei nuovi equilibri che ci
saranno in Medio oriente, certo. Ma soprattutto a risolvere – una volta
per tutte – la madre di tutte le questioni: l’arsenale chimico del
regime siriano.
Netanyahu –
convinto dai dossier dell’intelligence israeliana – ha spiegato al
monarca che ormai è questione di giorni: il presidente siriano Bashar al
Assad sta perdendo il controllo dei depositi con le armi non
convenzionali. E siccome, agli occhi d’Israele, la milizia ribelle non
avrebbe fornito le necessarie garanzie (Ci sono infiltrati del Jihad?
Quanti sono davvero intenzionati a portare la democrazia in Siria?),
ecco la richiesta del premier dello Stato ebraico: attaccare e
distruggere – con il consenso dei giordani – i depositi siriani. Oppure
inviare una truppa (8.000 uomini) specializzata nella neutralizzazione
delle armi di distruzione di massa.
Ma Amman
avrebbe detto di no. Per almeno due motivi. Il primo: «Un attacco
militare contro gli arsenali chimici siriani rischia di uccidere
migliaia di civili innocenti», avrebbe spiegato re Abdullah a Netanyahu.
Il secondo motivo: «Parte dei gas tossici potrebbe raggiungere il
territorio giordano, oltre a quello libanese e finire in mani
sbagliate». Sono, questi due, ragionamenti che a dire il vero
gl’israeliani si sarebbero sentiti dare anche negli ultimi due incontri –
avvenuti tra ottobre e novembre: ma allora, al tavolo di Amman, c’erano
analisti e 007 dello Stato ebraico che chiedevano l’ok della Giordania
per l’attacco ai depositi siriani.
Nulla da
fare. Tra l’altro – pur essendo due Paesi in pace dal 1994 – re Abdullah
avrebbe anche rimproverato al premier Netanyahu la sua politica
«suicida» e «destabilizzante» verso il presidente dell’Anp, Abu Mazen,
verso Hamas e verso tutti i palestinesi con le manovre militari sulla
Striscia e i continui piani di espansione a Gerusalemme Est e in
Cisgiordania. A quel punto, però, Netanyahu avrebbe ricordato al monarca
che senza l’aiuto del Mossad, le autorità giordane non avrebbero mai
potuto arrestare la cellula salafita (11 uomini in tutto) che stava per
far esplodere decine di ambasciate e autorità occidentali ad Amman.
E mentre per
la prima volta Israele si muove ufficialmente sul fronte siriano –
tanto da inviare il premier in un Paese musulmano – il vice di
Netanyahu, Moshe Yaalon ha rassicurato tutti sull’uso degli agenti
chimici da parte delle truppe lealiste di Assad negli ultimi giorni:
«Non abbiamo nessuna conferma del fatto che Assad abbia sparato sui
civili munizioni non convenzionali», ha spiegato Yaalon, «anche se,
ovviamente, seguiamo la situazione minuto per minuto».ANALISI / Quell'incontro segreto tra Netanyahu e re Abdullah sulle armi chimiche di Assad
© Leonard Berber
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