Amira Hass: Il genio di Oslo


Il genio di Oslo



Lunedì scorso il bulldozer che sta scavando un enorme cratere proprio sotto la mia stanza (lanciando onde d’urto verso l’intero palazzo) doveva essere l’unico mezzo pesante al lavoro. Il sindacato degli autisti del trasporto pubblico palestinese aveva infatti indetto uno sciopero generale per protestare contro l’aumento dei prezzi del carburante e di altri beni essenziali. Gli autisti dei camion e degli altri mezzi pesanti si erano uniti allo sciopero, paralizzando i centri abitati. Il panorama delle città della Cisgiordania ricordava la prima intifada: strade vuote, gomme in fiamme, vie lastricate di sassi.
Quel giorno ho scritto un articolo per Ha’aretz sulla vicenda, in cui sottolineavo ancora una volta quanto gli israeliani abbiano beneficiato degli accordi di Oslo. La difficile situazione dell’economia palestinese e l’aumento del costo della vita sono conseguenze dell’occupazione israeliana, ma gli accordi di Oslo fanno in modo che la gente dia la colpa all’Autorità Palestinese e organizzi manifestazioni di protesta. In sostanza Israele ha messo a punto una specie di scudo difensivo. Il titolo in ebraico del mio articolo era “Il genio di Oslo”, ma per la versione inglese i direttori hanno scelto qualcosa che attirasse i lettori statunitensi: “È l’occupazione, stupidi!”. Quando ho visto il titolo inglese online non mi è piaciuto, ma non immaginavo che avrebbe scatenato un inferno.
Molti palestinesi hanno trovato l’articolo utile e tempestivo, ma gli attivisti radicali (giovani e meno giovani) si sono offesi. A quanto pare non si sono preoccupati di leggere l’articolo, e gli è bastato il titolo per concludere che avevo dato loro degli stupidi. Ho saputo che su Facebook c’è stata un’esplosione di post contro di me. L’articolo, dicevano, è l’ennesima prova che in fin dei conti tutti gli israeliani sono arroganti.
Martedì pomeriggio, durante una manifestazione che accusava l’Autorità Palestinese di essere un manipolo di “traditori”, almeno cinque persone si sono avvicinate a me per esprimere la loro rabbia e indignazione. Ho avuto le mie difficoltà a spiegare che: a) non ho scelto io il titolo; b) è una citazione di una dichiarazione del presidente Clinton e i redattori l’hanno pensata per i lettori americani e non per i palestinesi; c) forse avrebbero fatto meglio a leggere il pezzo prima di criticarlo.
O magari questo invito è un’altra prova del fatto che sono un’arrogante?
Traduzione di Andrea Sparacino.

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