TARQìZ, 4 ADOLESCENTI E IL TEATRO PALESTINESE


Sullo sfondo Gerusalemme e il Teatro Nazionale Palestinese: le storie di 4 giovani attori, la loro crescita collettiva e individuale.*
Milano, 19 Settembre 2011 – Nena News – Sullo sfondo di una scuola per giovani attori al Teatro Nazionale Palestinese di Gerusalemme, il film documentario di Pietro Bellorini, “Tarqiz”, proiettato all’interno della sezione Incontri Italiani del Milano Fil Festival lo scorso 16 settembre, si concentra su quattro adolescenti. Quattro giovani che portano a teatro ricordi, azioni e tribolazioni legate alla loro età e che dal teatro ricevono fiducia e stimoli. Un film documentario –  frutto del lavoro di 2 anni del regista italiano Gabriele Vacis – che racconta la crescita allo stesso tempo collettiva e individuale, di un incontro tra arte e gioventù nel quadro di una città unica e complessa.
Tra i protagonisti, la storia di Abdel Razaq che vive e studia a Hebron, Territori Palestinesi, un ragazzo calmo e ironico con la passione per il teatro. Sebbene non abbia un permesso per entrare a Gerusalemme, viene selezionato per le audizioni della scuola del Teatro Nazionale Palestinese e riesce ad arrivare alle audizioni e ad essere ammesso alla scuola.
Il metodo formativo portato a Gerusalemme dal regista italiano Gabriele Vacis si chiama “Schiera”. “Schiera” è la base per la valorizzazione in scena di doti psico-fisiche naturali, diverse per ognuno perchè innate. “Essere se stessi qui ed ora” è l’attitudine richiesta agli studenti. Tra gli oggetti sparsi sul palco gli studenti devono sceglierne uno e raccontare una storia personale legata a quell’oggetto.
Katia per esempio, raccoglie una valigia. In un racconto profondo e toccante racconta una storia molto personale legata al divorzio dei sui genitori. E’ una ragazzina riccia che veste hip-hop in un contesto sociale dove molte delle sue amiche portano il velo. Sul palco gli studenti creano un semicerchio e Katia si esibisce nel mezzo: la quotidianità della sua adolescenza diventa surreale, e mentre interpreta le difficoltà di comunicazione di una generazione, la distanza tra il palco e il pubblico si riempie di significati.
Baha invece raccoglie dei libri dal palco e racconta che durante la Seconda Intifada era un bambino. Smise di andare a scuola dopo essere stato arrestato perchè lanciava pietre agli autobus israeliani che passavano per il suo quartiere. Oggi sceglierebbe i libri invece delle pietre, perchè la violenza non porta in nessun posto. Baha ha un’energia positiva in tutto quello che fa. Ogni notte prende un autobus israeliano che lo porta al lavoro: fa le pulizie nel più grande centro commerciale della parte ovest della città. Solo, fumando, nel buio del centro commerciale deserto accenna ad una danza ascoltando musica dal cellulare prima di riattraversare la città all’alba, verso casa.
Saleh Bakri, attore palestinese, durante una lezione in teatro introduce i ragazzi al monologo di Amleto: fede e dubbio sono i concetti chiave. Ezzat ascolta pensieroso. Nella città vecchia di Gerusalemme, all’alba, un anziano monaco cammina nei vicoli deserti, entra nel Santo Sepolcro per suonare l’organo alla messa del mattino. Un rabbino scende verso il muro del pianto per pregare e un Muezzin richiama alla preghiera cantando da una Moschea. La città vecchia è un luogo unico pieno di persone colori e suoni. Ezzat cammina tra la folla e al mercato compra delle mele. C’è la città vecchia nella sua mente quando sul palco reinterpreta il monologo di Amleto a partire dai concetti di fede e dubbio. Personalizza la complessità del soggetto trasportando se stesso e la città dentro grandi domande: “Esiste Dio? Non so decidere.”
Abdel Razaq fotografa le nuvole dal finestrino dell’aereo che lo porta in Italia. Arriva a Venezia nella notte e il viaggio in barca è qualcosa di inatteso: “Possa la pace essere con te, Venezia”. Alla Biennale Teatro i ragazzi sul palco siedono attorno a Gabriele Vacis e la concentrazione è intensa. “Non dovete avere paura. – dice Vacis – Se qualcuno fa qualche cazzata, gli altri lo fermeranno. Fate delle cazzate, non abbiate paura.”
“La contemporaneità di questa piccola parte di mondo che comprende Israele e i Territori Palestinesi con al centro Gerusalemme è raccontata spesso dalle cronache mondiali per fatti di sangue, attentati, processi di pace. L’immaginario di ognuno contiene molte immagini a descrizione di questo luogo”. – ha dichiarato il regista Pietro Bellorini –  “Mi interessava trovare un equilibrio e dare profondità a quelle immagini. Se da un lato Gerusalemme è un posto grande in cui ogni cosa assume dimensioni ed risonanze universali, il mio interesse è stato quello di raccontare delle storie  personali che scartino il già visto e sentito legati a questo luogo: un racconto di individui prima di tutto in cui nulla è dato per scontato. Sono ragazzi come se ne possono vedere ovunque in “occidente” che vivono però in un posto unico. Ho chiesto alla mia ricerca e al film che ne risulta di indagare questo scarto”. Nena News
*Articolo realizzato grazie al contributo di Marianna Bianchetti.

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