Hazel Ward :B&B a Hebron: uno spaccato sulla vita quotidiana
I palestinesi lottano per guadagnarsi da vivere nella enclave H2 di Hebron dove i coloni ebrei integralisti rendono la loro vita insopportabile. di Hazel Ward
Pietre, candeggina e perfino gatti morti lanciati nella casa di Mohammed Saadek, non hanno impedito finora agli ospiti di giungere per restare nel suo minuto Bred and Breakfast (B&B) dentro la Città Vecchia di Hebron.Si tratta di una mossa avventurosa in un’area che non è di certo un paradiso turistico, situata nel mezzo di una enclave israeliana strettamente controllata chiamata H2, dove 400 coloni ebrei integralisti vivono nel bel mezzo di una popolazione locale costituita da 6.000 persone. Ciononostante, fin da momento in cui il suo minuscolo B&B ha aperto le porte proprio due mesi fa, le sue due stanze sono state prenotate del tutto, portando alla famiglia Saadeq una gradita fonte di reddito in un’area dove il 76 % della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà. Come per centinaia di palestinesi della H2, i vicini più prossimi di Saadeq sono coloni che vivono nella colonia di Avraham Avinu, che si affaccia direttamente sulla sua casa a un piano e sovrasta gli stretti vicoli dove si trova il souk, o mercato. E per coloro che non sono abituati alla bizzarra realtà di una vita all’ombra di una colonia, una passeggiata attraverso il mercato può risultare illuminante. “Una settimana fa, circa, ci tirarono addosso due gatti morti e dovemmo contattare le autorità perché venissero a portarli via,” racconta il negoziante Jamal Maraga, indicando le case sopra al mercato. “Ho lavorato qui fin dagli anni ’80 e li ho visti lanciare acqua sporca, candeggina e urina, ma per quello è stato la prima volta.” Al di sopra della testa, simile una griglia, una rete metallica è appesa di traverso allo stretto vicolo per trattenere le bottiglie di plastica, i pannolini sporchi e gli altri rifiuti scaricati di sotto dai coloni – descritti ironicamente dai negozianti come “doni dal cielo”. E i rapporti tra i coloni e i loro vicini palestinesi che vivono lungo tutto il vicolo non sono migliori. “Se ci vedono sul tetto, ci spruzzano acqua dalla finestra del bagno o ci lanciano pietre,” racconta la 38enne moglie di Saadeq Fatima Kneibi, avanzando con cautela per evitare i mucchi di merda di cane rinsecchita sparsa sul tetto – lasciata dai cani di proprietà dei coloni, ha soggiunto.Durante la notte, i cani vagano liberamente a giro sui tetti senza pareti divisorie e i loro vicini ebrei gridano ad alta voce delle oscenità in arabo, sostiene Kneibi che è incinta di sei mesi. Mentre lei parla, cade sul pavimento sporco vicino a suo figlio di due anni una ciambellina mezzo masticata che la madre gli strappa di mano prima che possa metterla in bocca. I muri lungo tutto il tetto sono pericolosamente bassi, ma nella H2 i lavori di costruzione o di ristrutturazione sono una questione politica, con Saadeq che dice di non poterli innalzare a causa di un ordine militare israeliano che proibisce un lavoro di questo tipo per “motivi di sicurezza.” Tre anni fa, la presenza militare è stata causa di un esito ben più duro all’interno dell’edificio quando le truppe hanno sigillato quattro stanze, compresa quella che conteneva abiti e mobili, perché da queste si guardava sulla colonia. Per tre mesi, la famiglia non ha avuto la possibilità di accedere a nessuna delle stanze ed è stata costretta a fare affidamento sui mobili e sui vestiti donati dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, fino a che Saadeq ha deciso che troppo era troppo. “Alla fine aprii le stanze, ma i coloni se ne lamentarono con l’esercito e questo mi arrestò,” ricorda, aggiungendo di aver trascorso quattro giorni in prigione per l’accusa di aver usato le stanze senza il permesso dell’esercito. Infine, dopo una lunga battaglia legale, alla famiglia è stato concesso il permesso di utilizzare le stanze nelle quali vivono al momento, sebbene le finestre ora siano ingabbiate da una grata di metallo a maglie molto ravvicinate. Dopo aver allargato le stanze perché la famiglia potesse vivere in libertà, dallo spazio rimanente che è stato ristrutturato dall’Hebron Rehabilitation Committee e suddiviso perfettamente in due parti, ne sono derivate le stanze per gli ospiti. “Per noi si tratta di un inizio, ma siamo ottimisti,” afferma Saadeq, distribuendo biglietti da visita per la sua impresa alle prime armi, che al momento non ha ancora un nome. Nonostante le difficoltà, l’intraprendere un’attività con l’aiuto di un programma di produzione di reddito della Croce Rossa, da un punto di vista finanziario ha fatto un’enorme differenza. Finora, Saadeq ha avuto un flusso costante di visitatori, inclusa una coppia svedese, un anziano palestinese espatriato che vive al Cairo e una coppia di israeliani che lavorano con Peace Now. Ogni visitatore paga tra i 50 e i 150 shekel (US$15 e US$42) per notte, per mezza pensione. Saadeq guadagna una gran quantità di denaro extra dalla vendita di CD e di un film sulla vita nella H2, un’area di 4,3 kmq dove ai palestinesi non è concesso andare in auto e in taluni casi non è addirittura permesso camminare lungo le strade in cui vivono. Quest’area, una volta il cuore vitale di Hebron, ora è una città fantasma. Più di 1.800 negozi hanno chiuso i battenti, per lo più per le limitazioni israeliane al movimento, mentre altri sono stati sigillati per ordine militare.
Per Saadeq, la realtà surreale rappresentata dalla zona H2 di Hebron offre un modo insolito per sbarcare il lunario – ed è una realtà che non sembra destinata a cambiare in tempi brevi.
(tradotto da mariano mingarelli)
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