Moni Ovadia: la legge dei ricchi

La striscia rossa del nostro quotidiano di un paio di giorni fa riportava una frase di Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, che merita di essere meditata e capita in tutte le sue possibili implicazioni. La frase è questa: «Sono sempre più convinto che i ricchi siano diversi da me e da voi. Quando infrangono la legge sono i pubblici ministeri che si ritrovano sotto processo». Perché i tutori della legge diventano degli imputati quando provano a mettere alla sbarra i ricchi? Nessuno meglio di noi italiani può capirlo. La risposta è semplice: perché i ricchi e potenti rifiutano l’idea che la legge debba essere uguale per tutti. Ritengono che i ricchi e i potenti debbano essere fuori della giurisdizione nella quale rientrano i normali cittadini. La ragione di questa (inaccettabile) pretesa dei ricchi è ancora più elementare. Essendo per essi il danaro, il profitto e la cosiddetta economia di mercato l’unica misura di tutto ciò che è bene, colui che ne è il signore deve essere intoccabile pena la fine del migliore dei mondi possibili. Intorno a questa balla spaziale, provetti economisti hanno costruito un sistema autoreferenziale occupando militarmente quasi tutti i luoghi di produzione di idee sull’economia, allo scopo di dichiarare assiomaticamente scientifico ciò che è una delle più tossiche ideologie totalitaristiche partorita da mente umana. Il disastroso modello di sviluppo che ci sta franando addosso è il frutto avvelenato di questa robaccia travestita da scienza. È arrivata l’ora di liberarci e di schiudere l’orizzonte ad un altro modello di sviluppo fondato sulla centralità della vita. E questa non è utopia, è semplice buon senso.

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