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L'intervento di Mariam Abu Daqqa: unità nazionale palestinese

Parla Mariam Abu Daqqa, del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Come affrontare la questione dei prigionieri palestinesi, l’unità della resistenza e della sinistraRoma, 31 dicembre 2010, Nena News  (nella foto Mariam Abu Daqqa assieme al leader del Fronte popolare Ahmed Saadat ora in carcere in Israele) – Per chiunque abbia a cuore la lotta di liberazione palestinese in un’ottica davvero internazionalista e di contrasto all’imperialismo occidentale, che nell’avamposto sionista continua a mantenere la sua base in Medio Oriente, è chiaro quanto la comprensione della situazione sul campo e delle dinamiche che la determinano aiuti a non cadere nella facile trappola delle tifoserie, a maggior ragione nella realtà palestinese, estremamente frammentata dal punto di vista politico parallelamente a quello territoriale.  Tale realtà sta vivendo un momento complesso, ancora una volta conseguenza, oltre che dell’occupazione sionista, degli accordi di Oslo e delle politiche di un’Anp così poco rappresentativa delle aspirazioni del popolo palestinese sotto occupazione da 62 anni.

E’ quanto denunciato da Mariam Abu Daqqa, Presidente della Associazione “Palestinian Development Women Studies Associations” (PDWSA), e dirigente del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP), che nel confronto con la Rete dei Comunisti ha individuato un altro importante passaggio del tentativo di rompere l’isolamento della sinistra palestinese, che all’interno della Palestina occupata subisce le conseguenze dello schiacciamento politico nell’antitesi fra Hamas e Al Fatah, e all’esterno subisce le conseguenze della criminalizzazione, da parte della comunità internazionale, delle organizzazioni marxiste come il FPLP, ancora presente nell’elenco delle organizzazioni terroriste degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Per non parlare delle uccisioni e degli arresti dei suoi militanti, in particolare del Segretario del partito Ahmed Saadat, condannato a 30 anni e ancora recluso nel carcere di Ramon nel deserto del Naqab.
Da questo punto di vista l’invito di Mariam a rilanciare la campagna per la liberazione dei prigionieri palestinesi pone la questione dell’agibilità politica come centrale ai fini di un rafforzamento di un polo alternativo al progetto islamico da una parte, e all’arrendevolezza di Fatah di fronte al ricatto internazionale dall’altra.
Israele si avvantaggia dalla divisione dei palestinesi
Di fatto il popolo palestinese ha oggi due governi: in particolare a Gaza il FPLP si sta confrontando con le politiche restrittive di Hamas, che ha oltretutto progressivamente abbandonato il terreno sociale e dei servizi cominciando a suscitare il malcontento di una popolazione il cui tasso di disoccupazione arriva fino all’80%, in un territorio in cui la situazione sanitaria, soprattutto dopo la criminale operazione “Piombo Fuso”,  è al collasso e in cui a soffrire maggiormente sono le donne e i giovani privi della prospettiva di una vita dignitosa. Un governo, quello che ha il potere nella Striscia di Gaza, la cui strategia non è divergente da quella dell’Anp nel momento in cui entrambe le forze vogliono proseguire i negoziati con le autorità israeliane, che per Abu Mazen necessitano di una mediazione, quella degli USA, mentre Haniye vorrebbe contatti diretti con Israele. Nel frattempo Israele non fa che trarre vantaggio dalla divisione interpalestinese: proprio per questo motivo il progetto di unificare la sinistra, perseguito a livello strategico dal FPLP, non può non passare per la riconciliazione fra Hamas e Al Fatah, in nome di una “Palestina per tutti”, come recitava lo slogan con cui Mariam Abu Daqqa ha portato avanti per mesi un presidio a Gaza senza alcuna bandiera di partito ma sotto un simbolo unico e di per sé significativo: la bandiera palestineseI negoziati sono una copertura all’espansionismo israeliano
Secondo Mariam i cosiddetti “negoziati di pace”, voluti da Obama e ora arenatisi sulla questione delle colonie in continua espansione, continuano a costituire la copertura per il proseguimento delle politiche israeliane sostenute, oltre che dagli stessi Stati Uniti, dall’Unione Europea e dal lassismo delle Nazioni Unite che nulla fanno di concreto di fronte alla mancata applicazione delle risoluzioni internazionali, come quella che dovrebbe garantire il diritto alla resistenza contro l’occupazione. Il “politicidio” della questione palestinese, che negli ultimi anni troppo spesso è stata ridotta a questione umanitaria anche da talune organizzazioni pacifiste e della sinistra italiana, passa anche attraverso il ricorso al sistema delle ONG, utilizzato dagli USA e dall’UE per distruggere, come rilevato dal FPLP, la compattezza sociale palestinese. Nessun aiuto, ha detto Mariam, deve essere “condizionato”: il partito di Saadat, del resto, sta dando un importante esempio, attraverso le sue strutture sociali e sanitarie, di come pur senza aiuti internazionali sia possibile garantire assistenza a tutti, indipendentemente dall’appartenenza politica o religiosa.
Antisionismo e resistenza come aspetto della lotta di classe internazionale
La lotta contro il sionismo e la resistenza contro l’occupazione israeliana non possono prescindere da una lotta di classe che a livello globale coinvolga tutte le organizzazioni marxiste, antimperialiste a anticapitaliste. In questo senso, ha tenuto a specificare Mariam, il piano strategico del FPLP segue ancora oggi gli stessi principi per i quali George Habbash fondò il partito e Ghassan Kanafani scrisse bellissime pagine. Per i comunisti, secondo Mariam Abu Daqqa, il crollo dell’URSS ha provocato un riassestamento nell’ordine mondiale, che in Medio Oriente ha lasciato spazio al rafforzamento delle organizzazioni islamiche, quando d’altra parte, al contrario, l’America Latina sta vivendo un risveglio delle forze anticapitaliste che merita l’attenzione di tutti noi. L’unificazione della sinistra palestinese, da questo punto di vista, è pienamente inserita all’interno del percorso dell’unificazione di classe della sinistra internazionale. Per questo motivo il sostegno della sinistra di classe internazionale alle organizzazioni della sinistra palestinese deve essere accompagnato dall’impegno nella campagna per la liberazione dei prigionieri politici palestinesi, nella lotta per la cancellazione del FPLP dall’elenco delle organizzazioni terroristiche e da un lavoro di informazione che abbatta il silenzio e le mistificazioni della propaganda sionista e dei suoi alleati nel mondo.
Alla vigilia del riavvio, a settembre, dei negoziati fra Anp e Israele, sul sito del FPLP si leggeva un appello “al popolo palestinese ovunque esso sia, alla nazione araba, e a tutte le forze progressiste internazionali a mobilitarsi e a sfidare i piani e le condizioni israelo-statunitensi, sconfiggere questi negoziati e sostenere la resistenza, l’unità e la fermezza palestinesi come la scelta democratica del popolo palestinese per liberare la propria terra e riprendersi i diritti negati alla libertà, indipendenza e ritorno”. E’ il momento per tutti noi, come internazionalisti e antimperialisti, di assumere questo invito come anche nostro. Nena News

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