Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas :Volontà di educare

Ci sono situazioni estreme, clamorosamente casuali, utili a riflettere su noi stessi. Alcuni giorni fa i giornali hanno raccontato di un medico ebreo tedesco che si è rifiutato di operare un paziente dopo aver scoperto sulla sua pelle tatuaggi con simboli nazisti. Il dottore si è fatto sostituire da un collega, che ha dunque evitato danni al paziente, ma questa vicenda mostra un conflitto da due impulsi e principi: da un lato l’indignazione e la rabbia per l’ottusità di un giovane che non conosce la storia e probabilmente non si rende conto della gravità dei suoi comportamenti, dall’altro il dovere di un medico di curare chi ha bisogno di assistenza.
La prima reazione sarebbe quella di affermare che il medico ha sbagliato, ma personalmente ritengo che sia davvero difficile giudicare una circostanza di questo tipo. In un libro molto interessante Simon Wiesenthal chiese a un grande numero di pensatori di esprimere la propria opinione su un fatto (assai più drammatico) che gli era capitato: chiamato al capezzale di un soldato tedesco morente, il giovane Wiesenthal - non ancora «cacciatore di nazisti» e prigioniero dei tedeschi - rifiutò di dargli il perdono per aver partecipato al rogo di massa di decine di ebrei dell’Est-Europa. Per tutta la vita l’autore continuò a interrogarsi sulla propria scelta, chiamando altre menti per aiutarlo nel giudizio. La gamma delle risposte, com’è ovvio, fu estremamente variegata e ciascuna delle risposte poteva difficilmente prescindere da un portato soggettivo.
Io non me la sento di dare un giudizio su questo medico del Nord-Reno Wesfalia. Uno ci si deve trovare in alcune situazioni, e tutti conosciamo bene quel sentimento di rabbia profonda e sorda che ci attanaglia quando percepiamo alcune frasi o osserviamo alcuni simboli (oggi in parte sdoganati). Però credo, per contro, che si debba fare un plauso al presidente della Comunità ebraica di Milano, Roberto Jarach, e ai suoi collaboratori, per un episodio di alcune settimane fa: a un giovane milanese di 19 anni che aveva ingiuriato gli ebrei all’uscita della sinagoga, denunciato alla polizia, è stato offerto di commutare la prospettiva di un processo per istigazione all’odio razziale con una giornata di visita e discussione nella sinagoga, negli uffici comunitari, nelle scuole ebraiche. Una scelta saggia, lungimirante, alta. Una volontà di educare e non di esibire i muscoli.
http://moked.it/blog/2010/11/16/volonta-di-educare/

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