i Yudith Oppenheimer Gerusalemme citta dei muri

Di recente, a maggio, Gerusalemme ha celebrato “L’istruzione supera i muri” (Education Transcends Walls), una settimana dedicata al mondo dell’istruzione in onore della Giornata di Gerusalemme – l’anniversario israeliano della “riunificazione” della città, a seguito della guerra del 1967. L’evento è stato caratterizzato da una vasta serie di spettacoli, concerti e tavole rotonde per discutere e celebrare le conquiste e le sfide di Gerusalemme nel settore educativo.E’ sembrato, tuttavia, che il nobile titolo della manifestazione appartenesse completamente ad un altro evento. E’ infatti divenuto ben presto evidente che le scuole che servono i palestinesi, un terzo della popolazione di Gerusalemme, sono pressoché assenti. Sembra, infatti, che, malgrado il nome particolarmente ottimistico dell’evento, i muri di Gerusalemme siano forti, intatti e alti più che mai.Com’è risultato chiaro durante quella manifestazione, così come nel corso degli ultimi quattro decenni di controllo israeliano, Gerusalemme non è mai stata una città unita. Gerusalemme Est e Ovest sono divise sulla base di aspirazioni politiche e nazionali, così come sulla base di profonde disparità socioeconomiche. A Gerusalemme la popolazione è ulteriormente divisa dall’orientamento culturale: mentre gli israeliani guardano verso ovest, in direzione di Tel Aviv, i palestinesi guardano verso Ramallah, in Cisgiordania. Tuttavia, sia gli israeliani che i palestinesi vedono Gerusalemme come la loro capitale. Gli sforzi negoziali hanno reso evidente che non ci sarà alcuna risoluzione politica del conflitto israelo-palestinese se non si giungerà ad una risoluzione condivisa su Gerusalemme.Sebbene i politici israeliani cerchino popolarità accusandosi l’un l’altro di dividere la città, gli israeliani dal canto loro sembrano essere più ottimisti in merito alla complessa realtà di Gerusalemme. Un sondaggio commissionato dall’ONG israeliana Ir Amim ha rivelato che il 78% degli israeliani vede la vita in città come effettivamente divisa. Un ulteriore 65% sarebbe disposto a rinunciare alla giurisdizione israeliana sui quartieri arabi di Gerusalemme per un accordo di pace, fintanto che i luoghi santi rimangono accessibili. Questi numeri indicano la necessità di una leadership che si impegni per una soluzione negoziata in merito a Gerusalemme; una leadership che costruisca una città in cui entrambi i popoli possano vivere in dignità, una città che onori e protegga le tre religioni e le due differenti narrazioni nazionali al suo interno. (Si veda “State of Affairs: Jerusalem 2008” per un‘analisi e una ricerca sulla vita e la politica di Gerusalemme)

Nel frattempo, i muri di Gerusalemme vengono rafforzati. Il muro di separazione corre attorno e attraverso la città, e divide i gerosolimitani palestinesi dal loro ambiente culturale ed economico a Ramallah, Betlemme e in Cisgiordania. In alcune zone, il muro divide i gerosolimitani palestinesi persino dalla stessa città in cui vivono, lavorano, studiano e pagano le tasse. Coloro che restano all’interno di Gerusalemme vengono dimenticati dai servizi municipali: devono fare i conti con una carenza di oltre 1.500 aule scolastiche e oltre 70 km di fognature. Risulta loro quasi impossibile ottenere i permessi edilizi nella propria città, e come residenti (ma non come cittadini) sono consapevoli che se lasciassero Gerusalemme per la Cisgiordania potrebbero ritrovarsi per sempre tagliati fuori dalla città.La sfida di oggi è creare due comunità politiche reali nello spazio urbano ora conosciuto come Gerusalemme. La risposta – un percorso verso un futuro stabile e sicuro – avrà meno la forma di una serie di spettacoli e di concerti, e più quella di un riconoscimento delle contraddittorie realtà di Gerusalemme, e della centralità della città per la vita politica sia palestinese che israeliana.A questo punto, la strada verso una Gerusalemme condivisa è a mala pena percorribile. Al fine di mantenere la possibilità di costruire una capitale condivisa per due stati, Israele deve adottare immediatamente le seguenti misure: 1) permettere alle istituzioni culturali palestinesi a Gerusalemme Est di operare liberamente; 2) porre fine ad azioni unilaterali a Gerusalemme, tra cui: (a) la costruzione di insediamenti nel cuore dei quartieri palestinesi, nonché (b), il grande piano per creare un anello di parchi nazionali ed altre attrazioni turistiche sgomberando le aree residenziali e commerciali palestinesi attorno alla città vecchia. Tali azioni sono intese a rafforzare il controllo di Israele su quello che è il cuore del conflitto, ma determinano ulteriori tensioni, aumentando le disuguaglianze e l’instabilità di Gerusalemme.Nel nuovo clima politico creato dall’amministrazione Obama, il governo israeliano potrebbe ritrovarsi spinto a lavorare per una soluzione duratura. Poiché i gerosolimitani si trovano sempre più circondati da muri, vi è la necessità, più pressante che mai, di trasformare la città in un cardine della risoluzione del conflitto, e non in una scintilla pronta ad esplodere. Siamo noi a dover cogliere questa opportunità per il futuro di questa città cara sia agli israeliani che ai palestinesi, oltre che a cristiani, ebrei e musulmani di tutto il mondo.

Yudith Oppenheimer è direttore esecutivo di Ir Amim, una ONG israeliana che lavora per trasformare Gerusalemme in una citta’ più equa e sostenibile;
Ilana Sichel è ricercatrice presso la stessa ONG; il sito dell’organizzazione è:
http://www.ir-amim.org.il

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