Passa ai contenuti principali

AGENZIA SIR: Patriarcato latino di Gerusalemme sulle affermazioni dell'IDF . Natale a Gaza. Padre Romanelli (parroco): “Qui Dio piange con gli occhi dei bambini”.





Gaza: attacco alla parrocchia cattolica. Patriarcato latino mostra foto, “è ora di porre fine a questo conflitto insensato”


“È ora di porre fine a questo conflitto insensato”: sono le parole con cui il Patriarcato latino di Gerusalemme accompagna alcune foto che mostrano l’attacco israeliano alla parrocchia cattolica di Gaza lo scorso 16 dicembre che ha provocato due morti, una madre, Nahida Khalil Anton e sua figlia Samare, e diversi feriti oltre a numerosi danni. I colpi, come riferito dal Patriarcato latino in una nota emessa lo stesso giorno dell’attacco, hanno colpito e distrutto anche i pannelli solari e il generatore elettrico della casa delle suore di Madre Teresa che rappresentano l’unica fonte di elettricità utile anche a far funzionare i respiratori necessari ai giovani disabili che le religiose accudiscono. Distrutti anche i grandi contenitori di acqua posti sui tetti della parrocchia. Attacco che Israele ha smentito, secondo quanto riportato dai media israeliani. L’esercito di Israele (Idf) ha dichiarato di “non prendere di mira i civili, indipendentemente dalla loro religione”. “Due morti ci sono, chi li ha uccisi? I tank sono lì che hanno sparato. I fatti sono quelli. Abbiamo le immagini, le possiamo far vedere”, la replica del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, raccolta dal Sir.




di DANIELE ROCCHI


Natale a Gaza. Padre Romanelli (parroco): “Qui Dio piange con gli occhi dei bambini”.


Daniele Rocchi


Manca poco più di una settimana al Natale e il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli, racconta al Sir l’attesa dei suoi parrocchiani che dal 7 ottobre, giorno dell’attacco terroristico di Hamas a Israele, hanno trovato rifugio in parrocchia. In mezzo alle bombe e a tante difficoltà non smettono di pregare per la pace e la giustizia
Parrocchia Sacra Famiglia, Gaza (Foto Archivio Parrocchia latina)

“Bombardamenti continui, pannelli solari distrutti, contenitori di acqua sui tetti inutilizzabili, la mancanza di cibo e ora anche la pioggia che sta allagando alcuni ambienti dove gli sfollati abitualmente passano la notte”: padre Gabriel Romanelli, parroco della parrocchia latina di Gaza, dedicata alla Sacra Famiglia, descrive al Sir le condizioni di vita in cui versano gli oltre 600 sfollati cristiani che hanno trovato rifugio all’interno delle strutture parrocchiali. Le racconta con lo stato d’animo di chi vorrebbe fare qualcosa di concreto ma è impossibilitato a farlo. Infatti padre Gabriel, missionario di origini argentine appartenente all’Istituto del Verbo Incarnato (Ive), dal 7 ottobre – giorno dell’attacco terroristico di Hamas a Israele – è rimasto bloccato a Betlemme e non riesce a fare rientro a Gaza.


Striscia Gaza, padre Gabriel Romanelli (Foto parrocchia SF)

I suoi contatti con la comunità parrocchiale sono continui, con il suo vicario padre Youssef Asaad, le religiose e i suoi fedeli. “Vorrei rientrare a Gaza e condividere questo tempo con i miei parrocchiani – confida padre Gabriel –. Vedo le foto che mi mandano e Gaza è irriconoscibile. Solo macerie. Ma questo non ci impedirà di vivere il Natale”. Come consuetudine, proprio in questi giorni, la parrocchia latina di Gaza avrebbe dovuto ricevere la visita natalizia, quest’anno la prima da cardinale, del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa. La guerra in corso ha bloccato tutto. “Avevamo pensato per lui ad una calorosa accoglienza con i bambini vestiti da cardinali passati alla storia per essere divenuti santi o beati. Un augurio di santità. Cancellate tutte le feste, anche le parate degli scout”. Una scelta condivisa con tutta la diocesi patriarcale di Gerusalemme dove il Natale sarà vissuto solo all’interno delle chiese, “rinunciando a tutte le attività e segni festivi non necessari” in solidarietà con coloro che stanno soffrendo a causa del conflitto.

Una vera tregua. “Il dono che chiediamo in questo Natale – ribadisce il parroco – è una vera tregua, un cessate-il-fuoco permanente. Ogni giorno in più di guerra significa morte, distruzione, feriti, dolore, odio. Pregheremo perché le armi tacciano, perché i feriti e i malati vengano curati, perché i prigionieri e gli ostaggi vengano tutti rilasciati. Chiediamo che gli aiuti arrivino a tutti, anche al nord, dove sono rimasti 400mila abitanti che non hanno più niente. Nelle precedenti guerre qualcosa in piedi restava, mi riferisco a negozi, ospedali, scuole, luoghi di svago. Adesso ci sono solo macerie”. Padre Romanelli riporta la triste contabilità della guerra in corso – “oltre 18mila vittime palestinesi, più di 1200 quelle israeliane, 50mila feriti palestinesi e oltre 5400 israeliani, più di 7700 bambini uccisi” – ma parla anche di ricostruzione post guerra:

“dobbiamo chiedere a Dio la forza di ricostruire e di credere che sarà possibile. Altrimenti i 2,3 milioni di gazawi dove andranno, cosa faranno, come vivranno? La comunità internazionale non li può abbandonare”.


(Foto Parrocchia Latina)

Altare non di pietra. Sono queste le preghiere continue che i cristiani di Gaza stanno elevando in vista del Natale. I social dei fedeli di Gaza sono ricchi di foto e di video che li mostrano in chiesa a pregare. Grandi e piccoli. In questi ultimi giorni anche al buio, alla fioca luce di lampadine. Ogni giorno la piccola chiesa parrocchiale si riempie per le Messe del mattino e della sera, per il Rosario e per l’adorazione. “C’è sempre qualcuno a pregare – dice padre Gabriel, che è parroco di Gaza da più di 4 anni – e lo scopo è preservare la presenza reale di Gesù.


L’altare di Gaza non è solo di pietra ma è tabernacolo vivente.

Così si alimenta la vita spirituale dei nostri credenti, poco più di 1000 dei quali un centinaio cattolici su 2,3 milioni di musulmani. Da qui viene la forza di testimoniare la nostra fede attraverso la carità verso tutti, senza distinzioni di fede, con le opere nel campo scolastico, sanitario, sociale, dando speranza a tutte queste persone che da oltre 16 anni vivono nella prigione più grande del mondo che è Gaza. Ci sono tantissime famiglie musulmane che vivono nelle vicinanze della parrocchia e che cerchiamo in qualche modo di aiutare”. “Lo scorso ottobre – ricorda padre Gabriel – abbiamo ospitato oltre 2500 sfollati nella scuola della Sacra Famiglia nell’area di Rimal. Tutti soffrono, il dolore non distingue tra cristiano, ebreo, druso, musulmano, credente o non credente. I gazawi non devono essere dimenticati dopo questa guerra – ribadisce il religioso –. La forza per fare questo ci viene dalla fede in Gesù. Non è facile perché a volte – ammette – siamo tentati dalla ricerca di un luogo più sereno dove stare ma bisogna rimanere vicino alla gente che soffre perché anche


a Gaza Dio piange, piange con gli occhi dei bambini

rimasti orfani, di coloro che hanno perso i loro arti, dei tanti che hanno perso la libertà. In questa missione i cristiani di Gaza godono del sostegno quotidiano di Papa Francesco, del patriarca, card. Pierbattista Pizzaballa, e di centinaia di migliaia di persone, cristiane e non, che invocano pace e giustizia”.

Consolare gli innocenti. Padre Romanelli non si ferma al Natale ma invita a guardare alla Sacra Famiglia – “Gaza è Terra Santa, da qui passarono Gesù Giuseppe e Maria per fuggire in Egitto dopo l’editto di Erode – e agli Innocenti martiri (28 dicembre). La nascita di Gesù è segnata dalla Croce. Ogni essere umano è nato per vivere, Gesù nasce per morire e poi risorgere. In ogni innocente morto vediamo soffrire Gesù. Per questo lo vogliamo consolare, difendere, pregare. Ogni essere umano è creato a immagine di Dio. In questo Natale ci sono decine di migliaia di innocenti che piangono e che attendono di essere consolati. Preghiamo allora per il dono della pace”.





Israele e Hamas: Farah (Univ. Betlemme), “a Gaza diritti umani negati sia ai vivi che ai morti


“La dura realtà è che le gravi ferite di Gaza vengono trascurate e i diritti umanitari vengono tolti alla sua gente, sia viva che deceduta”: è quanto denuncia Basma Isam Farah, laureato all’Università di Betlemme, originario di Gaza e appartenente alla comunità cristiana palestinese. Il giovane, che affida la sua testimonianza al sito della Bethlehem University, gestita dai Fratelli delle scuole cristiane (Lasalliani), ora risiede fuori Gaza, mentre la sua famiglia, “insieme a zie, zii e cugini, sopporta ancora le difficili circostanze all’interno della regione”. “Dal 7 ottobre (giorno dell’attacco terroristico di Hamas a Israele, ndr.) le nostre vite sono state profondamente influenzate dalla guerra in corso a Gaza, lasciandoci alle prese con emozioni più profonde della paura e della tristezza”. Farah racconta gli sforzi per avere notizie dalla Striscia, del “sollievo quando parlano con i sopravvissuti e dello sconforto quando non arrivano risposte dai familiari”. Come nel caso di un suo cugino anziano “colpito dai cecchini israeliani e lasciato incustodito per le strade”, un fatto che “incarna la brutalità indiscriminata subìta dalla popolazione di Gaza”. “La difficile situazione dei nostri parenti anziani, sfollati dalle loro case a causa degli ordini di evacuazione – scrive lo studente – accresce l’angoscia e l’incertezza circa il destino delle loro case. La limitata disponibilità di beni di prima necessità fa crescere il nostro senso di impotenza. Abbiamo le mani legate e non possiamo fare altro che pregare”. “Gaza, la nostra città natale, dove siamo nati, cresciuti, dove abbiamo frequentato le scuole e abbiamo conservato i nostri ricordi, è nel caos più totale. Viviamo – spiega il giovane – notti insonni, pregando con fervore per la sicurezza della nostra famiglia in mezzo ai continui bombardamenti. Sembra inappropriato continuare con le attività quotidiane quando le nostre famiglie a Gaza lottano per le necessità. La frustrazione cresce dentro di noi mentre le nostre suppliche sembrano inascoltate, i nostri cuori soffrono e le nostre lacrime passano inosservate”. Da qui l’appello: “Imploriamo che le nostre voci siano ascoltate, chiediamo giustizia per il popolo palestinese a Gaza. Ci aggrappiamo alla speranza che alla fine di questo tunnel buio emerga una luce, alleviando la sofferenza di coloro che hanno perso case, beni e persone care. Possa il Dio del cielo intervenire e risparmiare la nostra amata Gaza da ulteriori distruzioni”.



Tutte le reazion
2








Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

giorno 79: Betlemme cancella le celebrazioni del Natale mentre Israele continua a bombardare Gaza

JOSEPH KRAUSS Nuove strade aprono la strada alla crescita massiccia degli insediamenti israeliani

6000 palestinesi combatterono a fianco degli Inglesi contro il nazismo