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Haifa, centinaia di ebrei e arabi ‘si rifiutano di essere nemici’

          Haifa, centinaia di ebrei e arabi ‘si rifiutano di essere nemici’ Tre giorni di manifestazioni. Alla prima del 18 maggio sono stati arrestati 21 arabi israeliani. L’accusa alla polizia di essere intervenuta con eccessivo uso di forza. Gaza: sale il numero delle vittime della protesta del 14 maggio. Un ragazzo di 20 anni si dà fuoco. Onu: “Intrappolati in una baraccopoli tossica dalla vita fino alla morte” Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) – “Ebrei e arabi si rifiutano di essere nemici”. È uno degli slogan che centinaia di manifestanti ebrei e arabi hanno ripetuto ad Haifa, nel nord di Israele, durante lo scorso weekend. Ieri, i partecipanti manifestavano solidarietà con la popolazione della Striscia e protestavano per l’arresto di 21 arabi israeliani dello scorso 18 maggio. Gruppi di giovani attivisti si sono riversati nella strada con le bandiere palestinesi. La manifestazione è stata soppressa secondo alcuni testimoni con

Quando scrivo della perdita della mia scuola, del mio quartiere, del mio tinello, racconto cosa vuol dire Nakba per ognuno di noi…

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    Quando scrivo della perdita della mia scuola, del mio quartiere, del mio tinello, racconto cosa vuol dire Nakba per ognuno di noi… palestinaculturaliberta.wordpress.com     Pubblicato su 19 maggio 2018 da CulturaèLibertà Lascia un commento Una bella intervista a Suad Amiry* di Chiara Cruciati – da Nena-News Roma, 17 maggio 2018, Nena News –  «Se domani Milano, Roma, Napoli venissero messe sotto assedio, come reagireste?». Così Suad Amiry risponde a chi in questi giorni (governi e stampa occidentale) pare incapace di descrivere per quel che è la Grande Marcia del Ritorno di Gaza. Architetto, tra le più note scrittrici palestinesi, era ieri a Firenze per un incontro organizzato dall’Associazione di Amicizia Italo-Palestinese. Oggi i palestinesi, nella diaspora e nella Palestina storica, commemorano la Nakba mentre a Gaza è in corso una strage. La Nakba continua, ma continua anche la lotta palestinese per il ritorno. Israe

Alberto Negri Polveriera Medio Oriente, Trump, il gendarme Netanyahu e l'Europa che non c'è.

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Polveriera Medio Oriente, Trump, il gendarme Netanyahu e l'Europa che non c'è. Intervista ad Alberto Negri - Arabpress arabpress.eu Intervista di Katia Cerratti L’uscita di Trump dallo storico accordo sul nucleare stipulato nel 2015 con Iran, UE, Russia e Cina, lo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme e la mattanza messa in atto da Israele nella striscia di Gaza nei confronti dei palestinesi che partecipavano alla ‘marcia del ritorno’ verso i territori occupati, nei giorni scorsi hanno scosso e rimesso in discussione la geopolitica mediorientale, sempre più simile a una polveriera pronta ad esplodere e caratterizzata da un groviglio di arroganza e pericolose provocazioni da parte di Trump, deboli prese di posizione da parte dell’Europa e della Russia, irritazione dell’Iran che ricorda come gli Usa non abbiano mai rispettato l’accordo, e dal gigante Israele a cui Trump regala sempre più potere. L’inviato di guerra Alberto Neg

ISRAELE, UN SOGNO INCOMPLETO – di Ugo Tramballi

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I primi israeliani spesso non erano felici della loro vita privata ma credevano nel loro Paese e nel loro futuro. Avevano un sogno. Questa, forse, è la differenza più profonda fra gli israeliani di allora e quelli di oggi», scrive lo storico Tom Segev in  1949. The First Israelis  (Free Press, 1998). Cosa significhi essere un popolo felice è difficile da definire: forse è solo un’ambizione collettiva irrealizzabile nello stesso momento, per l’intera collettività di ogni Paese della Terra. Ma se c’è un luogo della geopolitica oltre che dell’anima, dove ininterrottamente da 70 anni descrivere la felicità è più complicato, quello è Israele. Forse avevano più certezze gli 806mila ebrei di Palestina, molti dei quali scampati alla Shoah, che alle quattro del pomeriggio del 14 maggio 1948 (il sesto giorno di Iyar del 5708) ascoltarono alla radio la dichiarazione d’indipendenza. Loro più dei 6 milioni e 484mila ebrei d’Israele di oggi. Alla Dizengoff House, il Museo d

L'espresso artcoli su Gaza di Gigi Riva-Wlodek Goldkorn-Alberto Flores d'Arcais

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L'Espresso Data : 20 maggio 2018 Pagina : 8 Autore : Gigi Riva-Wlodek Goldkorn-Alberto Flores d'Arcais Titolo : «Inferno Gaza-Quello che Netanyahu non vole capire-Dottrina Trump: addio ai due Stati» 1 Gaza brucia: le foto esclusive del massacro annunciato   1  Gigi Riva: " Inferno Gaza " Chi ha vinto? E chi ha perso? Sulla linea Gaza-Gerusalemme si è giocata, si gioca, si giocherà, una partita doppia che non finisce con la marcia del ritorno dei palestinesi nel ricordo della Nakba (catastrofe), cioè la nascita dello Stato di Israele e l'esodo di 700 mila persone del 1948, 70 anni fa. E nemmeno con lo spostamento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Dunque si pub fissare un risultato parziale, modificabile, però ricco di indicazioni. Militarmente ha vinto, come al solito, Israele, grazie alla sua schiacciante superiorità b

Mario Vargas Llosa «Dov'è finita la mia Gerusalemme»

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Israele e Palestina, il vaso di Pandora | Rep Mentre Ivanka Trump, avvolta in un vaporoso vestito che dava di che parlare ai presenti, scopriva la targa che inaugurava la nuovissima ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, l’esercito israeliano uccideva a colpi d’arma da fuoco sessanta palestinesi e ne feriva altri mille e settecento mentre cercavano di avvicinarsi, lanciando pietre, ai reticolati che separano Gaza dal territorio di Israele. La coincidenza dei due eventi non è un caso: il secondo è conseguenza del primo. La decisione del presidente Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele rompe con 70 anni di neutralità degli Usa. Questa nazione, come gli alleati in Occidente, aveva sostenuto finora che il ruolo di Gerusalemme, rivendicato sia dai palestinesi che dagli israeliani, dovesse essere deciso con un accordo fra le due parti e la creazione di due Stati in grado di coesistere uno accanto all’altro. Di tanto in tanto la teoria dei due St

Ahmed Abu Artema : Ho contribuito ad iniziare le proteste di Gaza. E non me ne pento.

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  Ho contribuito ad iniziare le proteste di Gaza. E non me ne pento. Abu Artema ha contribuito all'organizzazione della Grande Marcia del Ritorno. The New York Times, 14.05.2018 https://www.nytimes.com/2018/05/14/opinion/gaza-protests-organizer-great-return-march.html Nella foto, dimostranti palestinesi fuggono il fuoco e i gas lacrimogeni israeliani durante una protesta alla frontiera fra Gaza e Israele, il 14 maggio 2018 RAFAH, Gaza - Il seme che ha dato vita alla Grande Marcia del Ritorno di Gaza è stato piantato il 9 dicembre, pochi giorni dopo l'annuncio che il presidente Trump avrebbe riconosciuto Gerusalemme come capitale d'Israele. I palestinesi hanno a lungo mantenuto il sogno di vedere Gerusalemme come nostra capitale, o almeno come capitale condivisa in un paese che offre uguali diritti a tutti. La sensazione di tradimento e di angoscia a Gaza era palpabile. Per schiarirci le idee, il mio amico Hasan e io abbiamo fatto un

Muhammad Shehada : Gaza e le coscienze addormentate

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   Haaretz, 13.05.2018 https://www.haaretz.com/middle-east-news/.premium-how-west-bank-palestinians-have-abandoned-their-gazan-brothers-1.6077932 Traduzione da Internazionale n.1256 Nella foto,  Il funerale di Jaber Abu Mustafa a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza, 12 maggio 2018 G aza è tappezzata di murales e di immagini di Gerusalemme e della moschea Al Aqsa. Gerusalemme non è solo la città che noi palestinesi vorremmo come capitale, è anche il luogo che ogni abitante di Gaza vorrebbe visitare. Ma i disperati tentativi per bloccare il piano unilaterale del presidente statunitense Donald Trump di cambiare lo status della città non hanno portato a nulla. Difendere Gerusalemme è diventata una causa persa. I palestinesi non sono mai stati così deboli, divisi e indifesi, e non sono mai stati così soli, abbandonati anche dai loro presunti alleati e dai loro leader. La decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele, annunciata a dicembre, ha s

Amira Hass: Non è solo Hamas a protestare contro Israele

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Internazionale n, 1256, 18.05.2018 Siamo felici che i nostri fratelli di Hamas abbiano capito che il metodo giusto è la lotta popolare senza armi”, hanno ripetuto i rappresentanti di Al Fatah a proposito della Marcia del ritorno. Il presidente palestinese Abu Mazen ha detto qualcosa di simile durante il suo discorso al Consiglio nazionale palestinese, all’inizio di maggio. Da queste parole emergono cinismo e invidia. Cinismo perché la posizione uiciale di Al Fatah è che la lotta armata di Hamas abbia danneggiato la causa palestinese e la Striscia di Gaza. Invidia perché si allude al fatto che basta un invito di Hamas per mobilitare decine di migliaia di manifestanti disarmati, convincendoli ad affrontare i cecchini israeliani lungo il conine. Al contrario, gli inviti di Al Fatah e dell’Olp in Cisgiordania, compresa Gerusalemme, hanno portato in strada poche migliaia di persone. È successo di nuovo il 14 maggio, quando l’ambasciata statunitense è stata trasferita a

Le Forze di Sicurezza israeliane ignorano continuamente gli attacchi razzisti contro gli alunni palestinesi.

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  Gaza. Qualcosa si muove. Ma in che verso? La verità dietro la corsa del Centro America per seguire lo spostamento dell’ambasciata USA Le Forze di Sicurezza israeliane ignorano continuamente gli attacchi razzisti contro gli alunni palestinesi. Le accuse contro il termine “scontri”: disinformare sul massacro di Israele a Gaza Cos’ha da nascondere l’IDF sulle uccisioni a Gaza?     Haaretz maggio 2018 Gli studenti delle colline meridionali di Hebron sono costretti a scegliere tra l’istruzione e la sicurezza mentre un gruppo di rabbini lancia una nuova campagna a loro favore. ■  Da più di dieci anni, i bambini palestinesi sono vittime di violenza su base etnica mentre si recano a scuola. ■  I sospettati sono estremisti israeliani appartenenti ai vicini insediamenti ■  Le forze di sicurezza israeliane spesso e volentieri ignorano gli attacchi ■ I politici chiudono un occhio davan