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A. B. Yehoshua "Perché serve un accordo con Hamas".

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Durante la guerra di Indipendenza del 1948 la Giordania bombardò la zona ebraica di Gerusalemme per diversi mesi, pose la città sotto assedio e impedì i rifornimenti di acqua e carburante. Centinaia di civili rimasero uccisi sotto le bombe eppure Israele non definì i giordani «terroristi» e dopo il cessate il fuoco fu avviato un negoziato tra le parti al termine del quale fu firmato un armistizio. Anche i siriani prima della guerra dei Sei Giorni bombardarono per anni la Galilea settentrionale uccidendo e ferendo molti civili. E un articolo della Costituzione del partito siriano Ba’ath prevede persino la distruzione di Israele. Eppure gli israeliani non hanno mai definito «terroristi» i siriani. Li hanno sempre chiamati «nemici» e negli anni hanno raggiunto vari accordi con loro, fra cui il disimpegno dei rispettivi eserciti dopo la guerra del Kippur. Gli egiziani guidati da Abdul Nasser proclamarono più volte di volere distruggere Israele, ed era questa la loro intenz

Moni Ovadia : Antisemitismo Fatti e opinioni

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Un paio di settimane fa Umberto de Giovannangeli dava conto su questo giornale di attacchi razzisti scatenati in Israele contro immigranti africani. Gli attacchi ai limiti del pogrom hanno avuto luogo, incredibile a udirsi, nei sobborghi di Tel Aviv, la laicissima città della Israele più colta e moderna, città della movida, del buon vivere all’occidentale. La teppaglia che ha scatenato i raid contro esseri umani, colpevoli solo di essere quello che sono, era composta da oltranzisti della destra israeliana, laica e religiosa. Anche i leader della odiosa campagna xenofoba sono israeliani, non arabi, quindi ebrei. La domanda che si impone con urgenza è: «Si può essere israeliani, ebrei e razzisti?» La risposta è: «Ma certo! Eccome!». Qualche lustro fa una simile domanda e una simile risposta sarebbero state scandalose in quanto tali, si sarebbero trovati esponenti autorevoli delle comunità ebraiche della diaspora (e si trovano ancora) pronti a lanciare anatemi contro chi

IL Parlamento Europeo sostiene la candidatura della Palestina come stato osservatore alle Nazioni Unite

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IL VOTO DEL 29 NOVEMBRE NON E’ SOLO SIMBOLICO   IL Parlamento Europeo sostiene la candidatura della Palestina come stato osservatore alle Nazioni Unite Nel silenzio dei media, il Parlamento Europeo ha approvato ieri un paragrafo di una risoluzione con cui si dichiara il sostegno alla candidatura della Palestina, come Stato non membro osservatore permanente, alle Nazioni Unite. La risoluzione, proposta dai verdi, è stata approvata a larghissima maggioranza: 447 voti a favore, 113 contrari e 65 astensioni. La richiesta a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina come osservatore all’assemblea delle Onu sarà presentata dal presidente dell’ANP, Mahmoud Abbas, il 29 novembre. Una data importante che coincide con la data della spartizione della Palestina, nel 1947. Per molti – per chi punta il dito contro la non efficacia delle Nazioni Unite, visto anche il sistematico ignorare, da parte di Israele e senza alcuna conseguenza, di tutte le risoluzioni Onu che ne c

Dietro le quinte dell’accettazione israeliana della tregua di Gaza

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  Dietro le quinte dell’accettazione israeliana della tregua di Gaza Barak Ravid – 24 novembre 2012 La decisione israeliana di accettare l’accordo per il cessate il fuoco mediato dall’Egitto è stata presa dopo due giorni di feroci dispute all’interno del triumvirato dei principali ministri israeliani che hanno diretto l’operazione di Gaza e all’interno del più esteso Comitato dei Nove. Da quando è stata lanciata l’Operazione Pilastro di Difesa mercoledì della settimana scorsa, il Vertice di Tre – comprendente il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della difesa Ehud Barak e il ministro degli esteri Avigdor Lieberman – si è riunito ogni sera per discutere della continuazione della guerra e per autorizzare piani operativi e bersagli da attaccare il giorno successivo. Negli ultimi tre giorni la maggior parte delle discussioni ha avuto per oggetto gli sforzi egiziani per raggiungere un cessate il fuoco. Nella riunione di martedì, appena prima che arrivass

Connie Hackbarth : Appello all'UNICEF: chi sostiene gli attacchi contro Gaza non può difendere i bambini

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  udy Shalom Nir-Mozes, presidentessa dell'UNICEF in Israele, ha sostenuto l'Operazione israeliana Pillar of Defence contro i palestinesi della Striscia di Gaza, un'operazione in cui il 27% delle vittime ed il 35% dei feriti civili sono stati bambini. Nir-Mozes, la settimana scorsa su un social media: “Amo l'affermazione che 'loro hanno sparato sui nostri bambini e si sono nascosti dietro i loro bambini' - poveri perdenti". Dite all'UNICEF che tali persone non possono avvocare i diritti dei propri bambini. Judy Shalom Nir-Mozes è la presidentessa dell'UNICEF in Israele, l'agenzia locale del Fondo delle Nazioni Unite per i Bambini, l'organismo internazionale la cui missione è di “aiutare a costruire un mondo in cui i diritti di ogni bambini siano realizzati”. Il motto dell

Guerra di Gaza, vincono i bugiardi

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  La guerra di Gaza disvela il regno dei bugiardi: lo guida Obama, il re dei re bugiardi. Ma con lui ci sono tutti insieme appassionatamente: da Netanyahu a Meshaal. d i  Hisham Abdallah Ogni volta che mi capita di leggere, guardare o sentire qualche dirigente, locale o internazionale, che fa una dichiarazione sul conflitto israelo-palestinese, mi convinco ancor di più che ha ragione lo scrittore siriano Hanna Mina, per il quale "il linguaggio è un'invenzione per nascondere le vere sensazioni dell'uomo." Questi giorni testimoniano che questa teoria è purtroppo fondatissima, basta dare un'occhiata alla questione israelo-palestinese per scoprire che viviamo in un regno di bugie e di bugiardi, fatto di statunitensi, europei, israeliani, palestinesi, e arabi ovviamente. Cominciamo con Obama, che ha subito scandito "il diritto di Israele a difendersi" dagli attacchi di Hamas, il movimento islamista palestinese. Bene, questa non sembra u

Le bombe, poi la tregua annunciano l’apertura della stagione elettorale di Robert Fisk

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Le bombe, poi la tregua annunciano l’apertura della stagione elettorale 24 novembre 2012 Per che cosa è stato fatto tutto questo? Il neonato  di 11 mesi ucciso con tutta la sua famiglia da un pilota israeliano, i circa 150 palestinesi morti – due terzi di erano civili – i 6 morti israeliani, i 1.500 attacchi aerei contro  Gaza, i 1.500 razzi contro Israele. Che simmetria spaventosa! Ma tutto questo – e dimentichiamo i miliardi di dollari di armi spesi da Israele – per un cessate il fuoco?  Non un trattato di pace, soltanto una tregua. Prima della prossima guerra di Gaza. I cinici abbondano a Israele, e non senza ragione. “Fine di un’operazione militare, inizio di una campagna elettorale” era un titolo sul ‘Jerusalem Post’  di ieri – quantunque sia un giornale che ha dato il suo solito appoggio alla guerra a Gaza. Certamente, però, la campagna di  Benjamin Netanyahu per le elezioni di gennaio è iniziata nel momento che ha ordinato l’assassinio di Ahmed al-Jab