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Moked : Disinformazione scorretta

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  Questa redazione non ha l’abitudine di entrare in polemica con altri notiziari, soprattutto quando qualcuno, nel tentativo di attirare l’attenzione, elude le regole del civile confronto. E’ forse ora il caso di annoiare il lettore con un’eccezione che c’è da augurarsi possa restare un caso isolato. Questa risposta non è determinata dal fatto che un sito abbia accusato sabato scorso falsamente il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche di aver “tessuto le lodi” di due giornalisti, un americano e un’italiana, tendenziosi e mistificatori nella loro maniera di trattare il conflitto mediorientale. Come qualunque lettore può serenamente constatare, si tratta di un’affermazione ingiustificata e ridicola. I due nomi, assieme a decine di altri, sono stati semplicemente evocati nell’ambito di un dossier molto ampio dedicato a Mantova letteratura (settembre 2011). Basta leggere per constatare come il giornale si sia limitato a elencare decine e decine di personaggi che nelle passa

Rapporto settimanale al-Haq: violenza dei coloni

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  Report settimanale al-Haq: preoccupante crescita violenza dei coloni da  al-Haq L'Alternative Information Center vi propone la traduzione in italiano del rapporto settimanale della Ong palestinese per i diritti umani al-Haq. Questa settimana il rapporto si è focalizzato sul preoccupante aumento della violenza da parte dei coloni israeliani contro il popolo palestinese (12-18 settembre).La recente escalation di violenza da parte dei coloni israeliani contro i palestinesi in Cisgiordania è allarmante. Durante le ultime due settimane, i  ricercatori di Al-Haq hanno monitorato e documentato 25 attacchi dei coloni contro i palestinesi e le loro proprietà, la maggior parte nel nord della Cisgiordania. Gli incidenti più recenti sono aggressioni fisiche, incendi e lanci di sassi. Aggressioni fisiche Il 14 settembre, alle ore 12:20 circa, alcuni coloni dell'insediamento israeliano di Yizhar hanno aggredito quattro palestinesi su una strada a sud di Nablus. Dopo averl

Obama ha scelto Bibi pensando alla sfida delle presidenziali

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MAURIZIO MOLINARI INVIATO A WASHINGTON L’ opposizione al riconoscimento Onu dello Stato palestinese è il frutto di un cambio di marcia di Barack Obama sul Medio Oriente che nasce da ragioni di politica interna e irritazione nei confronti di Ramallah con la conseguenza di aprire una nuova fase di impegno negoziale che potrebbe portare presto il Presidente americano a recarsi in visita in Israele. Questo si evince da una serie di conversazioni con diplomatici che seguono da vicino l’agenda internazionale di Obama e con analisti del Medio Oriente dei centri studi di Washington. Il consenso è unanime sulla genesi della svolta: i motivi sono domestici. «Durante l’estate il Presidente si è reso conto che nel 2012 la rielezione si giocherà sull’economia e in particolare sull’occupazione - spiega Patrick Clawson, del Washington Institute - e di conseguenza ha deciso di abbassare il profilo su tutti i temi di politica internazionale, incluso il negoziato israelo-palestinese». Larry Korb,

CINZIA NACHIRA :PALESTINA: IL DIRITTO «DISTORTO» DI CASSESE

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 Nena News – Finora il dibattito italiano circa il riconoscimento della Palestina come membro effettivo delle Nazioni Unite è stato del tutto marginale. Un’eccezione è stato il lungo articolo pubblicato più di un mese fa (l’8 agosto) su Repubblica da Antonio Cassese, il giudice che oggi presiede il Tribunale speciale istituito in Libano nel 2005 per indagare sull’assassinio del primo ministro Rafik Hariri. La tesi sostenuta da Cassese si fonda su quattro assunzioni: 1) la richiesta dell’Autorità palestinese (Anp) di riconoscere lo «Stato della Palestina» come membro effettivo dell’Onu deve riguardare soltanto la Cisgiordania, che ha le condizioni per passare dallo status di «entità» a quello di «Stato»; 2) tale richiesta dovrebbe essere l’ennesimo tentativo di indurre Israele ad aprire un tavolo negoziale attendibile; 3) anche se la richiesta dovesse cadere nel nulla – gli Stati Uniti potrebbero usare il loro diritto di veto per contrastare una decisione non gradita a Israele – il pre

Eilat : l'IDF conferma che tutti gli attentatori erano egiziani

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Yediot: indagine dell’IDF conferma che gli attaccanti di Eilat erano tutti egiziani e non gazesi.  di Richard Silverstein    Alex Fishman, corrispondente veterano di Yediot Achronot per la sicurezza, e uno dei pochi giornalisti israeliani scettici sulla versione ufficiale del governo relativa all’attacco terroristico a Eilat, conferma ciò che molti di noi conoscevano bene: è stato tutto un ordito di bugie. Il governo, all’inizio, ha riferito che per l’attacco erano responsabili i Comitati di Resistenza Popolare (PRC) di Gaza e che gli aggressori ne erano degli affiliati. Poi un giornale egiziano ha riportato che è stato il suo esercito ad aver ucciso tre degli aggressori e che erano egiziani. Questo è uno dei motivi per cui molti di noi hanno messo in dubbio la versione ufficiale. Ora, Fishman riferisce che, in effetti, l’indagine militare conferma che tutti i miliziani erano egiziani. Si pone anche la possibilità che almeno uno dei loro membri sia stato un poliziotto in servizi

Processo Vittorio Arrigoni: DUE IMPUTATI DENUNCIANO CONFESSIONI ESTORTE

  Gaza, 23 settembre 2011, Nena  News – Ieri nell’aula del tribunale militare di Gaza city c’era, in qualità di osservatore, anche Gilberto Pagani, l’avvocato della famiglia Arrigoni giunto mercoledì sera nella Striscia. Il legale, seduto accanto ai colleghi del Centro palestinese per i diritti umani (che rappresenta i famigliari di Vittorio a Gaza), ha potuto assistere a una udienza importante che ha visto due dei quattro imputati nel sequestro ed assassinio dell’attivista italiano, denunciare di aver confessato il delitto sotto le forti pressioni degli investigatori e di aver subito maltrattamenti. Non hanno potuto essere presenti invece i due attivisti italiani della «Freedom Flotilla», Germano Monti e Giuseppe Marella, che sono rimasti fermi in attesa per diverse ore al valico di Rafah. I due hanno poi fatto sapere che le autorità di frontiera palestinesi, quindi di Hamas, non hanno ritenuto sufficiente la documentazione che avevano presentato al terminal di confine e, di conse