Il2023segna unanno da record per i bambini palestinesi. Ad oggi, almeno38 bambine e bambini palestinesi sono stati uccisi dalle forze israelianenella Cisgiordania occupata. I bambini e le famiglie che vivono nei Territori Palestinesi Occupati stanno affrontando l'anno più letale, una tendenza allarmante che cresce. Senza un immediato cambio di rotta i bambini continueranno a pagarne il prezzo con le loro vite.
BAMBINI PALESTINESI UCCISI NEL 2023
Il triste record al quale assistiamo, riguarda in media più di un minore palestinese ucciso a settimana. Il picco più alto è stato raggiunto questo mese in seguito alla morte di due ragazzi di 16 anni in due diversi momenti.
Nel 2023 sono stati uccisi anche almeno 6 bambini israeliani. Si tratta del secondo anno consecutivo in cui si registra il record di vittime tra i minori in Cisgiordania, e questo rende evidente il peggioramento della sicurezza dei bambini e delle bambine in tutti i Territori palestinesi occupati.
Ad oggi, il bilancio dei bambini morti in tutti i Territori palestinesi occupati, tra cui Cisgiordania e Gaza, è già di almeno 44 vittime, tra cui almeno sei uccisi a Gaza. Questa cifra è di poco inferiore ai 45 bambini palestinesi uccisi in tutti i Territori palestinesi occupati nel 2022. Tra i minori palestinesi uccisi nel 2023, cinque avevano meno di 12 anni e tre meno di 8. Per non tralasciare il più piccolo, che aveva solo 2 anni. Nel mese di luglio, almeno 4 bambini palestinesi sono stati uccisi a Jenin durante la più grande operazione militare israeliana in Cisgiordania degli ultimi 20 anni, che ha comportato un pesante uso della forza, compresi gli attacchi aerei.
YOUSEF: UNO DEI BAMBINI UCCISI
Quest'anno è stato segnato da un uso senza precedenti della forza e da un numero record di morti di bambine e bambini da quando questo dato viene rilevato. Uno dei bambini uccisi questo mese era stato intervistato dai nostri operatori sul campo l’anno prima. Il suo nome era Yousef. Tra le sue parole trapelavano le paure e le angosce, tutti sentimenti negativi che purtroppo i piccoli palestinesi affrontano quotidianamente. Ci raccontava così il suo sogno:
“Il mio sogno è poter guardare qualsiasi cosa mentre vado a scuola, come gli uccelli e la natura. Voglio vedere le cose che ho sempre immaginato. Non voglio sentire l'odore del gas o vedere soldati ovunque. Non voglio avere paura di uscire. Non voglio che mia madre abbia paura che io mi faccia male o che vaghi per le strade a cercarmi, temendo che io sia stato ferito dai soldati israeliani.”
Tutto questo non è più tollerabile! Le menomazioni e le uccisioni di minori devono finire, ma finché persisterà una cultura dell'impunità, è probabile che i cicli di violenza continueranno. Per questo motivo, esortiamo la fine immediata dell'uso eccessivo della forza contro i bambini da parte delle forze israeliane e chiediamo un'indagine immediata e indipendente sull'uccisione di tutte le bambine e i bambini e che si prenda consapevolezza della situazione.
Il nostro intervento
Lavoriamo con i bambini palestinesi fin dagli anni Cinquanta, con una presenza permanente nei Territori palestinesi occupati (TPO) dal 1973. I nostri team lavorano in tutto il territorio palestinese, con oltre 30 partner, per garantire che i bambini sopravvivano, abbiano la possibilità di imparare, siano protetti da ogni tipo di abuso e che tutti gli attori si impegnino a rispettare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia (UNCRC).
Ad oggi, almeno 38 bambine e bambini palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata: il 2023 è l'anno più letale mai registrato, ha dichiarato Save the Children - l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro.
Questo drammatico record è stato raggiunto questo mese in seguito alla morte di due ragazzi di 16 anni in due diversi momenti [1]. In media, equivale a più di un minore palestinese ucciso a settimana. Quest'anno sono stati uccisi anche almeno sei bambini israeliani. Si tratta del secondo anno consecutivo in cui si registra il record di vittime tra i minori in Cisgiordania, e questo rende evidente il peggioramento della sicurezza dei bambini in tutti i Territori palestinesi occupati (TPO).
Uno dei bambini uccisi questo mese era stato intervistato da Save the Children l’anno scorso: le sue parole esprimono le paure che i piccoli palestinesi affrontano quotidianamente. "Il mio sogno è poter guardare qualsiasi cosa mentre vado a scuola, come gli uccelli e la natura”, aveva raccontato Yousef*. “Voglio vedere le cose che ho sempre immaginato. Non voglio sentire l'odore del gas o vedere soldati ovunque. Non voglio avere paura di uscire. Non voglio che mia madre abbia paura che io mi faccia male o che vaghi per le strade a cercarmi, temendo che io sia stato ferito dai soldati israeliani".
Ad oggi, il bilancio dei bambini morti in tutti i Territori palestinesi occupati (Cisgiordania e Gaza) è già di almeno 44 vittime, tra cui almeno sei uccisi a Gaza. Questa cifra è di poco inferiore ai 45 bambini palestinesi uccisi in tutti i Territori palestinesi occupati (TPO) nel 2022. L'anno scorso sono stati uccisi anche due bambini israeliani [2].
Cinque dei minori palestinesi uccisi quest'anno avevano meno di 12 anni e tre meno di otto, il più piccolo aveva solo due anni. A luglio, almeno quattro bambini palestinesi sono stati uccisi a Jenin durante la più grande operazione militare israeliana in Cisgiordania degli ultimi 20 anni, che ha comportato un pesante uso della forza, compresi gli attacchi aerei.
"Ogni tanto mi siedo da sola nella stanza e inizio a piangere. Piango per tutto quello che ci è successo. Sogno ogni giorno quello che è successo. Non dormo fino all'alba, finché non mi assicuro che non tornino a prenderci", ha raccontato Amina*,15 anni, che ha vissuto l'operazione militare di Jenin.
"Le mie figlie non sono più le stesse, la mia bambina di sette anni ora si rifiuta di uscire di casa da sola. E quando le bambine sentono che i soldati stanno entrando nel campo, iniziano a piangere, vorrebbero scappare", ha detto la mamma di Amina.
"Stiamo affrontando l'anno più letale in Cisgiordania, ancora una volta, e mancano ancora diversi mesi alla fine dell’anno. Si tratta di una tendenza allarmante. Quest'anno è stato segnato da un uso senza precedenti della forza e da un numero record di morti di bambine e bambini da quando questo dato viene rilevato. Le menomazioni e le uccisioni di minori devono finire", ha dichiarato Jason Lee, Direttore di Save the Children per i Paesi Bassi.
Save the Children esorta la fine immediata dell'uso eccessivo della forza contro i bambini da parte delle forze israeliane. Allo stesso tempo, l’Organizzazione chiede un'indagine immediata e indipendente sull'uccisione di tutte le bambine e i bambini e che si prenda consapevolezza della situazione. Finché persisterà una cultura dell'impunità, è probabile che i cicli di violenza continueranno. Senza un immediato cambio di rotta, i bambini continueranno a pagarne il prezzo con le loro vite. Il governo di Israele deve proteggere i bambini e limitare l'uso della forza in linea, con i suoi obblighi di diritto internazionale.
Save the Children lavora con i bambini palestinesi fin dagli anni Cinquanta, con una presenza permanente nei Territori palestinesi occupati (TPO) dal 1973. I team dell’Organizzazione lavorano in tutto il territorio palestinese, con oltre 30 partner, per garantire che i bambini sopravvivano, abbiano la possibilità di imparare, siano protetti da ogni tipo di abuso e che tutti gli attori si impegnino a rispettare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia (UNCRC).
[1] Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), 36 bambini palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania nel 2022. Al 14 settembre, il database pubblico delle vittime dell'OCHA riporta 36 bambini uccisi in Cisgiordania nel 2023 (al 31 agosto). Tuttavia, fonti come il Ministero della Sanità palestinese e Defense for Children International hanno riferito di altri due bambini morti in Cisgiordania, rispettivamente il 5 e il 9 settembre. Le Nazioni Unite hanno confermato a Save the Children la verifica di entrambi i decessi e stanno aggiornando il loro database pubblico delle vittime negli OPT.
Ogni anno, il Segretario generale delle Nazioni Unite pubblica un Rapporto sui bambini nei conflitti armati, che elenca le parti che commettono gravi violazioni contro i bambini e che non hanno messo in atto misure per migliorare la loro protezione. Nel Rapporto 2023, le forze israeliane, come negli anni precedenti, non sono state elencate.
A Gaza, Tamim, 5 anni, è morto di paura, letteralmente, durante un attacco aereo. In Cisgiordania, Mustafa è stato colpito al cuore dopo che lui e i suoi amici hanno lanciato pietre contro i soldati a 50 metri di distanza.
Le forze israeliane, di solito l'esercito, finora quest'anno hanno ucciso 28 bambini e minorenni in Cisgiordania e a Gerusalemme:
1 gennaio: Fuad Abed, 17 anni. Colpito all'addome e alla coscia durante un'incursione volta a demolire le case nel villaggio di Kafr Dan vicino a Jenin, punizione per un precedente attacco da parte di uno dei membri della famiglia. I giovani si stavano scontrando con gli invasori.
3 gennaio: Adam Ayyad, 15 anni. Colpito alla schiena e al braccio durante un'incursione nel campo profughi di Deheisheh vicino a Betlemme. I giovani lanciavano pietre e bottiglie molotov contro gli invasori.
5 gennaio: Amer Zeitoun, 16 anni. Colpito alla testa, al braccio e alla gamba durante un'incursione nel campo profughi di Balata, vicino a Nablus. I giovani si stavano scontrando con i soldati invasori.
16 gennaio: Amru al-Khmour, 14 anni. Colpito alla testa durante un'incursione nel campo profughi di Deheisheh. I giovani lanciavano pietre e bottiglie molotov.
25 gennaio: Wadia Abu Ramouz, 17 anni. Colpito al cuore durante scontri con la polizia di frontiera a Silwan, Gerusalemme. Il suo corpo è stato restituito alla famiglia il 2 giugno. La Polizia di Frontiera ha il compito di proteggere gli ebrei che si impossessano di terreni e case nel quartiere.
25 gennaio: Mohammed Ali, 16 o 18 anni. Ucciso durante un'incursione volta a demolire una casa nel campo profughi di Shoafat. Aveva in mano una pistola giocattolo, l'ha gettata via, è fuggito ed è stato colpito alla schiena. Alla famiglia è stato permesso di seppellirlo il 5 febbraio.
26 gennaio: Abdullah Moussa, 17 anni. Colpito al petto durante un'incursione nel campo profughi di Jenin e uno scontro con uomini armati.
26 gennaio: Waseem Abu Jaouz, 16 anni. Fucilato durante un'incursione nel campo profughi di Jenin. È stato investito da un blindato dell'esercito mentre la forza stava lasciando il campo.
26 gennaio: Naif al-Awdat, 10 anni, di Nuseirat a Gaza. È morto per le ferite riportate durante un attacco aereo del 6 agosto sul villaggio di Abasan mentre tornava a casa di suo nonno da un negozio di alimentari.
7 febbraio: Hamza Ashkar, 16 anni. Colpito al petto durante un'incursione nel nuovo campo profughi di Askar, dopo aver lanciato una sbarra di ferro contro un mezzo blindata mentre l'esercito stava partendo.
8 febbraio: Muntaser al-Shawa, 16 anni. Colpito alla testa dopo aver sparato contro l'esercito e i fedeli ebrei, che avevano invaso Nablus vicino al campo profughi di Balata.
13 febbraio: Qusai Waked, 14 anni. Colpito all'addome durante un'incursione nel campo profughi di Jenin.
14 febbraio: Mahmoud Ayyad, 17 anni. Colpito a un occhio durante un'incursione nel campo profughi di Far'a. Stava correndo con un ordigno esplosivo in mano.
22 febbraio: Mohammed Farid, 16 anni. Fucilato durante un'incursione a Nablus.
3 marzo: Mohammed Salim, 17 anni. Colpito alla schiena durante un'incursione nella città di Azzun vicino a Qalqilyah dopo che lui e altri avevano lanciato bottiglie molotov sulla strada.
7 marzo: Waleed Nassar, 15 anni. Colpito all'addome mentre lanciava pietre contro i soldati che invadevano il campo profughi di Jenin.
10 marzo: Amir Odeh, 14 anni. Colpito al petto dopo aver scavalcato la barriera di separazione al posto di blocco di Eyal a Qalqilyah. Ha anche lanciato una bottiglia molotov contro una torre di guardia dell'esercito fortificato. Nessun soldato è rimasto ferito.
16 marzo: Omar Awadeen, 14 anni. Colpito alla schiena da forze speciali sotto copertura mentre era in bicicletta a Jenin.
10 aprile: Mohammed Balhan, 17 anni. Colpito alla testa, al torace, all'addome e al bacino durante un'invasione del campo profughi di Aqabat Jabr, con pietre lanciate contro gli invasori.
28 aprile: Mustafa Sabah, 15 anni. Colpito al cuore dopo che lui e i suoi amici hanno lanciato pietre contro i soldati a 50 metri di distanza mentre le truppe si avvicinavano al villaggio di Tekoa vicino a Betlemme.
1° maggio: Mohammed al-Lad'a, 17 anni. Colpito alla testa durante un'incursione nel campo profughi di Aqabat Jabr durante scontri con i soldati.
9 maggio: Mayar Ezzeddin, 11 e Ali Ezzeddin, 8. Uccisi in casa nella gigantesca prigione conosciuta come la Striscia di Gaza durante un attacco aereo. L'obiettivo: il loro padre.
9 maggio: Hajar al-Bahtini, 5 anni. Ucciso in un attacco aereo su Gaza. Il bersaglio: suo padre.
9 maggio: Eman Addas, 17 anni (e sua sorella di 19 anni). Ucciso in un attacco aereo su Gaza. L'obiettivo: il suo vicino.
10 maggio: Layan Mdoukh, 10 anni. Ucciso durante un attacco aereo nel quartiere di al-Tufah a Gaza.
10 maggio: Tamim Daoud, 5 anni. Morto di paura, letteralmente, durante un attacco aereo su Gaza.
10 maggio: Yazen Elian, 16 anni. Ucciso in un attacco aereo su Gaza.
6 giugno: Muhammad Tamimi, 2 anni e mezzo. Colpito alla testa nel villaggio di Nabi Saleh vicino a Ramallah da una torre di guardia dell'esercito, posta lì per proteggere l'espansione dell'insediamento di Neveh Tzuf, costruito sulla terra di Nabi Saleh.
Questo elenco si basa sui dati raccolti dall'attivista Adi Ronen Argov e dal gruppo per i diritti israeliani B'Tselem, e sui resoconti dei media.
Dal 30 settembre 2000, inizio della Seconda Intifada, le forze israeliane hanno ucciso 2.252 bambini palestinesi, 42 dei quali l'anno scorso. Il 44% dei 5 milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania e a Gaza (compresa Gerusalemme) ha meno di 18 anni.
Sono nati nella realtà violenta del potere militare che governa le loro vite, stabilendosi nella loro terra e senza riguardo per le loro vite. Questi bambini maturano velocemente, vivendo senza alcuna speranza di normalità o di un presente o futuro decente.
Amira Hass è corrispondente di Haaretz per i territori occupati. Nata a Gerusalemme nel 1956, Amira Hass è entrata a far parte di Haaretz nel 1989, e ricopre la sua posizione attuale dal 1993. In qualità di corrispondente per i territori, ha vissuto tre anni a Gaza, esperienza che ha ispirato il suo acclamato libro "Bere il mare di Gaza". Dal 1997 vive nella città di Ramallah in Cisgiordania. Amira Hass è anche autrice di altri due libri, entrambi i quali sono raccolte dei suoi articoli.
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Palestina :area C annessione strisciante - occupazione militare GERUSALEMME (AP) - Nei prossimi anni, gli israeliani potranno recarsi a Gerusalemme e a Tel Aviv dagli insediamenti , situati nelle profondità della Cisgiordania ,attraverso autostrade, tunnel e cavalcavia che tagliano ampiamente le città palestinesi. I gruppi per i diritti dicono che le nuove strade prepareranno il terreno per una crescita esplosiva degli insediamenti, anche se l'amministrazione statunitense entrante in qualche modo convincerà Israele a frenare la costruzione di alloggi. I costosi progetti infrastrutturali segnalano che Israele intende mantenere ampie aree del territorio occupato in qualsiasi accordo di pace. Ciò renderebbe ancora più difficile la creazione di uno Stato palestinese vitale."Non si tratta di un altro centinaio di unità abitative lì o qui", ha detto Yehuda Shaul, un attivista israeliano che ha passato mesi a ricercare e mappare i nuovi progetti. "Questa è de facto anness
di Giacinto Seccia . Basta dare uno sguardo a un murales vicino Nardò per capire lo stato d’animo di quei profughi ebrei che, scampati all’Olocausto, trovarono rifugio nelle terre pugliesi prima di emigrare da clandestini verso la Palestina e fondare il tanto agognato Stato ebraico nel 1948. Chi lo dipinse su quel muro, anticipò la storia a modo suo. Il murales raffigura una cartina con l’Italia, tante persone in attesa, e una freccia che si protende verso una grande stella di David. Esiste tutt’ora conservato in un museoIl Salento fu solo la prima terra di incontro per quei profughi perché, a sostare nei campi per rifugiati (I.R.O.) di Bari Palese, Barletta e Trani, furono in migliaia fino al 1949. E da queste località si organizzava l’espatrio verso la “terra promessa” grazie alla posizione strategica che rese la Puglia in breve tempo la base principale dell’emigrazione clandestina ebraica (Aliya Bet).Le partenze dei clandestini avvenivano da Bari e Taranto, ma anche da altri porti
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