YULI NOVAK È IL NUOVO DIRETTORE ESECUTIVO DI B'TSELEM: "non è democrazia"

"Non c'è democrazia sotto l'Occupazione, non c'è democrazia sotto l'Apartheid. Né a Hebron né a Tel Aviv.
Di Yuli Novak - 26 giugno 2023
Questa settimana ho assunto il mio nuovo incarico come direttore esecutivo di B'Tselem. Sono intimorita da un senso di responsabilità ed eccitazione, e sono anche un po' ansiosa, naturalmente. Voglio condividere la mia decisione e ciò che mi ha portato a farlo.
Tra qualche mese io e la mia compagna Yaeli diventeremo madri. È difficile per me capire, ma verrà un momento in cui un bambino in questo mondo, una creatura, sarà nostra e dovremo crescerlo e proteggerlo. Purtroppo, so che mio figlio nascerà in una realtà dolorosa e crudele. Mio figlio nascerà in un Paese che attua l'Apartheid, per essere un occupante. La decisione di portare un bambino in questo luogo, in questo mondo e in questa realtà, non era scontata per noi. Credo non sia un caso che sia arrivata insieme a un'altra decisione: concludere sei anni di ricerca, riflessione e scrittura sulla nostra situazione politica, rimboccarmi le maniche e tornare "sul campo", ovvero mettere tutto il mio impegno per trasformare questo luogo nella casa che desidero per mio figlio e per tutti i bambini che vivono tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo: una casa di giustizia e moralità, valori e libertà, una casa libera da oppressione e discriminazione, una casa che guarisce dall'Occupazione e dall'Apartheid. E non riesco a pensare a nessun gruppo o organizzazione migliore di B'Tselem per ottenere una tale realtà.
Negli ultimi anni la comunità israeliana dei diritti umani ha subito una trasformazione. Un processo in cui sono felice di aver svolto un piccolo ruolo, in gran parte dietro le quinte. La nostra attuale comprensione della realtà è molto più profonda e complessa di quanto non fosse in passato. L'immagine che abbiamo ora non è più confortevole o piacevole, ma è più accurata. Comprendiamo che stiamo vivendo sotto un regime ostile: un regime che è ostile ai diritti umani e alla libertà, alle donne e ai poveri. Ma più di ogni altra cosa, è un regime ostile ai palestinesi (sia i suoi "sudditi" che quelli che chiama "cittadini"). La nostra lotta è una lotta contro il regime israeliano con l'obiettivo di cambiarlo, trasformarlo in una democrazia e instillare in esso valori di dignità, uguaglianza e giustizia. Questi valori sono contro le politiche di Occupazione e di Apartheid. Non c'è democrazia sotto l'Occupazione. Non c'è democrazia sotto l'Apartheid, né a Hebron, né a Gaza, né a Lod/Lydda e nemmeno a Tel Aviv.
B'Tselem comprende questa verità. Negli ultimi anni, sotto la guida esemplare di Hagai El-Ad, B'Tselem ha intrapreso azioni coraggiose e dolorose per infondere questa comprensione nelle comunità locali e internazionali. Sono onorata di entrare a far parte di un'organizzazione che alza con orgoglio la bandiera dei diritti umani anche in condizioni di continuo deterioramento, un'organizzazione che sa crescere, sa porre domande difficili e sa affrontare una realtà problematica e violenta senza vacillare nemmeno per un momento.
So che il lavoro di B'Tselem non è facile da accettare per gli israeliani. B'Tselem è un'organizzazione che insiste nel mostrare al pubblico ciò che è sgradevole da guardare e, soprattutto, richiede che arriviamo a comprendere parti di noi stessi che non sono facili da riconoscere. Quando accadono queste due cose: vedere e capire, siamo costretti a immaginare anche un futuro diverso, libero da oppressione e supremazia. Questo è il futuro che ci è stato insegnato a temere.
Negli ultimi anni ho trascorso molto tempo alla ricerca di cosa sia l'Apartheid e di come funzioni un regime del genere. Una delle cose che ho imparato è che l'Apartheid distorce la nostra percezione della realtà. È un regime che fa sentire a coloro che vivono sotto di esso, in particolare a coloro che appartengono al gruppo che beneficia della superiorità, che l'ordine politico esistente è l'unico possibile. Ci invoglia a credere in una storia che permette di accettare l'oppressione e la violenza come inevitabili. Ci fa vedere le demolizioni di case, la discriminazione istituzionale, la segregazione, il trasferimento forzato e le uccisioni sistematiche e quotidiane come un destino. L'Apartheid ci rende crudeli.
L'Apartheid israeliano sta diventando sempre più forte e radicato. I valori della violenza, del razzismo e della supremazia prevalgono sempre più nella società israeliano. Di conseguenza, più vite palestinesi vengono distrutte e più famiglie perdono ciò che hanno di più caro e la nostra capacità di immaginare un futuro diverso si indebolisce di giorno in giorno.
La mia speranza per questo Paese, e il suo futuro, risiede in persone come la meravigliosa squadra di professionisti di B'Tselem: persone che si svegliano ogni giorno e fanno tutto il possibile per portare alla luce la verità che il regime israeliano sta cercando di nascondere, che insistono nel far parte di una comunità internazionale e sono determinati a lavorare per un futuro diverso: israeliani e palestinesi che lavorano insieme e resistono alla separazione fondata sulla menzogna e sulla paura.
La mia speranza risiede anche in voi, nella nostra cerchia di sostenitori e collaboratori, che comprendete la necessità di una lotta condivisa per riparare i danni e che sperano come noi in un futuro di giustizia e libertà. Credo che questi nostri circoli possano allargarsi sempre di più. So che il coraggio e la speranza sono contagiosi.
Sono grata al consiglio di amministrazione di B'Tselem e alla sua presidente, Orly Noy, per la fiducia riposta in me per guidare l'organizzazione nei prossimi anni.
Che possiamo andare avanti insieme verso la caduta dell'Apartheid e un futuro di libertà.

A few words from Yuli Novak, our new Executive Director, to our followers and supporters:
This week I began my work as executive director of B’Tselem. I am overcome with a sense of responsibility and excitement, and I’m bit anxious, too, naturally. I want to share a bit about my decision and what led me to it.
In a few months, my partner Yaeli and I will become mothers. It’s hard for me to grasp, but a moment will come when one child in this world, one creature, will be ours, and we will have to raise and protect him. Sadly, I know that my child will be born into a painful and cruel reality. My child will be born to live under apartheid, to be an occupier. The decision to bring a child into this place – into this world and this reality – was not a given for us. I think it is no coincidence that it came together with another decision: to conclude six years of researching, thinking and writing about our political situation, roll up my sleeves and get back to “the field” – in other words putting everything I have into doing the best I can to turn this place into the home I wish for my child and for all the children who live between the Jordan River and the Mediterranean Sea: a home of justice and morality, values and freedom, a home free of oppression and discrimination, a home healing from occupation and apartheid. And I can think of no group or organization better able to work towards advancing such a reality than B’Tselem.
The Israeli human rights community has been undergoing a transformational shift in recent years. A process in which I am happy to have played a modest role, largely behind the scenes. Our current understanding of reality is much deeper and more complex than it was in the past. The picture we now have is not any more comfortable or pleasant – but it is more accurate. We understand that we are operating under a hostile regime: a regime that is hostile to human rights and to freedom, to women and to the poor. But more than anything, it is a regime that is hostile to Palestinians (both its “subjects” and the ones it calls “citizens”). Our struggle is a struggle against the Israeli regime with the goal of changing it, transforming it into a democracy and instilling in it values of dignity, equality and justice. These values are incompatible with policies of occupation and apartheid. There is no democracy under occupation. There is no democracy under apartheid, not in Hebron, not in Gaza, not in Lod/Lydda and not in Tel Aviv.
B’Tselem also understands this truth. In recent years, under the exemplary leadership of Hagai El-Ad, B’Tselem has taken bold, dramatic action to instill this understanding in both local and international communities. I am honored to join an organization that proudly raises the flag of human rights even under ever-deteriorating conditions, an organization that knows how to grow, how to ask tough questions and how to contend with a difficult and violent reality without wavering for even a moment.
I know that B’Tselem’s work is not easy for Israelis to digest. B’Tselem is an organization that insists on showing the public what is unpleasant to look at and, more so, requires that we come to understand parts of ourselves that are not easy to acknowledge. When those two things happen – seeing and understanding – we are forced to imagine a different future, too, free of oppression and supremacy. This is the future we have been taught to fear.
In recent years, I have put a lot of time into researching what apartheid is and how a regime like that operates. One of the things I learned is that apartheid distorts our perception of reality. It is a regime that makes those who live under it, especially those who belong to the group that benefits from superiority, feel that the existing political order is the only possible one. It makes us believe in a story that enables accepting oppression and violence as an unavoidable. It makes us see home demolitions, institutional discrimination, segregation, forcible transfer, and systematic, daily killings as fated. Apartheid makes us cruel.
Israeli apartheid is growing stronger and more entrenched. Values of violence, racism and supremacy increasingly hold sway in the Israeli public. Correspondingly, more Palestinian lives are destroyed, and more families lose what is dearest to them, and, also correspondingly, our ability to imagine a different future grows weaker by the day.
My hope for this place – and its future – lies in people like the wonderful, professional team at B’Tselem: people who wake up every day and do everything they can to bring to light the truth the Israeli regime is trying to hide, who insist on being part of an international community and who are determined to work for a different future - Israelis and Palestinians working together and resisting separation founded on lies and fear.
My hope also lies in you, in our circle of supporters and partners, who understand the need for a shared struggle to repair the damage and who yearn as we do for a future of justice and freedom. I believe that these circles of ours can expand further and further. I know that courage and hope are infectious.
I am grateful to B’Tselem’s board and its chair, Orly Noy, for the trust placed in me to lead the organization in the coming years.
May we move forward together towards the fall of apartheid and a future of freedom.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo ""There's no no democracy under occupation, there's no democracy under apartheid. Not in Hebron nor in Tel Aviv""

Tutte le reazio



Tutte le re

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