GIDEON LEVY - UN COMANDANTE DI BRIGATA DELL'ESERCITO ISRAELIANO CACCIATO AL GRIDO DI "ASSASSINO"

 Tradotto da :

Beniamino Benjio Rocchetto

Di Gideon Levy - 28 giugno 2023

Gli hanno gridato "assassino" e lui se n'è andato con vergogna, dicendo che era "rammaricato come persona" ma che "non si sarebbe mortificato". I vertici dello Stato si sono affrettati a esprimere preoccupazione, condannare gli attacchi verbali e lodare il suo eroismo.
Il Comandante della Brigata Binyamin, il Colonnello Eliav Elbaz, si era recato a confortare la famiglia di Harel Masoud, un colono di un avamposto particolarmente violento e selvaggio, che è stato ucciso nell'attentato della scorsa settimana nell'insediamento di Eli in Cisgiordania. Elbaz è stata accolta da una raffica di insulti da parte dei coloni.
È stato un atto vergognoso? Non sono sicuro. A volte si può imparare dai coloni qualcosa su come protestare.
Elbaz merita di essere oggetto di rabbiose proteste, ma in un luogo diverso e per ragioni diametralmente opposte. In quel luogo diverso, sarebbe stato un degno bersaglio per gli slogan dispregiativi e gli insulti che gli venivano lanciati dai coloni. Ma in quell'altro luogo, né Elbaz né nessun altro dell'esercito è arrivato a porgere le condoglianze per il lutto, nessuno ha protestato e nessuno si assumerà la responsabilità.
Se gli insulti dovevano essere diretti a Elbaz per offuscare la sua immagine e infangare il suo nome, avrebbero dovuto accadere lontano dalla casa della famiglia Masoud a Yad Binyamin, avrebbero dovuto essere lanciati nella casa della famiglia Tamimi a Nabi Saleh.
Era questa famiglia che aveva bisogno di essere confortata e compensata e aveva tutte le ragioni per insultarlo. Ma Elbaz, come i suoi colleghi ufficiali dell'Occupazione, è troppo codardo per assumersi la responsabilità anche solo dell'uccisione di un bambino. È ancora più codardo per non aver espresso e condiviso il dolore di una famiglia il cui intero mondo è stato distrutto dai suoi soldati.
Elbaz è il Comandante della Brigata responsabile dell'Unità Duhifat, i cui soldati all'inizio di questo mese hanno ucciso il bambino Muhammad Tamimi. È il Comandante della Brigata che ha finto di indagare e non ha mai pensato di perseguire nessuno. È lui che ha mandato inutilmente i soldati a Nabi Saleh, il responsabile dell'imbarazzante confusione che ne è seguita, e della sparatoria che si è conclusa con l'uccisione di un bambino e il ferimento di suo padre. Elbaz è responsabile del terribile crimine, e ancor di più dell'insabbiamento che ne è seguito.
Come in ogni crimine, il mandante ne condivide la colpa, forse ne porta anche una parte ancora maggiore. Per questo e altri crimini simili, Elbaz ne è uscito candido come la neve. Nessuno ha ucciso un bambino, e se un bambino è morto, è stato per errore, e se è stato un errore, non c'è alcun problema legale o morale.
Forse era giustizia poetica che fossero i coloni criminali, i ladri di terra violenti e razzisti, a infangare l'onore dell'ufficiale che meritava di essere infangato, invece del sangue di Tamimi, che avrebbe dovuto gridare contro di lui dalla terra e condurre alla destituzione di Elbaz.
A proposito, nell'aprile dello scorso anno, Elbaz ha ucciso con le proprie mani un uomo mentalmente disabile che teneva in mano una pistola giocattolo ad Ashkelon. Anche questa storia fu presto messa a tacere, nonostante la vittima fosse ebrea.
Le Forze di Difesa Israeliane devono decidere se l'uccisione di un bambino davanti a suo padre sia un atto accettabile o meno. I soldati avrebbero sparato al bambino e al padre se questo fosse stato un insediamento ebraico e non un villaggio palestinese, un villaggio famoso per la sua Resistenza all'Occupazione? Se un tale atto è accettabile, allora dovremmo protestare contro i responsabili di tali norme perverse, incluso Elbaz.
Se un tale atto non è accettabile, se è illegale e criminale, allora i responsabili avrebbero dovuto essere assicurati alla giustizia, compreso Elbaz, che ha cercato di insabbiare l'incidente. La sinistra avrebbe dovuto chiedere conto, ma quando la sinistra è debole e sfiduciata, e l'Occupazione non la interessa più, il vergognoso risultato è che nessuno è uscito per protestare contro Elbaz per l'uccisione di un bambino.
È dubbio che molti a sinistra oserebbero dire in faccia ad un ufficiale dell'IDF responsabile della morte di un bambino che è un "assassino". Questo tipo di protesta, diretta, dura e coraggiosa, è solo per i giovani estremisti ebrei radicali delle colline. Per la sinistra figure come Elbaz sono ancora eroi la cui dignità, ci mancherebbe, è intoccabile. Sono le vacche sacre della sinistra.
Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell'Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell'Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo nuovo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.
Gideon Levy - Jun 28, 2023
They shouted “murderer” at him, and he walked away in shame, saying he was “hurt as a person” but that he “won’t break.” The leaders of the state rushed to express concern, condemn the verbal attacks and laud his heroism.
The commander of the Binyamin Brigade, Col. Eliav Elbaz, had come to comfort the family of Harel Masoud, a settler from a particularly violent, wild outpost, who was killed in last week’s shooting attack in the West Bank settlement of Eli. Elbaz was met with a barrage of insults from the settler thugs.
Was it a shameful act? I’m not sure. Sometimes you can learn from the settlers something about how to protest.
Elbaz deserves to be the target of angry protests, but in a different place and for diametrically opposite reasons. In that different place, he would be a worthy target for the derogatory slogans and insults that were thrown at him by the settlers. But in that other place, neither Elbaz nor anyone else from the army came to console the bereaved, no one protested and no one will bear responsibility.
If insults had to be directed at Elbaz to tarnish his image and blacken his name, it should have been done far from the home of the Masoud family in Yad Binyamin. Instead, it should have been done in the house of the Tamimi family in Nabi Saleh.
It was this family that needed to be comforted and compensated and had every reason to shout insults at him. But Elbaz, like his fellow officers of the occupation, is too cowardly to take responsibility even for killing a baby. He is even more of a coward for failing to express sorrow and share in the pain of a family whose entire world was destroyed by his soldiers.
Elbaz is the commander of the brigade responsible for the Duhifat unit, whose soldiers earlier this month killed the toddler Mohammed Tamimi. He is the commander of the brigade that faked the investigation and never thought of prosecuting anyone. He is the one who needlessly sent the soldiers into Nabi Saleh, the one responsible for the embarrassing confusion that followed, and for the trigger finger that ended in the shooting of a toddler and his father. Elbaz is responsible for the terrible crime, and even more so for the cover-up that followed.
As in every crime, the one who sends another to commit a crime shares in the blame, perhaps even carries an even greater share of it. For this crime and others like it, Elbaz came out as pure as the morning dew. No one killed a baby, and if they did kill a baby, it was by mistake, and if it was a mistake, there is no legal or moral issue involved.
Perhaps it was poetic justice that it was the settler thugs, the racist, violent land thieves, who tarred the honor of the officer who deserved to have it tarred, instead of Tamimi’s blood, which should have cried out against him from the earth and led to Elbaz’s dismissal.
By the way, in April of last year, Elbaz killed with his own hands a man with special needs who was holding a toy gun in Ashkelon. This story was also soon silenced, even though the victim was Jewish.
The Israel Defense Forces must decide whether the killing of a toddler in front of his father is an acceptable act or not. Would the soldiers have shot at the toddler and his father if this had been a Jewish settlement and not a Palestinian village, a village renowned for its resistance to the occupation? If such an act is acceptable, then we should be protesting against those responsible for such perverted norms, including Elbaz.
If such an act is not acceptable, if it’s unlawful and criminal, then the suspects should have been brought to justice, including Elbaz, who sought to cover up the incident. The left should have been calling for this, but when the left is weak and disheartened, and the occupation no longer interests it, the shameful result is that no one came out to protest against Elbaz for the killing of a toddler.
It’s doubtful whether many on the left would dare call an IDF officer responsible for the death of a baby a “murderer” to his face. This kind of protest – blatant, violent and courageous – is only for the hilltop youth. For the left, figures like Elbaz are still heroes whose dignity, God forbid, must never be touched. They are the left’s sacred cows.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 persone

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

Israele : Anche la scuola di Anata ora ha l’energia elettrica!

Il quotidiano di Adelson : il ministro degli esteri svedesi potrebbe essere assassinata per il suo antisemiitismo come Folke Bernadotte