Amira Hass, : Questa è l’inquietante realtà del furto di terra e del governo di destra di Israele


Haaretz, 22 marzo 2023. 

L’approvazione di un disegno di legge che consente agli israeliani di tornare in quattro insediamenti in Cisgiordania riflette la ribellione del mostro contro il suo creatore. I metodi che Israele e i coloni hanno usato con successo contro i palestinesi stanno ora minando segmenti della società ebraica israeliana.

Soldati israeliani parlano con coloni israeliani nella città di Hawara, vicino a Nablus, in Cisgiordania, il mese scorso. RONALDO SCHEMIDT – AFP

La Knesset israeliana ha approvato nella tarda serata di lunedì 20 marzo un emendamento alla Legge sul Disimpegno [che sancì nel 2005 l’abbandono di Gaza e di alcuni insediamenti in Cisgiordania, NdT]. L’emendamento consente agli israeliani di tornare in quattro insediamenti cisgiordani precedentemente smantellati: Kadim, Ganim, Sa-Nur e Homesh, anche se questi quattro in realtà non sono mai stati rimossi dall’elenco degli insediamenti esistenti stilato dallo Yesha Council [l’organizzazione che riunisce i consigli municipali delle colonie ebraiche in Cisgiordania, NdT] sul suo sito web in ebraico.

La lista dello Yesha Council comprende anche tutti gli insediamenti nella Striscia di Gaza che sono stati smantellati con il disimpegno del 2005. Ma è ancora difficile (con l’accento su “ancora”) immaginare che i rappresentanti di Giudea e Samaria alla Knesset – gli iperattivi parlamentari di Sionismo Religioso e i loro imitatori del Likud -vogliano spingere Israele e l’IDF a riportare gli ebrei nella Striscia affamata di acqua e di terra.

Ma è facile immaginare organismi di insediamento quasi privati e semi-ufficiali come Amana, Nahala e il Consiglio Regionale di Shomron che finanziano la residenza di israeliani nei quattro siti nel nord della Cisgiordania. Tale residenza richiede case mobili e tende, acqua, generatori, soldati come guardie che non esitino a sparare, ferire o uccidere i manifestanti palestinesi, giudici militari per mandare in prigione i manifestanti palestinesi, appaltatori per ripristinare le strade di accesso, membri della Knesset per visitare, ballare e creare uffici parlamentari di fortuna.

Tutto questo era a disposizione dei coloni anche prima dell’approvazione dell’emendamento – ora lo sarà 10 volte di più.

L’insediamento cisgiordano di Mitzpeh Kramim, vicino a Ramallah, l’estate scorsa. Naama Grynbaum

A prima vista, il recente emendamento mostra l’eccezionale determinazione del movimento dei coloni, che ha superato tutte le leggi e gli accordi diplomatici per occupare il cuore della maggior parte degli israeliani. Un evento festoso – così il ministro delle Missioni Nazionali Orit Strock, che detiene anche il portafoglio degli insediamenti, ha descritto l’emendamento della Knesset nel programma mattutino di radio Reshet Bet, mentre l’intervistatore faticava a contenere il suo discorso entusiasta sulla Terra d’Israele e sulla giustezza delle parole del ministro delle Finanze Bezalel Smotrich (che ha detto: “non esiste un popolo palestinese”).

Ma in realtà, il passaggio dell’emendamento riflette la ribellione del mostro contro il suo creatore. Israele non è solo uno Stato che costruisce insediamenti, ma un’impresa di insediamenti, un progetto coloniale con una Knesset e uno Stato.

L’attuale colpo di Stato sul sistema di governo israeliano procede alla velocità della luce sotto i nostri occhi, con gli stessi metodi che hanno permesso il processo di colonizzazione: pianificazione in segreto, menzogna senza battere ciglio, inganno economico, distorsione dei fatti, stravolgimento delle leggi, violazione del diritto internazionale, tolleranza da parte di polizia, esercito, procuratori e tribunali nei confronti della violenza dei coloni e violazione della manciata di sentenze dell’Alta Corte di Giustizia riguardanti una minima parte delle terre palestinesi sottratte. E in cima alla lista? La mancanza di considerazione per le opinioni e i bisogni della maggioranza, escludendo i palestinesi da ogni considerazione. Questo è il razzismo puro a cui ci siamo abituati, sotto le mentite spoglie di calcoli statistici equi.

Prendiamo Homesh come un esempio tra i tanti. Nel 1978, un ordine militare sequestrò i terreni agricoli appartenenti ai residenti dei due villaggi palestinesi di Burka e Silat al-Dhahr. Vi si stabilì un avamposto militare che poi, nell’aprile del 1980, si trasformò in una comunità civile: Homesh.

L’avamposto di Homesh, precedentemente evacuato in Cisgiordania e sede di una yeshiva, nell’aprile dello scorso anno. Amir Levy

Il sito web di Kerem Navot, un gruppo no-profit che indaga e documenta la politica israeliana di furto di terra, mostra un documento militare interno di quell’aprile 1980 riguardante il nuovo insediamento. Il documento spiega: “Lo scopo: rendere civile l’avamposto [militare] evitando il più possibile qualsiasi segnalazione, sia alla gente del posto che ai media”.

L’ordine di sequestro non è stato revocato immediatamente dopo il disimpegno, ma solo dopo una battaglia legale da parte dei legittimi proprietari della terra. Ma i coloni, con l’aiuto dello Stato, dell’IDF e della polizia, hanno impedito il ritorno dei palestinesi alle loro terre, usando vari metodi violenti. È tutto qui: mancanza di considerazione per i diritti e i bisogni dei palestinesi, sputi sul diritto internazionale, trucchi per eludere la legge, mancanza di rispetto per l’Alta Corte di Giustizia e indulgenza verso la violenza ebraica.

Per oltre 50 anni, lo Stato di Israele ha utilizzato gli insediamenti per impedire la creazione di uno Stato palestinese nell’area conquistata nel 1967. Ha frantumato lo spazio e creato enclavi disconnesse di autogoverno palestinese debilitato, con accesso limitato alla terra e all’acqua.

È sempre stato un tango: lo Stato legifera, pianifica, ruba la terra palestinese e si insedia. I coloni fanno qualche passo avanti, superando palesemente il piano ufficiale, e si lamentano della loro privazione. Lo Stato perdona, approva retroattivamente, pubblica nuove iniziative mentre i coloni ne fanno di proprie, rubano altra terra palestinese e si lamentano della loro privazione. Lo Stato ha pietà di loro, approva e così via.

La città cisgiordana di Sinjil, a nord-est di Ramallah, vicino all’insediamento di Nahal Shilo. Emil Salman

Il fervore nazional-religioso da solo non spiega completamente il fenomeno. Il tango che il governo e le sue istituzioni ballano con i coloni ha costruito il loro enorme potere politico, che è stato rafforzato da sussidi, benefici e promesse di avanzamento socio-economico per i coloni ideologici e non ideologici – Haredim, Haredim sionisti e coloni non religiosi.

Inoltre, l’indifferenza generale degli israeliani nei confronti di ciò che accade al di là della Linea Verde, così come il sostegno dei Paesi occidentali a Israele nonostante la loro opposizione ufficiale agli insediamenti, hanno giocato un ruolo cruciale nel rafforzare la presa del potere dei coloni.

Il disimpegno unilaterale di Ariel Sharon nel 2005 era basato su un’analisi dei costi e dei benefici militari ed economici: Troppi soldati erano necessari per proteggere gli insediamenti nella Striscia di Gaza e gli insediamenti solitari nel nord della Cisgiordania. Il piano di disimpegno era, infatti, congruo con l’agenda israeliana di separare i palestinesi gli uni dagli altri fin dal 1991 (in violazione degli accordi di Oslo), separando di fatto la popolazione della Striscia di Gaza da quella della Cisgiordania. Questo è stato il mezzo principale per sventare uno Stato palestinese.

Il Primo Ministro Ariel Sharon in visita al Negev occidentale e ai siti destinati ad accogliere i residenti della Striscia di Gaza.Avi Ohayon/Ufficio Stampa del Governo

Alcuni hanno ingenuamente creduto che il disimpegno fosse un precursore di ulteriori ritiri. Se questa fosse stata l’intenzione, Israele avrebbe cambiato unilateralmente la classificazione illogica e artificiale dei siti di insediamento smantellati, passandoli dall’Area C, sotto il pieno controllo amministrativo e di sicurezza israeliano, all’Area A o B, sotto l’autorità civile e amministrativa palestinese.

Inoltre, Israele non avrebbe impedito all’Autorità Palestinese (obbediente e sottomessa come speravano i suoi sostenitori israeliani) di utilizzare queste terre nella regione di Jenin (pubbliche o private, non importa), per creare villaggi turistici, ristrutturare la moschea di Sa-Nur e proteggere gli agricoltori.

Quando tutti i governi israeliani da Ariel Sharon in poi non lo hanno fatto, hanno mandato ai coloni il segnale che potevano continuare a impiegare le loro ben finanziate macchinazioni per richiedere nuovamente la proprietà della terra rubata. Di conseguenza, l’emendamento alla legge sul disimpegno è stato attuato, in larga misura, molto prima di essere formalmente proposto.

State cercando lo Stato profondo? Lo si può trovare vivo e vegeto nell’Organizzazione Sionista Mondiale, nel Fondo Nazionale Ebraico, nel Consiglio di Giudea e Samaria, nei consigli locali degli insediamenti e nelle istituzioni di destra finanziate da milionari e miliardari ebrei americani. È anche nell’Autorità per le Terre d’Israele, nell’Unità di Coordinamento delle Attività Governative nei Territori presso il Ministero della Difesa e nell’Amministrazione Civile, nell’Autorità per la Natura e i Parchi d’Israele e nell’Ufficio del Procuratore di Stato che ha legalizzato tutti i furti.

Le fazioni più potenti dello Stato profondo hanno architettato le “riforme legali” del governo per perpetuare il dominio dei coloni di destra, emarginare e sottomettere ulteriormente i palestinesi su entrambi i lati della Linea Verde e imporre un piano che sta terrorizzando ampi segmenti della società ebraica israeliana.

I metodi che Israele e i coloni hanno impiegato con successo contro i palestinesi vengono ora utilizzati per minare gran parte della società ebraica israeliana.

Il problema è che i riservisti che annunciano di rifiutarsi di prestare servizio e i lavoratori dell’alta tecnologia che protestano hanno sostenuto per anni la politica del furto di terra, basata su una distorsione della legge e della giustizia. La grande maggioranza degli accademici, degli avvocati, degli educatori, degli economisti e dei giornalisti non si sono schierati in massa contro il regime distopico che Israele ha instaurato oltre la Linea Verde, né lo collegano all’imminente colpo di Stato contro cui stanno protestando ora. Inoltre, gli alti dirigenti dell’opposizione alla Knesset hanno continuato a sostenere le leggi contro i palestinesi, pur opponendosi a gran voce all’attuale governo.

Lo spirito dell’emendamento alla legge sul disimpegno ha preceduto il blitz legislativo di lunedì, e l’emendamento è una parte inseparabile del blitz. Perché il colpo di Stato contro il sistema di governo israeliano è la ricompensa ingrata ma attesa che l’impresa di insediamento – che ha una Knesset – concede allo Stato di Israele e alla sua società per anni di tango intimo da guancia a guancia.

https://www.haaretz.com/israel-news/2023-03-22/ty-article/.premium/this-is-the-disturbing-reality-of-israeli-land-theft-and-right-wing-rule/00000187-0432-dde5-ab8f-263ea83d0000

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire. 

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