Umberto De Giovannangeli Ucraina, Putin ha un fedelissimo a Tel Aviv. Che spia per lui
Ucraina, Putin ha un fedelissimo a Tel Aviv. Che spia per lui
Altro che “mediatore” super partes. Vladimir Putin ha un fedele, perché molto interessato, seguace a Tel Aviv. E’ un uomo di destra, ma questo non crea alcun problema allo “Zar” che ha copiosamente finanziato in questi anni partiti e movimenti di destra, anche estrema, dentro e fuori l’Europa.
Amicizie interessate
Il seguace in questione è il Primo ministro d’Israele, Naftali Bennett. Nei giorni scorsi le cronache internazionali si sono interessate della sua missione sul fronte russo-ucraino. Un contributo alla ricerca della pace, ha più volte ripetuto Bennett. Ma c’è chi, dentro Israele, ne ha fortemente dubitato, mettendo sotto accusa il premier e i suoi ministri di estrema destra per lo scarso impegno, pressoché nullo, nel farsi carico dei rifugiati ucraini. E questo nonostante che nell’attaccare Kiev, i Russi hanno anche ridotto in macerie il museo della Shoah nella capitale ucraina.
Di grande interesse in proposito è l’editoriale di Haaretz: “Le missioni internazionali che il primo ministro Naftali Bennett ha intrapreso questo fine settimana non lo assolvono dalla responsabilità del destino dei rifugiati ucraini. Dall’inizio dell’invasione russa a lunedì, circa 2.800 di questi rifugiati sono arrivati in Israele. Fino ad oggi, l’Autorità per la popolazione e l’immigrazione ha negato l’ingresso a circa 130 di loro.
Mentre si pensa che il numero totale di rifugiati ucraini abbia già raggiunto più di 1,5 milioni e l’Unione Europea li lascia risiedere nel suo territorio in sicurezza per i primi tre anni, una doppia nuvola di vergogna si sta formando su Israele. Non solo non ha accettato persone in fuga per la loro vita, ma ha anche reso difficile l’ingresso a coloro a cui permette di entrare, chiedendo garanzie finanziarie di almeno 10.000 shekel (3.000 dollari) ciascuno.
Durante una riunione del Comitato per l’Immigrazione, l’Assorbimento e gli Affari della Diaspora della Knesset sulla guerra in Ucraina, Bennett ha detto che Israele “si concentrerà sull’assorbimento dei rifugiati ebrei”. Si è riferito a questa come una “missione storica”, ma ha scelto di limitarla all’assorbimento di “ebrei che fuggono da luoghi pericolosi”. “Non si deve permettere alla nostra burocrazia interna di sollevare ostacoli”, ha salmodiato. Ma allo stesso tempo, ha scelto di non dire nulla sugli ucraini che non sono ebrei. In questo modo ha chiarito che la contabilità razzista in cui il ministro dell’Interno Ayelet Shaked si è impegnato negli ultimi giorni non era uno sfogo accidentale. È molto facile puntare tutte le critiche su Shaked; con i suoi commenti offensivi, lo rende facile per chiunque voglia farlo. “Chiunque abbia un cervello capisce che non possiamo continuare con questo ritmo di ingresso”, si è lamentata, promettendo di formulare una “politica più equilibrata” nei prossimi giorni.
Ha anche respinto qualsiasi critica a Israele, sostenendo che il paese ha “accolto più ucraini pro capite dall’inizio dei combattimenti di qualsiasi paese occidentale che non condivide un confine con l’Ucraina. … La gente dovrebbe lodare, lodare e glorificare ciò che Israele ha fatto su questo tema”.
Ma con tutto il rispetto per la Shaked, lei è solo il ministro degli interni. Non stabilisce da sola la politica dei rifugiati di Israele. Bennett è al di sopra di lei; è il primo ministro. Di conseguenza, la responsabilità per la politica insensibile di Israele ricade prima di tutto su di lui. Gli israeliani dovrebbero smettere di farsi sviare dall’idea che ci sia un poliziotto buono (Bennett) e uno cattivo (Shaked).
Invece di impegnarsi in pubbliche relazioni e viaggi in giro per il mondo, Bennett farebbe meglio a concentrarsi sull’assistenza adeguata ai rifugiati che arrivano alle porte del paese di cui è responsabile. Deve chiarire a tutte le parti interessate che Israele deve mostrare umanità anche verso i non ebrei. Non è sufficiente fare dichiarazioni sull’assorbimento dei rifugiati “per ragioni umanitarie”. Israele deve concedere un qualche tipo di status legale temporaneo agli ucraini non ebrei, compresi i permessi di lavoro, alcuni benefici sociali e l’assicurazione sanitaria”.
Così l’editoriale del quotidiano progressista di Tel Aviv
Spiati
Ma il sodalizio fra le autorità israeliane e quelle russe va ancor più nel concreto. E nell’inquietante, alla luce della storia raccontata e messa per iscritto da Eitay Mack.
Mack è un avvocato per i diritti umani specializzato nel commercio di armi di Israele
Ecco la storia: “I manifestanti russi contro la guerra irrazionale e immorale del presidente Vladimir Putin in Ucraina sono la coscienza e la speranza del mondo.
Nel 1991, mentre i carri armati e le truppe di un tentativo di putsch avanzavano verso Mosca, invece di riportare la notizia, la televisione di stato sovietica trasmise in loop il balletto “Il lago dei cigni” di Tchaikovsky. Il putsch fallito fu foriero della caduta del regime sovietico.
Quando, la scorsa settimana, il presidente russo Vladimir Putin ha chiuso l’ultima delle stazioni televisive indipendenti della Russia, coronando lo strangolamento dei media indipendenti negli ultimi anni con minacce, false incriminazioni e l’estorsione di giornalisti, alcuni costretti all’esilio, il canale ha firmato con un appello di “No war! – e un’immagine del Lago dei Cigni.
Ma nonostante l’intensità della propaganda e le fake news diffuse dal Cremlino, ci sono ancora molti in Russia la cui coscienza e la conoscenza degli orrori delle guerre passate li hanno portati alla conclusione che questa guerra è un disastro. Lo Stato di Israele è eccezionale tra i paesi occidentali in quanto si è astenuto dal condannare aspramente e dall’imporre sanzioni a Putin e alla cerchia intorno a lui che sono responsabili della guerra.
Le dichiarazioni dei funzionari israeliani hanno, per la maggior parte, omesso l’identificazione di chi sta effettivamente attaccando l’Ucraina, commettendo crimini contro il popolo ucraino e contro la stabilità dell’ordine internazionale. Come se si trattasse di un disastro naturale o di un’invasione aliena da un altro pianeta.
Questo comportamento non è nuovo. Per esempio, il governo israeliano ha agito allo stesso modo durante le guerre balcaniche negli anni ’90. Allora, il governo israeliano espresse solo deboli e opache condanne delle atrocità serbe. Per molto tempo, l’allora Primo Ministro Yitzhak Rabin e il Ministro degli Esteri Shimon Peres resistettero a tutti i tentativi dei giornalisti in Israele e all’estero di estrarre da loro una parola di denuncia esplicita.
Anche dopo che i serbi bosniaci bombardarono un mercato di Sarajevo nel febbraio 1994, un massacro che scioccò il mondo e in cui decine di civili furono uccisi e centinaia feriti, l’annuncio del governo israeliano incluse solo una condanna astratta che non distingueva tra l’identità dei criminali e le loro vittime. Come oggi nei confronti della Russia (e analogamente alla Turchia, membro della NATO), durante le guerre balcaniche Israele non si unì alle sanzioni contro la Serbia mentre questa commetteva crimini contro l’umanità. Nel luglio 1994, durante la guerra, l’allora presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset, MK Uri Or, visitò Belgrado e dichiarò in solidarietà con i serbi (!): “Abbiamo una buona memoria. Sappiamo cosa significa vivere sotto sanzioni e boicottaggi”.
Nel caso dell’attuale guerra in Ucraina, questo comportamento vergognoso è giustificato nei media israeliani e dai funzionari israeliani dal fatto che Israele deve mantenere la libertà d’azione in Siria, dove gli attacchi aerei israeliani bombardano di tanto in tanto obiettivi terroristici e dove la Russia è il potentato de facto.
Ma la connessione tra Putin e lo Stato di Israele non esiste solo in Siria. L’ex primo ministro Benjamin Netanyahu ha “aiutato” Putin a migliorare le sue tattiche di repressione interna, mentre passava il tempo ad adularlo.
Per esempio, ogni anno il 7 ottobre, Netanyahu si univa alla coda dei leader delle ex repubbliche sovietiche che chiamavano Putin per congratularsi con lui per il suo compleanno. Netanyahu era così orgoglioso della loro associazione che ha affisso poster elettorali giganti di lui e Putin fianco a fianco con lo slogan “Netanyahu. Una lega diversa”.
Il governo israeliano ha autorizzato l’azienda israeliana Cellebrite a vendere il suo dispositivo di hacking dei telefoni cellulari al Comitato Investigativo della Federazione Russa (Sledstvenny Komitet), che serve il presidente Putin come strumento chiave di repressione interna e persecuzione politica nel paese. Il dispositivo, conosciuto come Universal Forensic Extraction Device (UFED), permette di estrarre tutte le informazioni di un telefono cellulare e di recuperare le informazioni che sono state cancellate.
Secondo una pubblicazione ufficiale sul sito web del Comitato Investigativo, il 21 luglio 2020, il suo capo, Alexander Bastrykin, ha avuto una videochiamata con i capi delle sue unità distrettuali e regionali, riassumendo le attività del 2019. Nella riunione è stato dichiarato che durante quell’anno lo strumento forense principale e più popolare è stato il sistema UFED, che è stato utilizzato più di 26.000 volte per violare i telefoni cellulari.
Il sistema Cellebrite è stato utilizzato alla fine del 2020 per violare i telefoni cellulari di Lyubov Sobol e di altri attivisti dell’Organizzazione Anti-Corruzione guidata dal leader dell’opposizione Alexei Navalny, poi avvelenato e imprigionato da Putin. Questa organizzazione della società civile è stata poi messa fuori legge e Sobol è stata costretta ad andare in esilio. Navalny è ancora in prigione.
Dopo che 80 attivisti israeliani per i diritti umani hanno presentato una petizione sia al Ministero della Difesa israeliano che a Cellebrite per revocare la licenza di esportazione di Cellebrite in Russia, l’azienda ha annunciato nel marzo dello scorso anno che avrebbe smesso di fornire servizi in Russia ma ha rifiutato di impegnarsi a disabilitare tutte le sue attrezzature già consegnate al Comitato Investigativo.
Pertanto, non è sorprendente che sette mesi dopo, il Comitato Investigativo della Repubblica Cecena abbia pubblicato un rapporto che mostra che il sistema UFED di Cellebrite è uno dei suoi strumenti più importanti.
Sfortunatamente, è probabile che alcuni dei manifestanti contro la guerra in Russia che ora coraggiosamente sfidano condanne a 15 anni di carcere, una volta arrestati, avranno i loro telefoni cellulari confiscati e violati utilizzando il sistema Cellebrite.
È importante sapere che come non tutti i russi sostengono la guerra in Ucraina o le politiche di Putin, così non tutti gli israeliani sostengono i legami politici e personali dei governi successivi con Putin e il coinvolgimento di Israele nella repressione e incriminazione dell’opposizione russa.
Solo attraverso la solidarietà tra tutti i sostenitori della democrazia e della pace, e chiedendo conto sia ai governi che alle aziende tecnologiche, possiamo vincere la sfida delle dittature e del fascismo”.
Che altro aggiungere. Putin sa scegliersi bene i suoi alleati. Pardon, complici.
Commenti
Posta un commento