Luca Balduzzi Una famiglia, un muro

 

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Fuori concorso alla 77.ma Mostra del cinema di Venezia il primo lungometraggio del regista palestinese Ameen Nayfeh. Un'opera sulle barriere fisiche e psicologiche imposte alla sua gente nella terra in cui è nata.

I duecento metri che danno il titolo al lungometraggio d’esordio del regista palestinese Ameen Nayfeh – presentato alla settantasettesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, nel cartellone delle Giornate degli autori – sono quelli che separano la casa in cui abitano Mustafa e sua madre da quella in cui vivono sua moglie Salwa e i loro tre bambini.
Questi duecento metri, però, dividono anche la Cisgiordania da Israele, e sono dominati dal muro che gli israeliani hanno costruito per separarsi dai palestinesi.
Mustafa può attraversare quel muro esclusivamente quando ha la fortuna di trovare un lavoro e di ricevere, di conseguenza, un permesso di transito. Ma non è assolutamente detto che i documenti in regola siano sufficienti.
Sono duecento metri che hanno ripercussioni profondamente negative su un matrimonio altrimenti felice: scambiarsi la buonanotte per telefono da una parte all’altra del muro e discutere dell’educazione dei figli in videochiamata non basta per tenere legata la famiglia, e spesso Mustafa si trova a «subire» decisioni che Salwa è «costretta» a prendere da sola.
Il giorno in cui il figlio più grande viene investito da un’auto e portato in ospedale, poi, questi duecento metri si trasformano in una distanza apparentemente incolmabile. Mustafa potrà fare affidamento soltanto sui contrabbandieri che trasportano clandestinamente i palestinesi in Israele. Duecento metri diventano non solo due giornate di viaggio, ma anche una lotta per la sopravvivenza dentro al bagagliaio di una macchina, con il terrore costante che i posti di blocco possano portare all’arresto o, peggio, a uno scontro con i soldati impegnati nei controlli.
200 Meters racconta «la mia storia, la storia di migliaia di palestinesi», commenta il regista . «È necessario raccontare questa storia. Quando si menziona la Palestina, probabilmente a venire in mente sono le immagini del muro, dei posti di blocco e dei soldati. Tuttavia, l’attenzione è concentrata su quanto questa divisione influisca negli esseri umani, per fare luce su quei muri invisibili originati da una barriera fisica. Qui, in Palestina, siamo abituati ad adattarci a nuove situazioni, a fare come ci viene detto e a camuffare i nostri sentimenti. Ma questo non dovrebbe essere più accettabile. La libertà di movimento è un diritto umano fondamentale che appare come una favola in una realtà così brutale».
Nel film, Mustafa «ha obbedito alle regole, ha sopportato l’umiliazione e ha fatto come gli è stato detto per garantirsi una piccola possibilità di stare con la sua famiglia – aggiunge Nayfeh –, ma quando quelle stesse regole che lo hanno alienato mettono in pericolo i suoi cari e il senso della paternità, potrà ancora obbedire?».
Il grande punto di forza di 200 Meters è che le risposte a questa domanda non sono mai banali né retoriche.

200 Meters
regia e sceneggiatura: Ameen Nayfeh
interpreti principali: Ali Suliman (Mustafa), Lana Zreik (Salwa)
produzione: Palestina – Giordania – Qatar – Italia – Svezia, 2020
durata: 96 minuti

31 m
 
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